di TOMMASO VERGA

Elisabetta Aniballi

Elisabetta Aniballi

INQUIETANTI POST dalla metà di aprile su facebook, messaggi trasversali, insulti, volgarità. Tutto indirizzato senza citare il recapito ma assolutamente distinguibile. Elisabetta Aniballi – la portavoce di Eligio Rubeis, sindaco di Guidonia Montecelio – con preoccupazione prendeva nota dell’ingrossarsi della schiera dei “lanciatori di segnali” (il più evidente: la ripetuta condivisione dell’immagine di una pistola). Tutti avvertimenti nel più classico e consolidato stile mafioso. Oggi, il virtuale s’è fatto sostanza: all’uscita dal suo ufficio in Comune, Elisabetta ha trovato l’auto distrutta da una bomba-carta.
L’attentato è avvenuto alle ore 14.40 circa, in via Leonardo da Vinci, a ridosso del palazzo comunale, a poche centinaia di metri dalla stazione dei carabinieri. Delle due l’una: si tratta dell’azione di uno scriteriato, una smargiassata (ma non si comprende perché prendere di mira la portavoce del sindaco), oppure, dati l’ora, il luogo, l’ordigno e le modalità dell’atto – ed è la versione più accreditata -, ci si trova di fronte a una vera e propria intimidazione. Da parte di uno o più ignoti con lo scopo di lasciar intendere, mettere in evidenza, chi dirige le danze. E che con quella musica si deve ballare. L’interpretazione trova conferma nella dichiarazione rilasciata dal sindaco: “Si tratta di un atto criminale, probabilmente legato all’attività professionale del mio addetto stampa. Un modo per colpire me. Mi spiace, avrei preferito lo avessero fatto direttamente nei miei confronti che non verso una collaboratrice, una ragazza che fa solo il suo lavoro“, ha detto Rubeis.
Fuor di metafora: non vi sono dubbi che le recenti edizioni del Municipale, il periodico di riferimento dell’amministrazione comunale, con gli articoli firmati da Elisabetta Aniballi, hanno creato scompiglio e “ribellioni” nel circuito politico. Sconcerto che mostra come personaggi e gruppi organizzati, a Guidonia, non intendono cambiare passo e pensiero. Favoriti dal fatto che nessuno li costringe. Una presunzione di intoccabilità che rammenta al colto e all’inclita i “caratteri” della loro storia e della “fondazione”. Non quella mussoliniana, ma l’altra, successiva, risalente al prefetto Mori e ai soggiorni obbligati. Quella che ha trasformato la città razionalista in una città occasionale. Tolta camicia e cravatta riappaiono in determinate occasioni: quando avvertono il pericolo per i loro santuari. Per il rischio che corrono i loro affari.
La politica, i partiti, dovrebbero avere un sussulto d’orgoglio. E dire esplicitamente che non preoccupa l’attentato in sé ma il suo recondito significato. Interpretare il crimine di oggi nel senso opposto, un “segnale” anch’esso, ma indirizzato a costruire un rapporto in positivo tra cittadini e istituzioni. Solo così Guidonia Montecelio può diventare un’altra “cosa”.