Il ricorso della «Gaetano Conversi srl» dopo il rigetto in primo grado viene accolto in appello. La «Tre Esse Italia» – la società incaricata di gestire i tributi dal Comune di Guidonia Montecelio –, si rivolge alla Cassazione.
A giudizio della Suprema Corte, 22 dicembre 2020, l’Ici/Imu dev’essere corrisposta: «Escluso che i terreni possano classificarsi agricoli e come tali esenti dall’imposta». Non solo. Il valore venale dei terreni dev’essere stabilito dalla CTR (Commissione tributaria regionale) del Lazio.
Contemporanea la reazione dei padroni delle cave di travertino. Tanto da far pensare che l’ordinanza del 22 dicembre sia risultata “indigesta”, al punto di porre l’urgenza di una transazione con il Comune, prima che la procedura si concluda.
Sembra inverosimile ma non lo è, dover dire che il Comune deve applicare le leggi e i regolamenti attuativi in materia. Pertanto la tassazione va applicata sui valori venali dei terreni, comprensivi del limitato valore edificatorio e per il resto del valore del materiale estraibile; ovviamente, al netto dei costi.

di TOMMASO VERGA
«LA PRESENTE PROPOSTA VIENE TENUTA FERMA FINO AL 15 FEBBRAIO 20121». Per fare cosa? E poi, che succederà dopo quella data? Domande retoriche, nulla viene precisato né necessitava. Perché, letto il «documento dei 17», non è stato difficile arguire cosa albergasse  nelle menti dei firmatari. Nell’ordine: Società travertino romano spa; Li.Fi. srl (Lippiello finanziaria); Società Valle Pilella srl; Società DS travertini srl (Giulio Di Stefano); Società Querciolaie Rinascente; Fratelli Poggi srl; Società travertino Conversi srl; Imm. Gen. srl; Michele Pascucci; Degemar cave srl; Giansanti srl; Giuliano Conversi srl; Delta srl; F.lli Pacifici ing Cesare e Lorenzo spa; C.M Caucci Mario industrie travertino romano spaG.B. travertini marmi graniti srl (Giansanti).
Obiettivo dei padroni delle cave: prima che l’ordinanza della Cassazione dispieghi i suoi effetti, facciamo l’accordo Ici/Imu con il Comune di Guidonia. Diciotto pagine indirizzate al sindaco Michel Barbet. Che ha immediatamente replicato (cronache di un paio d’anni fa…) “Signori, con voi, su questa materia non parlo, la mia amministrazione si rimette al dettato della Suprema Corte, honestà, honestà”.
I padroni delle cave chiedono-propongono di abbattere l’Imu sui terreni delle cave di travertino e di condonare il debito pregresso cancellando sanzioni e interessi. In compenso, anziché 7.82 euro al mq come avverrebbe adesso, i padroni delle cave arriverebbero a concedere 10 euro. Concessione che viene chiarita dalla loro spiegazione sulle cause del debito delle cave di travertino nei riguardi del Comune di Guidonia Montecelio.
A differenza di quanto gran parte della popolazione immagina, i soldi non c’entrano, si tratta di convincimenti filosofici, di questioni di principio. Fondati, si legge nel «documento dei 17», sul «legittimo convincimento che sui fondi estrattivi, per via della loro natura, non fosse dovuta l’Ici» (il seguito vien di seguito, ma non si è riusciti a tradurlo: «e attualmente, la misura non realistica, non suffragata da riscontri obiettivi, e viziata da illogicità e difetto di istruttoria del valore imponibile attribuito dal Comune alle aree di cava»).

2004: Stefano Sassano, sindaco di Guidonia Montecelio, con il successore Eligio Rubeis

Filippo Lippiello sindaco; li precede entrambi

Da qui l’ultimatum del 15 febbraio, in sostanza un ennesimo deja vu. Dal 16, se il sindaco non esaudirà i loro desiderata (chissà se troverà spunto per dire la sua il deputato Sebastiano Cubeddu; entrambi si attribuiscono l’appartenenza al movimento 5stelle), i padroni delle cave continueranno a trattare l’ente locale (quindi i cittadini di Guidonia Montecelio) alla pari di ieri, oggi e, a seguire, domani. Cosicché l’«esteso contenzioso tributario» (termini evidenziati dai firmatari del papier di 18 fogli) è destinato ad aumentare. Alla pari dei problemi irrisolti della città.
Tutta colpa dei padroni delle cave? Risponde una constatazione. A parte gli atti risalenti a Filippo Lippiello sindaco, ripetutamente richiamati nel «documento dei 17», mai a Stefano Sassano e a Eligio Rubeis, i sindaci più recenti, entrambi di Forza Italia, sono state sottoposte osservazioni o argomentazioni-richieste di tale natura (si sbaglierà, ma non sono note neppure azioni di recupero). Mentre i «nemici grillini», quelli che soltanto un paio d’anni fa venivano identificati avversari dichiarati proprio dai padroni delle cave di travertino, artefici della distruzione del settore, oggi risultano i loro migliori alleati. Il paradosso è che ciononostante il Comune di Guidonia non ne abbia ricavato alcunché. Eppure, ormai è governato dal bicolore ex 5stelle-cave. Cosa c’è sotto?
Un interrogativo non retorico stavolta. Perché la trattativa in atto sul «documento dei 17» tra l’amministrazione Strani-Barbet e i padroni delle cave unita alla ripetutamente sostenuta disponibilità nei loro confronti di giunta, dirigenti e sindaco, provoca serie preoccupazioni. A cominciare dal pericolo di default del Comune che provocherebbe una gestione del contenzioso che, come si legge nel «documento dei 17», non fa i conti con il «piano di rientro».
Si eviterà di proporre al lettore gli arzigogoli su tariffe, tabelle et similia. Lettore che però non potrà essere privato del racconto delle modalità attraverso cui il Comune ha evitato la dichiarazione di dissesto oltretutto entrando in possesso dei 26 milioni di prestito da parte del ministero delle Finanze. Da restituire in 10 anni. Una procedura basata su bilanci (per due anni compilati dai commissari prefettizi) che prevedevano anche le entrate delle cave di travertino. Crediti inesigibili? Assai complicato sostenerlo. Tanto che Alessandro Alessandrini, il primo assessore grillino, riuscì a concludere a buon fine la trattativa sul «rientro» giocando alla perfezione i propri atout.

L’eventualità concreta che il Mef ponga la cessazione del «piano di rientro»

Il resto è storia di questi giorni. Si prenda il manifesto «condono» richiesto dal «documento dei 17». Il Comune già in difficoltà con la tenuta del bilancio a causa dell’alienazione mancata dei beni immobiliari, con l’aggiunta dell’abbuono delle spettanze di suo diritto alle cave corre il rischio di incappare in una censura, fino alla condanna, della Corte dei conti e del Mef (fors’anche dell’Anac). Ne potrebbe risultare un ordine di rientro del prestito seguito dalla dichiarazione di dissesto. Il che contempla, oltre alle condanne per danno all’erario, effetti sulle proprietà e sulle personali retribuzioni, fino alle conseguenze di natura penale contro attori, protagonisti e comparse.
Un problema si aprirebbe inoltre con le aziende del Pip di Tavernelle, con il Car, fors’anche con l’Unicem (il cementificio sta abbattendo ratealmente il suo debito con il fisco).

Alessandro Alessandrini

Siccome è totalmente priva di fondamento la tesi dei terreni agricoli delle aziende estrattive (la produzione «sotto terra» – estrazione del travertino – non equivarrebbe a quella «sopra») è logico prefigurare la protesta delle aziende del Pip-Tavernelle 1 e 2 e del Centro agroalimentare. Perché il Comune dovrebbe giustificare  una doppia imposta municipale per le attività produttive.
A favore della città e dei suoi abitanti, sulla «commissione trattante» pesa l’esito dei giudizi recenti. Si parla dell’ordinanza della Suprema Corte di cassazione pubblicata il 22 dicembre, che escludendo i terreni estrattivi dalla nomenclatura «agricoli», ha assegnato alla Ctr (Commissione tributaria regionale) l’autorità di stabilire il valore venale dell’Imu per le cave. Dunque: cosa c’è da trattare entro il 15 febbraio? Per cui, Barbet & co., non debbono dimenticare la puntuale «diffida» in proposito del 20 gennaio delle consigliere comunali Anna Checchi e Loredana Roscetti.
Da ultimo, last but not least, la «Tre Esse Italia», società che ha in appalto i servizi tributari della città. Il sindaco, l’assessore alle Finanze, l’assessora alle Cave, come pensano di rendere compatibile l’aggio che la srl pretende per la sua attività, con l’eventuale riduzione delle somme pretese, inscritte e non ancora a bilancio – la Tre Esse è una società di capitali –, incluse quelle assegnate per le controversie finite con sentenza, dei Comitati territoriali e/o della Corte di cassazione?

Unico scopo della «trattativa», far aumentare i profitti dei padroni delle cave

Il Pip di «Tavernelle»

Misterioso davvero il motivo che induce Michel Barbet e il suo «cerchio magico» a impelagarsi in un’avventura dagli esiti decisamente negativi per Guidonia Montecelio. Possibile che non passi in quelle stanze la cognizione che un’operazione come quella proposta dai padroni delle cave ad altro non approderebbe se non a un aumento dei loro profitti? Non altro, men che meno a cosa ne ricaverebbe la città.
L’altro aspetto investe i 5stelle, la formazione politica alla quale il sindaco dice di aderire. Priva di un progetto, di un piano, immota, consenzienti i rappresentanti a seconda delle cordate, anche nei singoli priva di ogni requisito utile per amministrare la città. Al punto di essere stata designata dai rappresentanti dei partiti centrali ufficio di smistamento dei loro esponenti. Con il sindaco che dichiara di non averne saputo niente. Mentre sui «concorsi su misura» vedremo casa dirà la procura della Repubblica.
Michel Barbet non ascolta più nessuno fuori dal suo entourage. Figurarsi chi sostiene che non si può proseguire in questo modo con questi non-contenuti. Prenda atto il sindaco che Guidonia ha necessità irrinviabili. Che non soddisferanno un mercanteggiamento come quello aperto sul «documento dei 17». Prima che la città precipiti definitivamente è opportuno se ne vada, dia le dimissioni. Un atto d’amore verso Guidonia Montecelio.