di TOMMASO VERGA
DUE AZIENDE pubbliche (“Apm” a Monterotondo e “Asa” a Tivoli), tutti gli altri in appalto. Un quadro che favorisce l’ambizioso disegno di sottrarre al gruppo di Manlio Cerroni il monopolio dello smaltimento dell’immondizia. Agendo nella direzione di volturare a proprio vantaggio i benefici (e i proventi) derivanti dalla vendita dei riciclabili (pressoché tutto).
La “produzione” tra gli interventi dell’uomo è quella che per prima permette di progredire e prosperare. Ancor meglio se interessa ambiti soddisfacenti la domanda. Il mercato dei rifiuti è tra i più indicati. Letteratura e pratica si fondono nel designare il “produttore” quale beneficiario dell’attività. La contraddizione è evidente. Producono rifiuti le famiglie (e pagano il servizio di smaltimento). Se ne avvantaggia e prospera un soggetto a loro del tutto estraneo, Manlio Cerroni.
Tutti gli indizi conducono a Roma Capitale
Sino alla chiusura della discarica dell’Inviolata, erano 49 i Comuni che indirizzavano nella proprietà dell’ex sindaco dc di Pisoniano i camion contenenti i rifiuti. Cifra che non cambierà in un prossimo divenire. Almeno sulla carta. Nei fatti, invece, la comune convinzione indica di 50, un addendo minimo quanto a soggetti, smisurato se si stima la quantità del conferimento visto che il +1 sarà Roma Capitale. La controprova verrà dall’impianto di Tmb (Trattamento meccanico biologico) attestato a regime. Sospetti ancor più fondati che trovano conforto sia nella portata delle due linee installate all’Inviolata che nella richiesta di Cerroni alla Regione Lazio (2003) di costruire il settimo invaso che “si estenderà su circa 40.000 m2 e consentirà di abbancare una volumetria pari a circa 500.000 m3“ come si legge nel piano aziendale. Investimenti ragguardevoli per un conferimento relativo ai soli 49 Comuni. Con le cronache di questi giorni che narrano lo scontro tra Campidoglio e “Colari” relativo al deficit di smaltimento delle quantità contrattate a Roma il teorema è bell’e risolto.
Di contro, però, tra i “produttori” avanza – e continua a crescere il consenso – una nuova e opposta filosofia, il recupero dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata (altro motivo di diffidenza sulla portata della ennesima discarica, un limpido controsenso). Il Tmb non è soltanto evoluzione tecnologica, ma sta ad indicare che Cerroni per primo ha individuato la nuova frontiera: le due linee dell’impianto tarato per 190 mila tonnellate (quasi il doppio di quante ne producono i 49 Comuni conferenti: 90 mila di indifferenziata; 20 mila di umido) consentono di ulteriormente selezionare i prodotti di provenienza differenziata, perché anche lo “sminuzzamento” riconduce al portafoglio.
Che non è atto delittuoso, tutt’altro. Talmente legittimo da sollecitare i “produttori”. Si organizzino tra loro. Così rifiutando di consegnare all’Inviolata l’immondizia a matrice riciclabile.
Lo strumento? Un consorzio tra i 49 Comuni. Servono uno studio di fattibilità – “dote” che dovrebbero apportare le due aziende pubbliche –. Quindi risorse pro quota, stazioni ecologiche, isole tra la Valle dell’Aniene e Monterotondo (dove indirizzare i camion pubblici e degli appaltatori), vendita in proprio dei prodotti. In sostanza, “svuotare” il Tmb. Superfluo precisare che ne beneficerebbero le bollette dei “produttori”. E non solo. Perché la riduzione delle tariffe costituirebbe il nodo di svolta per la pulizia delle città: più bassa l’imposta, minore l’immondizia abbandonata.
In ogni copione che si rispetti, bisogna seguire la pista dei soldi. In addizione nelle tasche dei cittadini, in sottrazione in quelle di Cerroni.
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