di TOMMASO VERGA
LA RM5 PERDE il capo. Vitaliano De Salazar, il direttore generale in carica dal 1° novembre 2015, scenderà da Tivoli per insediarsi al vertice del “Policlinico Umberto I”. Superate in questa settimana le ultime resistenze. In eredità al successore (ammesso occorra: la Rm5 è in fase di liquidazione), il manager lascia una serie di questioni aperte. La principale delle quali, si direbbe, è la definizione del “nodo Albuccione”, 258 ettari suddivisi tra Tivoli e Guidonia Montecelio, il quartiere da settant’anni “abusivo”.
La delibera a sua firma (la n. 0034 pubblicata il 25 gennaio), delega alla “fondazione Gari” (Gazzetta amministrativa Repubblica italiana) lo studio e la formulazione di soluzioni del problema. Composta da grand commis in pensione, da liberi professionisti e da funzionari dell’apparato statale, la fondazione “è stata ideata nel 2006 come strumento di ausilio alle Pubbliche Amministrazioni per l’informazione, formazione, assistenza ed aggiornamento sulle novità normative e giurisprudenziali” e intende “coadiuvare il Governo nel processo di attuazione delle novità normative per la Pubblica Amministrazione attraverso progetti calibrati alle diverse esigenze territoriali volti a realizzare concretamente nella P.A. i principi di efficienza, efficacia e trasparenza, digitalizzazione, dematerializzazione e semplificazione amministrativa, nell’ottica di una effettiva riduzione della spesa pubblica” .
In sostanza, prima di andarsene, De Salazar – primo e unico nella storia – licenzia una delibera nella quale si citano censimento, stato dei luoghi, frazionamento, valutazione delle migliorie apportate e prezzo di alienazione. Compiti che la legge regionale del 4 luglio 2014 affidava all’azienda sanitaria senza indicare come, con quali risorse, mediante chi la Rm5 avrebbe dovuto adempiere. Né dalla Pisana sono stati direttamente resi disponibili i mezzi e/o i supporti. In compenso, quasi a togliersi un peso, arriva il benestare, la Regione Lazio si dice d’accordo con la Asl, a firma di Alessandra Sartore, assessora alle politiche del Bilancio, demanio e patrimonio.
In questo atto, la convenzione specifica sin nei dettagli modalità e tempi delle singole fasi. Con qualche indicazione alquanto singolare. Se non esiste censimento (né dei lotti né delle famiglie) non si capisce come sarà possibile agevolare nell’acquisto “gli occupanti che ne hanno fatto richiesta”, al fine di “introitare il corrispettivo”. Dettagli. Però non di scarso rilievo.
In base alla convenzione, il lavoro della fondazione durerà tre anni, a decorrere dal 1° gennaio scorso. Per un compenso pari a 90mila euro, suddiviso in tre rate, che comunque la “Gari” incasserà al termine della prestazione. Alquanto criptico (e singolare) il comma ultimo, nel quale non si esclude la possibilità che l’accordo venga replicato per un periodo analogo qualora si individuino “ulteriori forme di collaborazione”.
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