«FINCRES SPA»: LA SOCIETA’ DI BARTOLOMEO TERRANOVA E DELLA FAMIGLIA DI ANTONIO MURATORE
QUATTRO MILIARDI e 936 milioni (di lire) l’assegno staccato per la «Sirio hotel srl» – costituita a marzo del 1969, sei mesi prima dell’arrivo dei soldi – da parte del ministero Turismo e spettacolo di Franco Carraro, equivalente a circa un terzo del costo del «Grand Hotel Duca d’Este», 17 miliardi escluso l’acquisto del terreno. Albergo a 5 stelle inaugurato a febbraio del 1993 grazie appunto ai fondi elargiti per i mondiali del 1990.
A suo tempo, su hinterland si lesse che la «Montefin», una srl controllata da Giuseppe Muratore, il veterinario figlio del senatore socialista Antonio Muratore, partecipava alla «Fincres spa» – amministrata da Bartolomeo Terranova (nella foto) –, con azioni per il valore di 6.089 titoli. Antonio Muratore è stato sottosegretario al Turismo e spettacolo dal 1987 al 1992 – ministro il socialista Franco Carraro – con i governi Goria, De Mita e Andreotti.

di TOMMASO VERGA
MA DAVVERO E’ UNA SCONFITTA? Oppure la sentenza che obbliga il Comune di Tivoli a rifondere 15 milioni alla «Fincres spa» (nominalmente; a tutti gli effetti si vedrà) è mossa di un gioco di ruolo intitolato «patti parasociali»?
Riepilogo. Solo per la questione fondamentale causata dalla sentenza del tribunale di Roma del 3 febbraio. Come pronosticava la quasi totalità degli «addetti ai lavori», provvedimento indiscutibilmente sfavorevole a Palazzo S. Bernardino, obbligato a versare alla «Fincres spa»-ex-«Sirio Hotel srl» – una come l’altra amministrate da Bartolomeo Terranova –, 15 milioni di euro per il mancato adempimento «all’obbligazione, contenuta nell’articolo 10 dei patti parasociali stipulati in data 29 novembre 2001, di acquisire la partecipazione in Acque Albule oggi di proprietà Fincres spa (già Sirio Hotel srl) e dispone come da separata ordinanza per il prosieguo del giudizio».
Per quanto si tratti di «sentenza non definitiva» l’orientamento del collegio giudicante non si presta a equivoci. Nemmeno insiti nella particolarità del ricalcolo del «malloppo», assolutamente coerente l’esame dell’effettivo valore allo stato del pacchetto azionario (e quindi l’influenza sul 37 per cento della spa Acque Albule in possesso del socio di minoranza, la «Fincres spa») provocato non soltanto dall’andamento del mercato ma dalle opere ex novo delle quali hanno beneficiato i conti del complesso termale. Sia sotto l’aspetto dei servizi «istituzionali» che per il supporto patrimoniale: la costruzione dell’hotel Victoria, del Mac Donald’s, della sede di Tivoli Terme dell’Agenzia delle entrate, in via Nicodemi, tanto per citare sommariamente.
Saranno quindi i periti di nomina-tribunale a definire se le quote possedute dal ragionier Terranova – quelle da ricompensare da parte del Comune – saranno salite di valore, da 15 a 16, 17, 18 milioni e via aumentando, oppure si ridurranno da 15 a 14, 13, eccetera: unica volta che si ricordi, il 13 non provocherebbe esultanza.
Esclusa la possibilità che Tivoli «si metta le mani in tasca» per soddisfare la sentenza, come pagare? Per l’intanto si provvederà al ricorso. Che offrirà all’ente il vantaggio di impedire l’ingresso immediato degli ufficiali giudiziari a Palazzo San Bernardino. Unica certezza (al momento): salirà la richiesta relativa alle spese di giudizio da parte della «Fincres spa».
L’illustrazione delle soluzioni delle quali si parla (senza tediare chi legge con alchimie contabili), deve essere preceduta dalla sensazione che sui «patti parasociali» non sembra esserci stata particolare attenzione da parte del governo cittadino.

Una terza linea di credito: a garanzia il 60% del pacchetto azionario

Da Sandro Gallotti – dimesso a febbraio del 2013 –, a Giuseppe Proietti, entrato nel sesto anno di guida del governo locale, non risulta cenno all’accantonamento di somme destinate alla bisogna. La replica potrebbe sostenere che entrambi fossero convinti di poter prevalere su Bartolomeo Terranova. Ricorrendo a tesi difensive che il collegio giudicante ha trattato con stilemi che è preferibile non commentare.
A quanto trapela, si sta facendo largo l’idea che per risolvere il problema il Comune ricorrerà a un mutuo garantito dal 60 per cento del pacchetto azionario della società termale in suo possesso. Sarebbe il terzo «prestito» che l’ente dovrebbe fronteggiare. Contemporanemente agli altri due.
Ammesso il buon fine, San Bernardino rifonderebbe la «Fincres spa» (che dovrà attendere le conclusioni della perizia sul valore delle azioni) tornando così in possesso del patrimonio. Resterebbe comunque l’obbligo di onorare l’onere derivante dal prestito: aumento dei tributi (per i tiburtini che li pagano) o vendita delle «Acque Albule spa»? La seconda che hai scritto (la «privatizzazione totale» è opinione ormai prevalente nel ceto politico). Finita qui? Sbagliato. L’affaire non si concluderà nel momento in cui Terranova vedrà liquidato quanto preteso.

Incassati i 15-20 milioni dal Comune di Tivoli, resterà impregiudicata

la sub-concessione dell’acqua alla «Fincres spa» fino a gennaio 2031

Perché le complicazioni vedranno protagonista lo stesso personaggio. Titolare della «sub-concessione» dell’acqua, potestà rilasciata all’amministratore della «Fincres spa» ad agosto del 2018 da Giuseppe Proietti. Dopo una doppia richiesta dal finanziere di Tor Lupara avanzata il 5 e sollecitata il 9 luglio della quale non si capirebbe altrimenti la ragione, il fine. La delibera gli permette di utilizzare il prezioso liquido sino al 25 gennaio 2031.
Ammesso si decida l’assegnazione delle terme al miglior offerente. Immaginarsi un partecipante all’asta, interessato all’acquisto della «Acque Albule spa», impelagarsi in una trattativa – controparte Terranova – avente per oggetto la disponibilità dell’acqua: decisamente inverosimile.
Sarà a quel punto (e solo a quel punto: autentica fine della fiera), che la «Fincres» avanzerà la sua proposta per l’acquisizione totale: degli impianti, delle azioni, del bene. Non va dimenticato che la scadenza della sub-concessione coincide con quella della concessione propriamente detta. L’acqua solfurea verrà assegnata dalla Regione. A prescindere dalle modalità, non si potrà ignorare chi possiede le chiavi di Bagni di Tivoli o Tivoli Terme o Terme di Roma (una lustratina al brand non sarebbe superflua; insomma qual è la denominazione?).

O compra la «Fincres» o il debito fuori bilancio sarà dissesto finanziario

La sentenza del 3 febbraio è stata la pietra angolare, cornerstone d’un disegno che prese il via già 20 anni fa, con la semiprivatizzazione delle Acque Albule. Terranova ha sempre mostrato il desiderio di entrarne in possesso, sollecitando – ma senza riuscire – altri imprenditori locali. Magari adesso potrebbe interessare Angelo Donati, il marito di Milly Carlucci, l’acquisito socio nelle attività più recenti. L’obiettivo è a portata di mano, grazie al beneplacito di Giuseppe Proietti dell’altra estate.
Ostacoli politici? ostili maggioranze consiliari? richiamo ai valori? Ad opera del sindaco scatterebbe il piano B), dalla minaccia all’iscrizione della somma stabilita dai giudici tra i debiti fuori bilancio. Salvo l’«allarme» di IdeAzione, il gruppo consiliare facente capo a Giovanni Mantovani, curiosamente a Tivoli nessuno ne parla, quasi a voler esorcizzare il rischio ricorrendo a riti di nessuna efficacia. Eppure si tratterebbe dell’anticamera del possibile «dissesto finanziario», il default delle casse del Comune. Con l’aumento delle tariffe dei servizi e le imposte al limite massimo; oltre all’esclusione del «personale politico» dall’elettorato passivo. Ogni candidatura sarebbe vietata. Ergo, vietato vietare. Sennò che gioco di ruolo sarebbe?