Emanuela Bergamo si è dimessa dall’incarico il 17 febbraio, oltre quattro mesi fa
A Guidonia Montecelio da quel giorno non c’è un assessore all’Ambiente
Che si sarebbe certo opposto al ritombamento delle cave mediante le macerie

Davide Russo; sotto, il sindaco Michel Barbet con l’assessora alle Cave Elisa Strani

di TOMMASO VERGA
«VENIRNE A CAPO» è un diritto dei cittadini: cosa (o chi) ha causato l’allontanamento di Davide Russo dalla giunta di Guidonia Montecelio? Saperlo è un diritto, perché una decisione che ha effetti sulla città, sugli amministrati, non può apparire come lascerebbe intendere il sindaco una lite da condominio (ammesso ci sia stata: non risulta nemmeno ciò). Allo stato, c’è il fatto, gravissimo: Michel Barbet non ha fornito motivazione alcuna, nessuna comunicazione a corredo. Insieme con lui, dai componenti della giunta ai barbettieri, dai fedelissimi del «cerchio magico» agli eletti d’aula, a partire dalla recluta Matteo Castorino, neocapogruppo del movimento 5stelle.
Un fatto singolare. Decisamente curioso. Che offre la stura per ogni interpretazione. La più accreditata? aldilà dello schermo burocratico-formale («lo posso fare, rientra nei miei poteri») il sindaco non ha partorito comunicati perché non sa cosa dichiarare, cosa dire, dove trovare la scusa che l’ha portato alla decisione.
Però si può provare a immaginare, sostituendo la cronaca con una supposizione. Che potrebbe aver motivato il sindaco. La contrarietà di Russo all’utilizzo delle macerie – dei terremoti, degli edifici abbattuti: rifiuti in sostanza – per il ritombamento delle cave di travertino. Una scelta, che costituisce la «necessità necessaria» a poter proseguire nell’adozione di provvedimenti non condivisi. Dalla città prima che dalla politica.
Inoltre, l’uso delle macerie nei ritombamenti, significherebbe inosservanza del Prae (il Piano regionale delle attività estrattive).
Altra supposizione (e non si invochi la malizia): è un fatto che  dal 17 febbraio, oltre quattro mesi dalle dimissioni di Emanuela Bergamo, Guidonia Montecelio è priva dell’assessore all’Ambiente. Di una figura determinante non solo per i problemi conosciuti ma anche per i «nuovi». Per esemplificare: un ecologista avrebbe approvato il ritombamento con l’uso delle macerie? A seguire: è coerente quindi far risalire la mancata giustificazione allo «schema di convenzione» per le cave di travertino?
Per ora ci si ferma qui. Ma ci si tornerà su. A breve.
MUTI PERSINO MORTELLARO E SANTONI. Il mutismo è contagioso evidentemente. Più d’altri, l’hanno messo silenziosamente in mostra Angelo Mortellaro e Laura Santoni, presidente e vice del Consiglio comunale, che da febbraio (almeno) sollecitano Michel Barbet ad allontanare Russo. Nella circostanza avrebbero potuto innalzare il vessillo. Propagandare o intestarsi almeno in parte l’accaduto (come dettano le regole della politica). Invece niente. Alla fine si direbbe che, al contrario, tutti abbiano preferito «scansarsi» dalla decisione, non riuscendo a trovare uno straccio di addebito a carico dell’ex assessore.
Cosicché ci si trova al cospetto di un «golpe di Palazzo». Autore, un sindaco che anziché valutare se alla città il provvedimento conviene o meno perde tempo a rimuginare supposizioni e sentimenti ambigui, privando la comunità di un assessore efficiente ma diventatogli antipatico.
Un comportamento, quello del sindaco, che porta chiunque, ognuno per la sua parte, a immaginare congiure e cospirazioni d’ogni natura. Vien fuori l’impressione che la vicenda abbia avuto origine in una scelta che trova fondamento negli atti che l’amministrazione comunale ha compiuto di recente, la «compiacenza» verso le aziende del travertino. Unico motivo-argomento all’ordine del giorno del governo cittadino e della coppia Michel Barbet-Elisa Strani per tutto questo tempo, mesi comunque. Linea sulla quale la coppia Barbet-Strani non intende sopportare intralci.
I TRE MILIONI PER IL BILANCIO. La prova? In questi giorni, Nicola Sciarra, il nuovo assessore alle Finanze dopo una prima perlustrazione dei conti, dovrebbe annunciare un bilancio «lacrime e sangue». Si parla di una «sofferenza» pari a tre milioni. Il pareggio si otterrà esclusivamente con il taglio della spesa. Quella sociale in primo luogo. Ciò avverrà in un Comune con crediti immediatamente esigibili pari a una ventina di milioni (altrettanto la somma tuttora in itinere). Che, almeno in parte, sarebbero potuti affluire nelle casse del Comune mettendo i cittadini al riparo da restrizioni. Al contrario, la coppia sindaco-assessora ha voluto interamente rateizzare il preteso.
Davide Russo era contrario alla soluzione individuata? Sì. Ma il dissenso è rimasto sottochiave nelle stanze del Comune. Non una nota, un segnale, un documento. E dire che per sua natura l’argomento-imposte più di tutti si presta a manifestazioni di marketing politico. Che non ci sono state.
Per cui, tornando all’incipit, «perché Michel Barbet ha “licenziato” Davide Russo?»: «la domanda sorge spontanea» avrebbe sentenziato Antonio Lubrano. Se la risposta non è scolpita in nessun atto d’accusa, il luogo «naturale» sarebbero le cave, nell’antipatia che il sindaco, la Strani, il «cerchio magico», hanno via via mostrato sulle osservazioni alle deliberazioni sugli ordini del giorno. All’esame della giunta, delle commissioni, del Consiglio comunale.
Proposte di decisioni sulle quali già relativamente alla procedura sarà opportuno scavare – l’impressione è che la forma si sia fatta sostanza –: a chi risalgono, chi le ha formulate, chi le ha redatte? Possibile qualche es-cavatore? che ovviamente non avrà gradito le critiche di Davide Russo. Quindi? «Meglio tenerlo fuori». Così impara.