Uno dei due pini caduti un anno fa, il 23 marzo, a Guidonia Montecelio: in evidenza le radici monche

di TOMMASO VERGA
Si torna a parlare di alberi a Guidonia Montecelio. A un anno esatto dalla caduta dei due pini nella pineta centrale. Venuti giù senza che nessuno ne sia responsabile. Il nuovo capitolo unisce il Centro per la valorizzazione del travertino e il «Guidonia shopping district». Saranno 40 gli alberi già acquistati e destinati a sostituire quelli abbattuti, ripiantumazione in gergo. Anche per i caduti del 23 marzo 2018. Spontaneamente.
Il motivo, viene detto, il cemento gettato sulle radici che ne ha impedito la crescita. Sicuri? Per niente. Perché la documentazione sui lavori – relativi probabilmente alla costruzione del muretto di cinta della pineta – in Comune non c’è più, non s’è trovata. Per cui non si possono individuare colpe. Il caso è chiuso. Da tempo per la procura di Tivoli. Ma anche per la commissione d’inchiesta formata dai consiglieri comunali. Che aveva quale oggetto dell’indagine, il crollo di due pini a Guidonia centro, all’interno dell’area giochi nella pineta di viale Roma.
Conseguenze, una infermiera gravemente ferita, miracolosamente illeso il giovane in carrozzina accudito. Reazioni e polemiche senza limiti. Con un «distinguo»: quello della vittima. La quale, non avendo sporto denuncia, ha indirizzato l’inchiesta giudiziaria: responsabili ignoti, lesioni colpose gravi il referto, di competenza del giudice di pace. A seguire il ripristino degli accessi al parco.
Ma se in via del tutto ipotetica il pubblico ministero avesse voluto/dovuto approfondire le indagini su cause e responsabilità si sarebbe trovato impelagato in un bel guazzabuglio. Perché non avrebbe trovato nessun atto utile a corroborare una qualsiasi ipotesi.
LA COMMISSIONE D’INCHIESTA TERMINO’ I LAVORI IL 7 AGOSTO 2018. Si ricorderà. L’assemblea cittadina, su proposta di Paola De Dominicis, la consigliera comunale del Pd, decise di formare una commissione d’indagine ad hoc su i pini di Guidonia Montecelio. Indagine terminata con la riunione del 7 agosto 2018 e racchiusa in qualche pagina di verbale. Poi non se n’è saputo più nulla. Salvo l’invio in procura dopo la lettura in Consiglio comunale.
Niente nemmeno sul punto nodale diretta espressione dell’episodio accaduto all’infermiera, sollecitato dall’interrogazione di Giovanna Ammaturo (ex Lega, ora Fratelli d’Italia; componente della commissione d’inchiesta): «Il parco in cui è avvenuto il drammatico episodio era chiuso o aperto?» la domanda.
Il dossier appare ritagliato su misura sulle cose peggiori della città, le «meno simpatiche». Un refrain: all’indagine non è stato possibile dare seguito poiché non sono stati trovati i documenti richiesti ai funzionari, ai dirigenti, agli uffici, necessari a comprendere perché i due pini di Guidonia Montecelio sono caduti (altro il discorso per gli alberi classificati a rischio).
Il testo delle conclusioni (a firma, appunto, di Paola De Dominicis): fermo restando quanto sin qui dichiarato, possiamo dire che la commissione da me presieduta non è stata in grado di individuare le vere motivazioni che hanno causato il grave incidente, in quanto:
– Gli atti richiesti più volte alle aree interessate non sono stati trovati e quindi non è stato possibile ricostruire la storia sia dei lavori in precedenza fatti sia della dinamica susseguente l’ordinanza n. 45 del 26/02/2018.
– È emersa una seria disarticolazione fra le aree interessate, dove la carenza di personale e la mancanza di comunicazione mostrano una significativa disfunzione amministrativa.
– Nessuna motivazione è stata data per giustificare la mancata trasmissione dell’ordinanza all’organo di controllo.
– Dagli atti analizzati sin dal 2009, si evince una sottovalutazione dello stato di pericolo e di criticità da parte degli organi preposti al controllo e alla vigilanza».
Un esito desolante. Una morale consueta nel «sistema Guidonia», applicata diligentemente agli atti della pubblica amministrazione. E’ un fatto che da dieci anni lo stato di precarietà, di pericolo e di criticità de i pini di Guidonia Montecelio viene sottovalutato.
I DUE CENSIMENTI SENZA ATTI CONSEGUENTI. Il primo censimento risale al 2010 (gratuito, frutto di un accordo tra l’allora sindaco Rubeis e l’Ordine degli agronomi: delibera di giunta 226 del 23 settembre). Poi ne venne un secondo, nel 2014, affidato all’architetto Roberto Cladini e ad «Agropolis» (con sede in Passo Corese), associazione di professionisti: a quel tempo un foglio bianco su internet; adesso un sito che nemmeno si apre. All’Ambiente l’assessora Morena Boleo (seguace di Alessandro Messa, all’epoca Fratelli d’Italia, ora Lega per Salvini). 48mila e 800 euro l’affidamento diretto; liquidato il 22 febbraio 2018. Insomma, due censimenti. Ai quali in termini operativi nessuno ha dato seguito, le piante ammalate sono rimaste al loro posto. Nessun abbattimento né ripiantumazione.
Come detto, l’effetto si ritrova nel verbale. Alle richieste della commissione consiliare, risposte unanimi e univoche: «non sono stati reperiti gli atti»; «gli atti richiesti in quanto distribuiti in diverse aree difficilmente individuabili»; unico cenno di vita, nel senso operativo, dai vigili urbani, con il cui comandante però il sindaco si direbbe non dialoghi.
A CHI RISALE IL LAVORO ESEGUITO A QUESTO MODO? L’insieme delle contraddizioni trova conclusione nel fatto – le foto fanno testo – che sicuramente i pini di Guidonia Montecelio erano sofferenti nelle radici. Sovrastate da una colata di cemento che ha impedito di crescere «normalmente». Di qui la domanda della commissione: a chi risale il lavoro eseguito a questo modo? Non si sa, non si trovano documenti che attestino, dagli uffici dell’ente nessun sostegno. E’ un fatto che la commissione consiliare non sia riuscita a perforare la barricata – di reticenza? omertà? miopia? strabismo? guardo altrove? sono occupato? – che ha accompagnato i suoi lavori.
Il «bello» è che nei resoconti di un anno fa, si legge che i pini di Guidonia Montecelio erano caduti per colpa del sindaco. Un’accusa che però non poteva prescindere dalla precisazione: omissioni o altro? Niente. Un ambiente schifoso prima di tutto in termini di civiltà.
Con l’aggiunta che la consueta danza folklorica dei «leoni da tastiera» sui social – i derubeisiani scatenati –, si avvalse di resoconti di professionisti del dileggio, sostenitori entusiasti e promotori di un clima che escludeva qualsiasi approfondimento sulle cause. La commissione non ne risultò influenzata: questa volta è stata la politica a dare il buon esempio.