di TOMMASO VERGA e GIULIANO GIRLANDO
28 INDAGATI, oggetto di attenzione la Regione Lazio. E’ la terza tranche dell’inchiesta denominata “mafia capitale”, i cui termini sono stati sinteticamente resi pubblici questa mattina. Anche se, a ben vedere, il collegamento è totale con i precedenti, visto che nel numero figurano molti già imputati nel maxiprocesso di Rebibbia.
Il 10 giugno d’un anno fa, la dichiarazione dai toni “cavallereschi”: “Non sono indagato per Mafia Capitale ma preferisco lasciare” l’incarico di capogruppo del Partito democratico alla Regione Lazio. Oggi Marco Vincenzi si ripete. Con una sostanziale diversità rispetto al 2015: l’avviso di chiusura indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio (ma anche il contrario, l’archiviazione). Con una serie di conseguenze, la smentita della smentita, ossia la negazione di essere “sotto osservazione”, la più lieve. Non era così.
Infatti, tra gli episodi che i Pm potrebbero contestare all’esponente del Pd (autosospeso anche dal partito) possono entrare il tramestio con Salvatore Buzzi e il ‘pizzino’ trasferito a quest’ultimo come mostra la foto dei Ros dell’incontro a largo Garibaldi a Tivoli del 12 settembre 2014. Forse escludendo il beneficio monetario a Manuela Chioccia per la sua campagna elettorale in qualità di candidata-sindaco alle amministrative cittadine di due anni fa. O tutto risiede in quello stanziamento della Regione a favore del X municipio di Ostia? Tutto lascia pensare che proprio in questa frazione dell’istruttoria potrebbe annidarsi il quesito-Vincenzi.
Perché con Ostia, quartiere-principe delle cronache malavitose-giudiziarie-politiche dell’ultimo biennio, tornerebbe in ballo la fisionomia di quei 1,8 milioni di euro da dirottare sui municipi di Roma e, in particolare, su quello rivierasco. Una cifra che somma due emendamenti a firma Luca Gramazio (1,2 milioni) e Marco Vincenzi (600mila euro), tutto annotato dagli inquirenti nella seconda ordinanza “mafia capitale”. Il “padrone di Tivoli” – con cui Salvatore Buzzi, a gennaio 2014 va “a cena e gli faccio un pompino… vediamo se me riesce” –, nega ripetutamente di avere a che fare fino a che salta fuori la sua firma in calce al documento. Oggetto: “tutela ambientale” e “riqualificazione urbana”. Quattro parole dopo il comma 5 e al comma 6 del testo originale che avrebbero consentito alla “società Buzzi-Carminati” di incamerare la somma (mai effettivamente erogata: la procedura è stata bloccata dopo gli arresti del 2 dicembre 2013 nell’ambito della prima tranche di “mafia capitale”). Con il primo si chiede che al fondo regionale per il riequilibrio territoriale, 33 milioni per il 2014, possano accedere direttamente i municipi della Capitale senza passare dal Campidoglio, con il secondo che una quota del fondo sia destinata in particolare proprio a progetti legati al verde pubblico e al sociale.
Secondo Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, i sostituti del pool antimafia, il buon esito dell’operazione sarebbe stato frutto del lavoro bipartisan, concordato tra Luca Gramazio e Marco Vincenzi, rispettivamente capigruppo del Pdl e del Pd alla Pisana.
Passa un anno e l’ex sindaco di Tivoli torna alla casella di partenza. Perché tra i 28 elencati nel modello “chiusura indagini”. Che non devono essere state favorevoli all’uomo politico poiché la replica si compendia inoltre nelle dimissioni da presidente della commissione Bilancio e patrimonio del Consiglio regionale, al cui vertice era stato eletto il 9 febbraio scorso.
Ma che c’è di nuovo sull’argomento 1,8 milioni-Ostia? A sua difesa, Luca Gramazio in aula aveva dichiarato: «L’emendamento non esiste. Ne esiste uno di quella cifra non per Ostia ma per 28 comuni del Lazio». Contraddetto seduta stante dal pm Luca Tescaroli. Il quale, al termine dell’udienza – era il 10 maggio, meno di due mesi fa –, deposita una delibera che mostra come alla scadenza del 90esimo giorno non avendo aderito nessuno dei 28 comuni, lo stanziamento va tutto a Ostia. 28 Comuni che non chiedono soldi disponibili pronta-cassa? Non soltanto una stranezza si direbbe.