di GIULIANO GIRLANDO
di TOMMASO VERGA
IN CORTE D’APPELLO, tre mesi fa, a Roma, tutte le accuse subirono un drastico ridimensionamento, con la conseguente riduzione delle pene. Fino alla cancellazione dell’aggravante del ricorso al metodo mafioso. Così la II sezione penale presieduta da Agatella Giuffrida. Si parla dell’«operazione Babylonia». E dell’ esito decisamente inatteso dopo gli accertamenti della guardia di Finanza e dei carabinieri
FINE GIUGNO 2017, SEQUESTRO. Valore, 280 milioni di euro. 46 tra bar, ristoranti, pizzerie e sale slot, 262 immobili, 222 rapporti finanziari/bancari, 32 auto e moto, 54 aziende e 24 quote societarie (a novembre dell’anno successivo, colpite altre sette aziende da temporanei provvedimenti restrittivi).
Di particolare peso, il sequestro e la confisca del complesso edilizio costruito ai «Pichini», il quartiere più giovane di Guidonia Montecelio.

Il bar «Mizzica»

Ventitrè gli arresti risalenti all’«operazione Babylon» svoltasi il 23 giugno 2017. Che mise fine alle molteplici attività di una «banda consortile» – così gli inquirenti – fondata da appartenenti alla camorra come Gennaro Vitagliano appunto, elemento di spicco del clan dei Mazzarella e degli «Scissionisti», e alla pugliese Sacra corona unita, il defunto Giuseppe Cellamare. L’azione interessò due «associazioni», una territoriale, con sede a Monterotondo, più violenta e tradizionale nei metodi, l’altra estesa in tutta Roma che sotto traccia reinvestiva enormi patrimoni in attività commerciali e immobiliari anche grazie a professionisti come notai e funzionari di banca. «Babylon»: la scelta della denominazione non ha riguardato la commistione delle lingue e dei dialetti come si potrebbe arguire, ma l’ingresso nella partita criminale dei nuovi, dei “baby” appunto.
SEI MESI FA, SEQUESTRO-DUE. A metà maggio un altro provvedimento giudiziario riguardò 4 bar della catena «Katanè Sapori di Sicilia» di proprietà di Gaetano Vitagliano. Tutti i beni sequestrati vennero affidati ad amministratori giudiziari. Misura in essere ancora oggi.
23 DICEMBRE 2020, SEQUESTRO-CONFISCA. Valore, 300 milioni di euro. 52 società, 20 imprese individuali, 1 quota societaria, 34 immobili, 6 autoveicoli, 19 rapporti finanziari e numerosi orologi e preziosi. Beni di proprietà di Gaetano Vitagliano, Andrea Scanzani e di una terza persona, erede del destinatario della confisca. Per illustrare, si tratta dei bar “Mizzica!” di via Catanzaro 36 (nella foto in alto) e di Piazza Acilia, acquisiti dal gruppo Vitagliano, il “Macao” di via del Gazometro frequentato dai vip della movida romana e la catena di bar “Babylon Cafe”.
Come detto, circa trecento milioni di euro il valore del «malloppo» confiscato questa mattina. In esecuzione del decreto emesso dalla “Sezione specializzata misure di prevenzione del tribunale civile e penale di Roma”, su richiesta della locale Dda, la Direzione distrettuale antimafia. Le accuse: usura, estorsioni, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, fraudolento trasferimento di beni o valori.
Le indagini di guardia di Finanza e carabinieri, hanno permesso di accertare l’operatività sul territorio capitolino di uno strutturato sodalizio, gerarchizzato e autonomo, promosso e diretto, dedito al riciclaggio e al reimpiego, in attività commerciali lecite e in beni immobili, di consistenti somme di denaro di provenienza delittuosa e alla conseguente intestazione di tali attività, beni o altre utilità a terzi. Tra le accuse, il mancato collegamento delle slot-machine alla rete dei monopoli di Stato allo scopo di evadere il «Preu» (Prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento).

Sequestro-confisca va bene… ma gli alloggi alle forze dell’ordine?

Le costruzioni (tre in tutto) confiscate con l’«operazione Babylon»; 40 appartamenti sono stati assegnati alle forze dell’ordine

Troverà da ridire il tizio che abitualmente scrive protestando per come vengono descritti Pichini e l’affaire-confisca. Dei beni sequestrati a seguito dell’«operazione Babylon». Edifici abusivamente occupati da quanti hanno corrisposto 1.300 euro a chi ha rilasciato le chiavi degli alloggi. Dalla propria villa, scrive il tizio, dei maramaldeggiamenti narrati da hinterland (definito “organo degli sconfitti defunti comunisti”) non rileva traccia. L’impressione che suscita è che avrebbe da ridire anche sull’eventualità che donne e uomini in divisa possano andare ad abitare dappresso (magari per evitare disturbi a chi ha occupato un alloggio per insediarvi la sede della Lega per Salvini premier e successivamente di quella di Fratelli d’Italia?)
Perché è questo il vero problema irrisolto, rimasto aperto dopo le conclusioni dell’«operazione Babylon», all’indomani del 23 giugno 2017. Quando si apprese che 40 appartamenti del complesso edilizio sarebbero stati assegnati alle forze dell’ordine. Seguì la pubblicazione di una sorta di bando riservato ai pretendenti: carabinieri, poliziotti, finanzieri. Invitati a esprimere il personale interesse sulla potenziale residenza. Potenziale. Visto che, in quasi quattro anni, non un alloggio è stato assegnato.
Si ignora quanto si siano mobilitati quanti avrebbero dovuto rendere esecutive le procedure previste dalla legge sui beni confiscati alle mafie e alle organizzazioni criminali. Dall’Anbsc agli organismi dello Stato centrale, la Città metropolitana di Roma, la Regione Lazio, assente il Comune di Guidonia Montecelio.
Il quale – a parte i 40 appartamenti delle forze dell’ordine – avrebbe goduto della disponibilità dei rimanenti locali che sarebbero andati all’amministrazione comunale di Guidonia Montecelio (che però, forse non saprebbe che farci).
Allo stato, «Pichini» oramai è divenuta una sorta di «succursale» di San Basilio, la borgata limitrofa che ha ridotto progressivamente le «attività» di spaccio grazie all’aumentata presenza delle forze dell’ordine. Ma il tizio della villa con piscina anche di ciò non se n’è mai accorto.