Margherita Corrado; in alto, l’estorsione a Reggio Calabria

di TOMMASO VERGA
PRIMA FIRMATARIA Margherita Corrado, di Crotone, archeologa, senatrice del movimento 5stelle. L’interrogazione è indirizzata a Lucia Lamorgese, ministra degli Interni. Oggetto: Avr spa, l’azienda di trattamento dei rifiuti operante un po’ dappertutto (anche all’estero), dal 2019 a Roma, a Marcellina, da anni a Guidonia Montecelio. Qui lo stabilimento è parallelo al Centro commerciale tiburtino. A dire del vicino personale dell’Ipercoop, Avr è la «fornitrice di mosche» che passeggiano nei punti food del complesso.
Un problema. Costato la moltiplicazione delle «bonifiche» con relativi esborsi. Nonostante le denunce e le proteste – hinterlandweb ne ha scritto ripetutamente –, tutto è sempre passato sotto silenzio (né l’azienda ha smentito le accuse). A distanza di anni ormai, resta non soltanto la curiosità su un disturbo mai venuto a cessare ma soprattutto perché le imprese interne al Tiburtino (con i relativi clienti) continuano a sopportare mute tale stato di cose.
Un ulteriore aspetto che rende la presenza della società in quel luogo particolarmente preoccupante, riguarda i potenziali rischi sul versante igienico-sanitario. Perché, nel complesso, un terzo edificio parallelo agli altri è la «casa della salute» all’interno del perimetro dell’Italian hospital group. Sede «burocratica» del distretto Asl Rm5 di Guidonia Montecelio, ma con annesse molteplici attività ambulatoriali. Ispezioni all’Avr? Contestazioni? Nulla.
Ce n’è quanto basta per punti interrogativi in sequenza. A meno che non si ritengano i controlli inutili perché, come ha scritto la poetessa Ada Merini, tanto «le mosche non riposano mai perché la merda è davvero tanta».
Da quest’anno, Avr opera anche nella Capitale, provvedendo alla raccolta differenziata di rifiuti dei negozi. Valore dell’affidamento triennale, 25 milioni. Un’assegnazione che secondo Ama spa – la municipalizzata capitolina –, ha reso disponibili 200 addetti e 80 mezzi al giorno utilizzati per la raccolta e spazzamento delle strade.
Non è esattamente così. Perché, in precedenza, le «attività non domestiche» venivano svolte dalla «29 giugno» di Salvatore Buzzi. Dopo il processo e le condanne, con il cambio del gestore sono cambiate le condizioni contrattuali, che si sono tradotte nella perdita del posto di lavoro degli addetti, finiti in mezzo alla strada. Soltanto loro hanno pagato il prezzo di vicende delle quali di certo non sono stati protagonisti. Ama continua a spazzare, come in passato.

L’ingresso principale dell’Avr spa a Guidonia Montecelio

IN “LAVORAZIONE” DA TRE ANNI L’ISCRIZIONE NELLA WHITE LIST. Prima di illustrare i particolari dell’appalto Ama, gli interroganti hanno scavato nelle viscere della Avr spa, rilevando alcune «relazioni pericolose» sulle quali – il resoconto stenografico della seduta al Senato è il numero 171 del 9 dicembre –, chiedono alla ministra di indicare come sia stato possibile che l’azienda dopo tre anni non risulti iscritta nella cosiddetta white list mentre compare invece «nell’elenco dei fornitori prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa». «Il numero del provvedimento di iscrizione è 51585/2016 AREA I BIS OSP, con validità fino al 17 febbraio 2017».
«L’iscrizione di Avr SpA è dunque in fase di aggiornamento da quasi 3 anni – si scrive –, periodo nel quale la società si è aggiudicata appalti di rilevante portata, compreso, nel 2018, quello della società Ama SpA – qui il dito è direttamente puntato sul Campidoglio, ndr –: servizio raccolta rifiuti di utenze non domestiche, trasporto e conferimento a impianti o aree di trasferenza dei lotti n. 12, n. 13 e n. 16, con valore totale del contratto d’appalto e del lotto pari rispettivamente a 5.372.657,16 euro nel primo caso, 4.410.177,34 nel secondo e a 15.225.949,78 euro (bando 2 2018 – 18/000019, codice CIG 7347025CD1)».
GLI APPALTI DI REGGIO CALABRIA, LA ‘NDRINA DEGLI ALVARO. Ma veniamo agli affari della AVR SpA con alcuni Comuni in provincia di Reggio Calabria e con la città capoluogo.
Si inizia con l’indagine “Ecosistema”. L’inchiesta, dicembre 2016, mette in mostra gli interessi della ‘ndrangheta nel settore dei rifiuti. Secondo Federico Cafiero de Raho, ora procuratore nazionale antimafia, al tempo a capo della Dda reggina (la direzione distrettuale antimafia), non doveva essere «escluso il rischio di un illecito smaltimento di rifiuti tossici e nocivi insieme a quelli urbani e pericolosi».
Conservate nel faldone “Ecosistema”, le conversazioni intercettate dell’imprenditore Saro Azzarà, titolare della società Ased, tratto in arresto per il suo legame con la cosca Iamonte di Melito (Reggio Calabria): «il rapporto Ased-Avr, appare chiaro specialmente quando, in occasione di un incendio appiccato a uno degli autocompattatori di quest’ultima per la raccolta di rifiuti a Condofuri (Reggio Calabria), la società Ased pubblicamente esprimeva solidarietà per l’accaduto».

Il «braccialetto» in dotazione ai lavoratori dell’Avr spa: sull’utilizzo, l’azienda firmò un accordo con i sindacati a giugno del 2018

Un chiacchierone Saro Azzarà. Tanto da riferire «al consigliere comunale di San Roberto (Reggio Calabria) Antonino Micari che la Avr è riuscita ad imporsi nel settore e ad aggiudicarsi l’appalto della raccolta rifiuti nel Comune di Reggio Calabria – a novembre 2013, gara che segue lo scioglimento della Leonia SpA per infiltrazioni mafiose, ndrsolo perché forte delle referenze fornite da Minniti (l’ex ministro degli Interni, ndr) e “Pinone” (Giuseppe Morabito, presidente della Provincia di Reggio Calabria)».
«Quasi un anno dopo, in un’intercettazione ambientale, Azzarà ribadisce il medesimo concetto e allude in maniera esplicita ai legami della Avr spA con le cosche di ‘ndrangheta; in particolare, associata alla cosca Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria), al punto da affermare che il nome stesso della società sarebbe un acronimo degli Alvaro».
Secondo i senatori 5stelle, «il riferimento agli Alvaro torna nell’inchiesta “Xenopolis”, dove il nome della Avr, pur non essendo rilevata dagli inquirenti qualsivoglia fattispecie di reato in capo ad alcuno dei soggetti presenti nella società, è associato alla figura di Domenico Laurendi, considerato un trait d’union tra la cosca Alvaro e i politici, al quale aveva lasciato gestire in subappalto la manutenzione delle strade».
Da Saro Azzarà alla «Siclari Agostino costruzioni», che «figura nella lista di “imprese locali, aventi controindicazioni di tipo mafioso” nella relazione della commissione di accesso al Comune di Reggio Calabria (ex art. 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000), insediata ad ottobre 2012».
Numerose sono le partecipazioni condivise tra la Avr e le società che fanno riferimento agli imprenditori Siclari. Nello specifico, la Avr e la Siclari Agostino costruzioni condividono partecipazioni societarie in Podargoni Scarl e Gaga società consortile a rl. La Siclari Agostino costruzioni, infine, condivideva il 50 per cento delle quote con Fortunato Bilardi nella Siba Scarl, società in liquidazione con sede a Reggio Calabria. E Bilardi condivide le quote di un’altra società reggina, la GreenEneco, con la figlia Stefania, moglie di Paolo Barillà, il cui fratello Giovanni è genero di Pasquale Condello, personaggio di alta caratura criminale.

Il «retro» dell’Avr spa di Guidonia Montecelio

BASTA «UN QUADRO INDIZIARIO UNIVOCO E CONCORDANTE». «Va considerato che l’interdittiva prefettizia antimafia (di cui agli artt. 84 e successivi del decreto legislativo n. 159 del 2011) costituisce una misura preventiva, di natura cautelare, volta a impedire i rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione di società formalmente estranee ma direttamente o indirettamente collegate con la criminalità organizzata – si legge nell’interrogazione –. È dunque da leggersi come misura di carattere cautelare, volta a anticipare la soglia di prevenzione, senza richiedere la necessaria prova di un fatto, né la sussistenza di responsabilità penali, ma solo la presenza di un quadro indiziario univoco e concordante, in base al quale sia plausibile ritenere sussistente un collegamento con organizzazioni mafiose o un possibile condizionamento da parte di queste»;
«Il Consiglio di Stato Sez. III, sentenza 3 aprile 2019, n. 2211 – si prosegue –, ha affermato che ai fini dell’adozione dell’interdittiva antimafia non occorre provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali, secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale, sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata e che tali elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno acquisti valenza nella sua connessione con gli altri».
In conclusione, gli interroganti chiedono di sapere:
– se il Ministro in indirizzo non reputi anomalo che a una società con i descritti rapporti con soggetti afferenti alla criminalità organizzata, e alla quale non viene rinnovato l’inserimento in white list dal 2017, siano affidati appalti di rilevante portata su tutto il territorio nazionale;
– se risulti che la posizione di AVR SpA sia stata correttamente verificata e approfondita.