di TOMMASO VERGA
LEGGENDO LE SENTENZE dei socialgiurati vien da chiedere «popolo, chi vuoi? Davide o Golia»; «Goliaaaaa… però c’ha ‘n’occhio solo»; «quello che serve, mica possiamo rischiare che vediate bene; allora: chi scegliete?»; «Uffa, Goliaaaaa» l’urlo a pieni polmoni. Né poteva essere diversamente. Con i farisei – fariloro… – che dal tempio metodicamente spruzzano lo spizzico di peperoncino: «ha intascato anche i soldi del doppio incarico; i viaggi glieli abbiamo pagati noi». Non è vero, ma non possono essere gli attizzatori a negare, raddrizzare, rimettere la rissa in carreggiata: loro hanno assegnato il compito contrario. Soddisfazione ineguagliabile quando dal consesso degli aizzati sale il «crocifiggetelo». Gli strilli più alti da quelli più noti. Audacie da reddito di cittadinanza? Non sia mai. Semmai «per chi lavora? Per quale compenso?». Non affidato alle intenzioni, fa fede un passato che riporta al futuro, il morto che prende il vivo per i piedi e lo trascina con sé nella fossa.

L’assessore Davide Russo (a sinistra) e il consigliere comunale Claudio Caruso

Per costoro, Davide Russo se ne deve andare, mollare gli incarichi di vicesindaco di Guidonia Montecelio e assessore alla Legalità. E’ giunta l’ora di regolare i conti, di rammentare che nella Città dell’aria l’ora d’aria non è un’offesa ma un intralcio. Nessun dubbio tra gli aizzatori che intignano sui titoli locali del siciliano che «sono incompatibili, si sa» con quello di consigliere comunale a Bronte, Catania.
Beata certezza.
Che prescinde dalla «conoscenza sicura di un fatto» come dettaglia-ammonisce accademicamente la «crusca». Perché il prefabbricato deve corrispondere all’ordito (successiva la posa delle bandierine). Non da ora. Basta confrontare i «precedenti» direttamente gestiti dai vertici politici d’ogni schieramento. A scorrere gli archivi, analoga vicenda, la cronaca annota flebili gemiti seguiti da nessun effetto. S’è già detto di Rita Salomone, presidente del Partito democratico cittadino, consigliera comunale a Guidonia Montecelio dal 26 maggio 2014; contemporaneamente assessora e vicesindaco nella confinante Fonte Nuova dall’11 dicembre 2015 al 15 novembre 2016.
E poi? Nient’altro, silenzio. «Dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto» (Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit). Massima applicata all’unanimità al «caso» più gustoso e ineguagliabile, celato dai batticoperchi della destra. Quello di Federico Pietropaoli, postmissino consigliere comunale dal 30 maggio 2006 al 15 maggio 2011 a Castel Madama e contemporanemente assessore a Guidonia dal 7 luglio 2009 al 25 maggio 2014. Anno nel quale raggiunse il massimo della notorietà dopo la pubblicazione della delibera numero 56 del 22 aprile 2014 (Eligio Rubeis sindaco), avente per oggetto il «fabbisogno (di dirigente amministrativo, ndr) per il triennio 2014-2016». Bando al quale Pietropaoli intese partecipare per farsi assumere dal Comune nel quale era contemporaneamente assessore-promotore della medesima delibera (http://www.hinterlandweb.it/wordpress/2014/09/come-ti-cucio-addosso-il-concorso-da-dirigente/). Tanta la frenesia a condire il compito (d’esame, naturalmente) che la commissione venne insediata successivamente alla prova. Che poi, giocoforza, fu annullata e più riproposta per timore delle ripercussioni giudiziarie. Che c’entra? Centrato, centrato (erano inoltre della partita Giuseppe Baisi, ex sindaco di Tivoli targato Pd; Mauro Lombardo, ex vicesindaco Msi di Guidonia; Angelo De Paolis, capo della segreteria di Eligio Rubeis nonché pluriassessore della «mafia bianca»).
Ordunque, se la norma venisse applicata con identica serietà, al doppio incarico di Davide Russo non farebbe caso nessuno, alla pari dei precedenti. Mentre l’impressione, è che invece si voglia ribadire il principio, costitutivo a Guidonia, del «dipende». Da cosa? Solo l’imbarazzo della scelta: partiti, correnti, lobby trasversali, ambizioni di carriera politica, commesse e affidamenti, voti di maggioranza eccetera.
– Assessore, posso chiederle quante denunce ha sottoscritto?
«Ora non sono in ufficio, non posso controllare con esattezza, diciamo una ventina… a occhio e croce (verrà da qui l’origine del “crocifiggilo”?, ndr)».
– Venti? Una al mese di media da quando è a Guidonia?
«Ma lei ha idea delle condizioni del Comune che abbiamo trovato? Comprese le carte sparite, che non si riesce a scovare?».
– Risponde al vero che ci sono sentenze a favore dell’ente non eseguite dai dirigenti?
«Sì, la Procura di Tivoli deve occuparsi anche di tali comportamenti».
Combattivo. Come di solito. Dal che si arguisce Davide Russo non intende dimettersi. Come appare inverosimile che il sindaco trovi il coraggio di licenziarlo. Nonostante la sollecitazione di tre-quattro-cinque-sei grillini dei 14 assisi in Consiglio comunale. Che minacciano voto contrario, la sfiducia, l’uscita dalla maggioranza e/o dal movimento 5stelle. Insomma, il ricorso alle ritualità proprie degli «altri», dei partiti dell’aborrita prima Repubblica.
Fisionomia confermata dall’assalto alla diligenza che dura ormai da mesi: chi vuole la delega all’Ambiente (Alessandro Cocchiarella; mottetto: «chiudere le cave di travertino»); o al Commercio (Claudio Zarro); o intende assegnare i Lavori pubblici (a Claudio Cos). Anche altri. Non pochi. Fuori dal comune (non di Guidonia Montecelio) il perentorio Angelo Mortellaro, che accusa Davide Russo di non averlo informato sul doppio incarico. Il primo, come ripetuto, è assessore; l’altro è presidente del Consiglio comunale. «Leggera» confusione sui distinti ruoli istituzionali. Si consigliano lezioni.

Michel Barbet, sindaco di Guidonia Montecelio (a sinistra), con il vice Davide Russo

Una spigolatura, chiarissima per la singolarità: nella contesa per aggiudicarsi un posto nell’esecutivo non appare richiesta la Legalità. Come dire che se Russo uscisse, i pretendenti agli scranni non intendono rimpiazzarlo. Manca soltanto che qualcuno sottolinei il fatto che Russo, non essendo di Guidonia, non si pone scrupoli a sottolineare comportamenti illegali interessanti il vicino di casa, il compagno di calcetto, il coetaneo d’oratorio, il fruttivendolo di vicinato, il postino, il barista. Mutatis mutandis, un po’ quanto sostenuto dall’avvocato Giosuè Naso nel processo su Mafia capitale: «nessuna mafia, ma persone che si conoscono e si frequentano da anni». Disturbate dalla magistratura, dai ricorsi, da istruttorie, udienze, «ricami» su versioni, «non ricordo» e interrogatori. Ma soprattutto dai rimproveri del soggetto preso di mira: «credevo fossimo amici, siamo anche andati al mare insieme». «Ma come? a Guidonia si è sempre fatto così».
Comunque, da una settimana, dopo un post di sostegno al suo vice, Michel Balbet è silenzioso, prolungata meditazione. Atteggiamento si presume dovuto alla preoccupazione per il riverbero che la vicenda esercita sulla sua figura. Aspetto altrettanto significativo. Che non dovrebbe però impedirgli di cogliere il nesso profondo che passa tra la decapitazione della giunta ed egli stesso. Se fosse, Davide Russo potrà uscirne. Lui sicuramente non.