di TOMMASO VERGA
TRE I LEGALI per la difesa. Nominati con la delibera 1235 della Rm5 dell’8 ottobre. Tutti espressione dell’«Avvocatura regionale». Però l’impegno di spesa è a carico della Asl. Come dire che l’azienda locale non ha professionisti in grado di sostenere l’esito favorevole del giudizio di primo grado.
Delibera assunta su proposta di Claudia Borzi, avvocata anch’essa, direttrice della Uoc Affari legali. Si tratta della professionista che dopo l’assunzione si dimise dalla Asl adducendo «altri impegni» salvo tornare nello stesso posto sei mesi dopo. Procedura ineccepibile.
Con molta probabilità, si tratta dell’ultimo atto in quelle sembianze, perché nei corridoi di via Cristoforo Colombo, sede della giunta Zingaretti, dal 1° novembre, con la guida di Giorgio Santonocito, il dg proveniente da Agrigento, si dà per scontato che Claudia Borzi e Donatella Battaglia (in trasferimento da Colleferro) saranno le direttrici della Rm5: amministrativa la prima, sanitaria l’altra (entrambe di ortodossia Pd; nell’ordine di osservanza Marco Vincenzi e del duo Astorre-Leodori; rispettate anche le aree di pertinenza: Borzi per la nord; Battaglia per la sud). D’altronde, la Sicilia è lontana e la necessità prioritaria del nuovo direttore generale sarà quella di conoscere il territorio della Asl da governare. Di qui i due supporti «interni» all’azienda.
Si diceva degli avvocati. Che dovranno vedersela con un ricorso in appello, consueto inevitabile step di ogni procedimento giudiziario, improbabile la supina accettazione della sentenza di primo grado come formulata dal magistrato giudicante. Qui storicamente ce ne contano tre. Tutte interessanti l’usucapione. Per una vicenda lunga quanto le interpretazioni. Di varia umanità. A favore di un (versione numerica) ricorrente nel 2017; le altre contrarie, con il particolare della diversità tra loro. Una differenza non esattamente superficiale.
A perdere, una sessantina di persone, ora ricorrenti in appello, tutte residenti ad Albuccione, che hanno rivendicato l’usucapione dei beni nella loro disponibilità dall’immediato dopoguerra. Disponibilità non sufficiente secondo i giudici a definire la potestà nonostante i vent’anni abbondantemente oltrepassati come limite minimo onde esercitare il diritto. Perché i beni non sono usucapibili stante le finalità sociali. Sintesi comune – giudici Francesca Coccoli e Francesco Lupia –: l’usucapione non s’applica. Diversità (Lupia): la Rm5 ha ragione nel rivendicare il possesso e l’agibilità dei beni occupati che pertanto le vanno riconsegnati.
Ma c’è un altro sottile distinguo nelle motivazioni della sentenze che potrebbe rappresentare un problema piuttosto serio rispetto all’ente «superiore»: l’alienazione dei beni deve essere ricondotta alle strutture fissate dalla legge del 1978, la 833, quando le aziende sanitarie si chiamavano Usl. Tradotto: non solo si ribadisce l’autonomia gestionale dell’ente «periferico» (la Asl) quanto l’importanza di ciò che ne discende: i proventi derivanti dalla vendita dei beni dell’ex Pio istituto Santo Spirito non possono andare a ridurre il deficit sanitario della Regione Lazio (come si afferma nelle delibere della Pisana) ma vanno contabilizzati nei bilanci delle aziende sanitarie locali. Una sollecitazione a vendere – provvista di sinonimi: alienare, liquidare, eccetera – in luogo del tour che nella Rm5 segna il rincorrersi a vuoto dei diversi direttori generali. L’ennesimo, in ordine di tempo, riguarda il censimento delle proprietà affidato a gennaio 2017 a due notai di Guidonia Montecelio (premessa, appunto, a vendere): esito?
Conclusione (sull’usucapione). Non essendo «ravvisabile alcun titolo legittimante la detenzione di tali terreni da parte degli attori», le conseguenze messe in elenco dal giudice Francesco Lupia: «Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e reietta, così provvede: 1) rigetta le domande formulate dagli attori; 2) Condanna gli attori, ciascuno con riguardo al terreno occupato, a restituire alla Azienda Usl Roma G i terreni oggetto di causa, come meglio individuati nel corpo dell’atto di citazione (pagine da 8 a 12); 3) Rigetta la domanda di risarcimento della Azienda Usl Roma G; 4) Dichiara inammissibile la domanda di rimozione della Azienda Usl Roma G; 5) condanna gli attori in solido al pagamento, in favore dei convenuti costituiti, delle spese del giudizio che liquida, in favore di ciascuno, in complessivi euro 3400,00 per compensi, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge». In attesa dell’appello.