wpid-20140628_1150491

di TOMMASO VERGA

DOMANI alla coop del Tiburtino partiranno i saldi di “fine stagione”. Si è atteso che esaurisse il ciclo delle festività sapendo che la Befana dentro il sacco destinato ai bambini, riservava un reparto per soli adulti. Quelli che lavorano, appunto, alla Unicoop Tirreno. Per loro, il licenziamento (ma senza l’erogazione del Tfr) e la riassunzione. Dal 1° febbraio, dipenderanno da una srl, la “Distribuzione Lazio”. La quale, per prima cosa, ha messo in atto i saldi. Del 50%. Delle loro retribuzioni. Argomentata decisione descritta in bella copia in un piano industriale che si dà per obiettivo colmare in tre anni il divario tra le perdite attuali – circa 1.800 milioni nel 2014 – e 400 mila euro. Un “limite sostenibile” secondo l’azienda. Nel progetto, è prevista la modifica radicale dell’assetto del punto-vendita. Che si fregerà dell’insegna “Ipercoop”, aggiungerà 500 metri quadri allo spazio per nuove merci (farmaci, elettrodomestici, videocatalogo), affiderà a terzi, in appalto esterno quindi, il riempimento (notturno) degli scaffali.

I lavoratori della Unicoop Tirreno

I lavoratori della Unicoop Tirreno

Ma l’intervento principale riguarda il taglio al costo del lavoro e il ricorso a contratti atipici. Che si applicheranno a quanti si occuperanno dei reparti in divenire. Nuovi assunti, forse una quindicina, forse il doppio, al momento non è chiaro, forniti da agenzie interinali s’è detto durante la non-trattativa, oppure a tempo determinato, secondo quanto contemplato nel jobs act.

Il “quindi” riguarda le retribuzioni. Per i part-time ridotte fino all’equivalente di 1040 ore annue. Distribuite per 20 a settimana (però modulari: anche zero ore nella bassa stagione, 40 nei periodi di consumi larghi; comunque comprensivi delle prestazioni domenicale e festiva). Per una busta-paga di poco superiore a 600 euro al mese. Più la rinuncia in toto dell’accordo integrativo aziendale. Alla fine, il costo del lavoro – tra riorganizzazione, ampliamenti con aumento del fatturato e tagli dell’esistente –, in tre anni deve ridursi dall’attuale 12 al 10,4 per cento sulle vendite

A sovrintendere il nuovo assetto sarà Coop Estense, mentre a Distribuzione Lazio toccherà la gestione. Una “formula” societaria architettata nel 2013, quando le grandi coop (Tirreno, Estense, Adriatica, Lombardia, Novacoop, Consumatori Nordest, Liguria) rilevarono – dalla “Tuo spa” – “Distribuzione Roma”, dando successivamente vita al secondo “braccio operativo”, Distribuzione Lazio.

“Adeguare il proprio contratto all’organizzazione”

Sulle sorti del punto-vendita di Guidonia Montecelio non c’è stata trattativa. La partita s’è svolta all’insegna del “o così, o…”. Nell’antefatto presentato dall’azienda si legge: “Ci possono essere diversi modi per realizzare i cambiamenti qui trattati. Ad esempio, la modifica dei contratti part-time, da settimanali a modulari annuali, può essere realizzata sia attraverso la persuasione, che si può raggiungere con argomentazioni positive, sia con l’apertura di una procedura di mobilità per licenziare i lavoratori che non hanno contratti compatibili con le esigenze dell’organizzazione”. Per chi non avesse capito, l’esempio pratico: “Quando Coop Estense ha avuto la necessità di portare questo cambiamento in tre ipermercati acquisiti da una catena concorrente, ha tentato prima la strada della persuasione, poi, quando questa si è rivelata impraticabile, ha fatto ricorso alla procedura di mobilità. Questa ha portato a un accordo che prevedeva per tutti i lavoratori il diritto di adeguare il proprio contratto all’organizzazione: chi lo ha fatto (quasi tutti) ha mantenuto il proprio posto di lavoro chi non lo fatto è stato licenziato e il giudice del lavoro ha dato ragione alla cooperativa”. Una cooperativa?