Il Tar del Lazio: un nuovo impianto? meglio «continuare a servirsi di un impianto Tmb già costruito, anziché realizzarne di nuovi altrove, come invece sostiene il Comune ricorrente»

Veduta parziale dell’impianto Tmb all’Inviolata

di TOMMASO VERGA
BRINDANO MANLIO E MONICA CERRONI. E, prima d’altri, Eligio Rubeis (e il suo entourage), A seguire, Mauro Ceci – «Edimoter srl», costruttrice dell’impianto Tmb – e signora. Se del primo è superfluo approfondire le ragioni del cin-cin, non serve nessuna fatica individuarle per gli altri. Questioni professionali e politiche: risale all’ex sindaco la decisione di «ospitare» il Tmb all’Inviolata su richiesta di Manlio Cerroni.
Com’è noto, con il grappolo di sentenze rese note ieri, il Tar (il Tribunale amministrativo regionale del Lazio) ha rigettato tutti i ricorsi contro la Regione «che ha inteso legittimare l’impianto Tmb di proprietà di Manlio Cerroni, sito nell’area vincolata dal DM del 16 settembre 2016, a ridosso del Parco regionale dell’Inviolata.
«Le ragioni dei giudici del Tar – sottolineano l’associazione «Amici dell’Inviolata» onlus, il «Comitato Cittadini Marco Simone – Setteville Nord», l’associazione «Sant’Angelo Romano – Economia e Territorio» –, appaiono fortemente di parte e preoccupate innanzitutto di “coprire” i funzionari regionali (in attesa di rinvio a giudizio da parte del Gup romano) e le aspettative d’un inefficiente servizio di smaltimento rifiuti di Roma Capitale.
«La fretta della Regione di emanare la determinazione di nuova AIA all’impianto Tmb cerroniano lo scorso 6 luglio era evidentemente finalizzata ad influenzare gli stessi giudici del TAR» concludono le associazioni».
Le attese sentenze hanno sgombrato il campo da ogni illusione. Compresa quella del consigliere regionale Valerio Novelli, 5stelle (e del Comune di Guidonia Montecelio?), di «delocalizzare e trasformare il Tmb in Tm» (oltre che sostenere in sede di rinnovo della legge regionale sui rifiuti «l’emendamento sulla creazione di un Ato a se stante per Roma»). Ma davvero si pensa di trasferire l’impianto Tmb dal monterozzo dell’Inviolata ai terreni di Bartolomeo Terranova limitrofi al Car, il Centro agroalimentare di Setteville – una localizzazione che fa venire i brividi solo a pensarci –, così come in quelli – alla pari quanto a opportunità – all’interno della zona dedicata alle attività produttive di Tavernelle?
Come che sia, i giudici del Tar hanno provveduto anche a tali pulsioni. Tanto da scrivere che: «A fronte di ciò, non sconfina certamente nella manifesta irragionevolezza la scelta di continuare a servirsi di un impianto di Tmb già costruito, anziché di realizzarne di nuovi altrove, come invece sostiene il Comune ricorrente».
Il benvenuto a 190mila tonnellate di immondizia l’anno, alla piattaforma di stoccaggio dei rifiuti, alla discarica di servizio «a bocca impianto Tmb». L’Inviolata torna discarica. Mentre per i residenti di Marco Simone, Setteville nord, Collefiorito e limitrofi, si ripropone… una botta di vita.

L’impianto Tmb del «gruppo Cerroni», a Casale Bussi, Viterbo

Anche il Tribunale amministrativo del Lazio premia la Regione e Cerroni che, per il momento, ringraziano per lo scampato pericolo

Il comunicato stampa dell’associazione «Amici dell’Inviolata» onlus, il «Comitato Cittadini Marco Simone – Setteville Nord», l’associazione «Sant’Angelo Romano – Economia e Territorio»

DOPO LA MAGISTRATURA PENALE, che a Tivoli, il 15 giugno scorso, ha mandato assolta la società proprietaria dell’impianto di trattamento meccanico biologico per non aver commesso l’abuso edilizio e paesaggistico all’Inviolata di Guidonia, anche il TAR del Lazio si allinea al risanamento del TMB di Cerroni (visti i tempi, sarebbe meglio dire “sanifica”) e santifica l’alleanza tra il “supremo” ed il Pd (Gentiloni, Zingaretti, Tosini, sempre pronti a favorire gli imprenditori).
Con una serie di sentenze (cinque, per l’esattezza) –emesse a raffica il 28 luglio dal TAR del Lazio, in modo quantitativamente e qualitativamente inaccettabile –i giudici amministrativi hanno infatti affrontato e risolto, un tanto al chilo, contenziosi di diversa origine materiale e temporale. Si tratta di ricorsi concernenti la costruzione dell’impianto TMB, nel bel mezzo dell’area protetta regionale naturale archeologica dell’Inviolata di Guidonia (L.R. 22/96) e del sopravvenuto vincolo ministeriale per “Notevole interesse pubblico paesaggistico” (DM del 16 settembre 2016).
Un impianto nato con un trucco politico/amministrativo/affaristico del 2005, orfano dell’autorizzazione paesaggistica (obbligatoria e vincolante ma artatamente non richiesta dagli ineffabili dirigenti regionali nel 2010), sanato dagli stessi funzionari regionali nonostante le prese di posizione contrarie espresse dallacomunità locale e dal MIBACT, benedetto dall’Amministrazione comunale di Eligio Rubeis, sequestrato e dissequestrato più volte tra il 2014 ed il 2020, utile in prospettiva soprattutto all’inefficiente Comune di Roma.
LE ASSOCIAZIONI? UN RUOLO MARGINALE _ La proprietà del “bene” sottoposto a sanatoria di Stato (responsabilità dirette ne ha infatti anche il Governo Gentiloni) è passata da COLARI, titolare della prima autorizzazione regionale del 2010, alla COLARI Ambiente Guidonia srl (nata da COLARI ed Eco Italia 87 srl, proprietaria della confinante discarica chiusa nel 2014 e sottoposta tuttora a sequestro dell’ultimo invaso autorizzato dagli stessi funzionari regionali) ed infine alla Ambiente Guidonia srl. Tutte e tre dell’unico proprietario, Manlio Cerroni.
Per tornare alle sentenze appena emesse dal TAR, i giudici hanno espresso un punto di vista molto limitato e pieno di pregiudizi. Nel ricorso presentato dalle scriventi associazioni locali, ad esempio, hanno sentenziato che i comitati ricorrenti non hanno dimostrato il loro impegno nel territorio oltre “alla mera contestazione giurisdizionale degli atti impugnati”. Come se l’Associazione “Amici dell’Inviolata” avesse bisogno di riconoscimenti da esibire, dopo lotte, manifestazioni, ricorsi vinti o persi, esposti, pubblicazioni sull’area protetta, gestione per un settennio di un Laboratorio di Educazione ambientale provinciale ecc., a partire proprio dalla sua nascita nel 1996!
Nel ricorso presentato da Ambiente Guidonia srl nel 2015 contro la Regione Lazio –particolarmente interessante,in quanto giustamente la società rivendicava di non aver bisogno di nuova procedura di AIA, perché il DM 46/2014 l’aveva già prolungata al 2020 –i magistrati del TAR hanno sbrigativamente sentenziato che l’argomento è superato dalla nuova AIA appena emessa dalla Regione Lazio il 6 luglio 2020 (che prolunga la vigenza al 31 dicembre 2024, con la benedizione di Gentiloni), con evidente soddisfazione della proprietà cerroniana.
Anche nella sentenza sul ricorso proposto da Ambiente Guidonia nientemeno che nel 2014, contro l’Ordinanza Mibact che chiedeva l’immediata sospensione dei lavori di costruzione dell’impianto, i giudici hanno pensato bene di premiare ancora una volta Cerroni e la Regione, dichiarando improponibili le censure della Soprintendenza paesaggistica, in quanto questa non s’era opposta all’AIA del 2010 con un ricorso amministrativo o con una denuncia penale. E come avrebbe potuto se non era stata neanche informata né invitata alla Conferenza dei Servizi (illegittima e poi “sanata” de facto, o, se si preferisce, manu militari dal Governo Gentiloni e dalla Regione di Zingaretti)?
RIGETTATO ANCHE IL RICORSO DEL COMUNE _ Una serie di sentenze della Cassazione, in sede penale cautelare, emesse su richiesta della Procura di Tivoli e giudicanti l’AIA del 2010 palesemente illegittima, non sono neanche state prese in considerazione dal TAR. Anche il Comune di Guidonia Montecelio ha visto i giudici del TAR rigettare il suo ricorso contro Regione e Governo Gentiloni per il TMB. Il Tribunale amministrativo ha risposto picche all’Amministrazione Barbet, cercando di arrampicarsi sugli specchi. Tra l’altro, affermando che l’AIA del 2010 non è “né nulla né inefficace” e quindi è magicamente legittimata a posteriori (cosa non contemplata dalla normativa vigente, ma “è l’incertezza del diritto, baby!” sembrano dire i magistrati). Oltretutto, i giudici ricordano che il Comune guidoniano, con la Giunta Rubeis, ha dato nel 2010 l’assenso all’impianto “dietro misura compensativa” di cui però, guarda caso, non c’è più traccia.
Con un’altra perla, i giudici del TAR affermano “che, ai sensi dell’art. 242, commi 9 e 10, del d.lgs. n. 152 del 2006, l’AIA dovrà contenere ogni prescrizione necessaria per rendere compatibile l’attività del sito (cd. discarica di servizio inclusa) con la bonifica dell’area adiacente”.Chi ha mai parlato di “discarica di servizio”? Chi l’ha autorizzata? Dove?
Un colpo non indifferente i giudici lo riservano anche a quelle pie illusioni, dilatorie e farneticanti, di chi (vedi il sindaco Michel Barbet ed il presidente regionale della Commissione Ambiente, Valerio Novelli) vorrebbe trasformare e delocalizzare l’impianto. Dice infatti il TAR: “… A fronte di ciò, non sconfina certamente nella manifesta irragionevolezza la scelta di continuare a servirsi di un impianto di TMB già costruito,anziché di realizzarne di nuovi altrove, come invece sostiene il Comune ricorrente”.
Sempre i giudici del TAR sentenziano che l’impianto TMB non ha nulla a che fare con le attività di bonifica che si svolgono intorno ad esso e che “proprio limitando l’efficacia dell’AIA al 31/12/2014(in realtà 2024, altro errore dei giudici…) gli atti impugnati hanno mostrato di voler conciliare l’esigenza di trattare i rifiuti con quella della bonifica (che, secondo lo stesso ricorrente, potrebbe prolungarsi forse pervent’anni, e quindi sarebbe al limite ritardata, ma non impedita dall’esercizio dell’impianto)”. Alla faccia di chi attende dal 2011 la messa in sicurezza e la bonifica del sito inquinato!
SENTENZE FOTOCOPIA, ERRORI COMPRESI _ E’ anche da rilevarsi – ma non poteva non essere così (un tanto al chilo, come già detto…) – che molte delle frasi contenute nelle cinque sentenze sono in fotocopia, errori materiali compresi. Gli stessi giudici dalla scrittura talvolta sciatta suggeriscono comunque che è possibile proporre autonomo ricorso contro l’atto di rinnovo dell’AIA del 6 luglio 2020. Rischiando, aggiungiamo noi, di finire davanti alla stessa sezione del TAR, così piena di pregiudizi nei confronti di chi ha scelto di difendere il proprio territorio.
Duole, infine, assistere ancora allo scarso rispetto da parte di magistrati per le ragioni delle scriventi associazioni e comitati, nonostante precedenti sentenze favorevoli alla legittimazione dei cittadini ricorrenti (v. Consiglio di Stato sez. IV, 15 marzo 2018, n. 1838 e sempre CdS, sez. IV, 19 giugno 2020, n. 03922).
Per noi, la battaglia continua!