di TOMMASO VERGA

«Quello che mi ha colpito è stata la determinazione di Andrea (il nome è di fantasia, ndr) – riflette Simone Ariano, il legale della vittima di pedofilia –. Un bambino di 12 anni che, in sede di incidente probatorio, davanti agli adulti che lo circondano, magistrati, poliziotti, avvocati, periti, narra gli episodi della vicenda senza alcuna timidezza o timore. Un comportamento risolutivo rispetto alla formazione del giudizio».
Andrea è in un’aula di tribunale come vittima. Il reato è la pedofilia. L’accusato è suo zio, il fratello della mamma. Il procedimento penale inizia quattro anni fa. Da una denuncia. E’ il 24 marzo 2014. G.T., padre di A., descrive ai carabinieri di Tivoli episodi dei quali sarebbe stato vittima il figlio dodicenne ad opera dello zio, P.D.B., fratello della mamma del minore. Una vicenda presumibilmente cominciata a settembre del 2010, un elenco di turpitudini, commesse in casa dell’uomo e nella sua auto, minuziosamente confermato dal bambino nelle fasi ulteriori della procedura. Senza dimenticanze o reticenza.
Scrive Gabriele Iuzzolino, il sostituto procuratore, nella memoria conclusiva: «La principale prova a carico (dello zio, ndr) è rappresentata dalla testimonianza della persona offesa – il minore A.T. – assunta attraverso l’incidente probatorio e nella quale sono stati dettagliatamente ricostruiti gli episodi descritti nell’imputazione (…)». Ed a proposito della circostanza maggiormente illustrativa della condotta dello zio, la più grave, l’esposizione «attesta la ‘speciale qualità’ del narratum della parte offesa, in grado di rievocare nitidamente tutti i particolari dei contatti corporali impostigli dallo zio».
Zio che, soltanto un anno prima, l’11 ottobre del 2013, «era stato condannato per reati della stessa specie commessi in ambito scolastico» (P.D.B. è insegnante di sostegno). Il che non aveva interrotto la consuetudine della frequentazione con il nipotino, attratto dagli animali presenti nell’abitazione dell’uomo, cani, topolini, scoiattoli. Non si poteva evitare? «Si tratta di aspetti risalenti a un problema più complesso, ossia la separazione tra i genitori, al momento dei fatti legale, poi trasferita in una richiesta di divorzio a pieno titolo – dice l’avvocato Ariano –. Affidato alla madre, così come la sorella, nessuno impediva al ragazzino di frequentare l’adulto, né il contrario. D’altro canto, si trattava del fratello della donna».
Evidenti anche i distinti effetti della divisione tra i genitori. Il papà che scrive la denuncia, non appena a conoscenza dei fatti, la mamma che non s’accorge di nulla. Anzi, che parla di «invenzioni» del figlio. Tanto da non costituirsi parte civile contro il fratello. Agli atti anche una perizia sulla capacità genitoriale.
L’atteggiamento di P.D.B., nel complesso e durante il procedimento, ha portato il sostituto Iuzzolino a escludere qualunque attenuante dato che il «suo comportamento non può essere valutato favorevolmente perché non vi è nessun indice che lo consenta (nessun gesto riparatore, nessuna manifestazione di resipiscenza), anzi, al contrario, segni di indifferenza alle doverose attività dell’autorità giudiziaria come in occasione della perquisizione domiciliare del 3-10-2014 allorquando l’imputato si rivolgeva agli operanti dicendo loro: “tanto me l’aspettavo”».
La conclusione a metà maggio. L’interdizione dai pubblici uffici, la provvisionale di 10mila euro a favore della parte civile, la condanna per pedofilia a 6 anni di reclusione diminuita di 1/3 per la scelta del rito abbreviato. Un beneficio «largo», comprensivo di delitti come lo stupro, la violenza sulle donne, la violenza sui bambini.