Italiano un po’ incerto per il mittente del messaggino dei “Fratelli d’Italia”

di TOMMASO VERGA

SE UNO DICE “Fratelli d’Italia” gli habitues della politica non hanno difficoltà alcuna ad individuare il soggetto, il partito di cui si parla. La questione si complica se precisa che non sono i soli “fratelli”, che il nostro Paese è pieno di congiunti famosi.

Si prendano i più celebri (per gli appassionati e di una certa età), i quattro di Rocco. Numero sufficiente per allestire una formazione dei tempi nostri. Cinque bastano. Deduzione che discende da quella sorta di simbolo proprio di Luchino Visconti quando terminava le riprese, la mano diretta verso il basso a significare “va bene così”. Mai sufficientemente chiarito, né i cinephiles aiutano, il perché Rocco rappresentasse il dito medio.

Così come l’estrazione. Rocco e i suoi fratelli erano contadini del Meridione. A quei tempi, un esercito di cafoni – i terroni di Salvini: “Vesuvio lavali col fuoco”, indirizzato a tutti i nati sotto il Garigliano –, che trovò accoglienza (ed anche no, anzi), nelle regioni del nord e nei Paesi oltreconfine, dalla Francia al Belgio, dalla Svizzera alla Germania (per citare gli europei e non avventurarsi oltreoceani: al plurale).

Tuttofare che permisero al Sud di conoscere il companatico, ma che soprattutto arricchirono le economie degli ospitanti – si ricorda le “rimesse degli emigranti”? –. Ne beneficiò la ricostruzione del nostro Paese nel dopoguerra. Immaginarsi Torino-Piemonte-Fiat senza l’apporto degli zappaterra.

Ma l’appartenenza degli odierni “Fratelli d’Italia” qual è? L’icona è Giorgia Meloni – una donna: rispetto ai trascorsi una gran bella novità –. Con o senza photoshop (e ignorando i risultati della poltrona di ministro in un governo Berlusconi), la leader riesce a rappresentare un’opinione, per quanto minoritaria. Indubbio il carisma, non equivoci gli argomenti, nella “trimurti” della destra politica la più diretta e incisiva. Insomma, non antipatica neppure a circoli di sinistra formato Veltroni quando s’innamorò (politicamente) della Renata Polverini.

Poi, giù per li rami, si arriva nella periferia. Dove le cose sono raffigurate da tutt’altre sembianze. Si prenda le elezioni di Guidonia Montecelio (per altro verso, anche sugli ex missini di Tivoli ci sarebbe da dire). Qui “Fratelli d’Italia” è reduce dalla coalizione di centrodestra (pre)maturamente deceduta senza onore, quella rubeisian-dipalmiana che ha portato il Comune al default. Nella quale stazionava Morena Boleo, una assessora indicata dal giovane prossimo quarantenne Alessandro Messa.

Al momento, del personaggio appare quanto segue: nessuna personale resipiscenza sulle ragioni della crisi della città che ha amministrato, una perché dovuta generica partecipazione alle vicissitudini della popolazione, una permanente intonazione baldanzosa come nulla fosse accaduto, possibile qualche visita a Rebibbia per lenire la sofferenza da camerata a camerata. In ciò sostenuto da una comunicazione che di ex sindaco e vice scrive e commenta quel che sappiamo, mentre sul conto della terza gamba del tavolo zoppo e della sua assessora glissa. Ologrammi, non pervenuti, come fossero mai esistiti. Chissà se sovrasta il giudizio con l’appartenenza all’alveo protetto del“so’ ragazzi”.

I “Fratelli d’Italia”in una foto-ricordo

Ora fratelli e parenti, avrebbero deciso di sostenere il diessino Emanuele Di Silvio. Autonomamente, nessuna trattativa. Tutto per raccapezzare un posto in Consiglio comunale. E’ quanto si legge in un messaggino diramato agli estimatori via whatsapp un paio di giorni fa. Mittente ignoto (non per chi l’ha ricevuto). Sicure e certe invece le motivazioni dell’invito a votare Emanuele Di Silvio. Già riportate da hinterlandweb sin dal titolo del 14 giugno: se al ballottaggio vincerà il Pd Alessandro Messa entra in Consiglio.

Da ignorare? Certamente no. Si tratta di elezioni, quindi della sorte della massa disagiata degli abitanti di Guidonia Montecelio. Va assolutamente escluso che il msg sia partito dai cellulari dei protagonisti, diverso se si presume dagli ambienti vicini. In città se ne parla, si commenta, nessuna smentita. Un mitomane? Un millantatore convinto di moltiplicare le chances di Alessandro Messa? Possibile. Ma credibile per la consapevolezza che mostra sia dal punto di vista “strategico” che dei giochi politici post elettorali. Un attivo conoscitore.

Comunque, qualsiasi il grado del mittente, non si può non esaminare l’analisi del rapporto che passa tra Giorgia Meloni e i suoi adepti, tra la linea del partito e la coerenza degli associati locali. I “Fratelli d’Italia” dei piani alti vanno bene quando sono di ostacolo agli immigrati – e anche ai figli nati in Italia –, agli zingari, eccetera. Poi avvengono episodi nella politica sotto casa che scompaginano i termini del problema e le ambizioni, vedasi lo scioglimento in anticipo del Consiglio comunale. Perciò sono autocostretti a considerare pesi e possibilità non posti in bilancio. Conclusione: Giorgia Meloni ottima per le fiabe, al resto pensiamo (e facciamo) noi. I “Fratelli d’Italia” a Guidonia hanno inventato lo ius soli della politica.