Il pubblico ministero Alberto Galanti

di TOMMASO VERGA
ALBERTO GALANTI vs FLAMINIA TOSINI. Con la Cassazione che dà ragione al magistrato. Oggetto del contendere, il CSA di Castelforte, per l’esattezza l’impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti: il TMB insomma. Posto sotto sequestro causato, secondo Galanti, da «autorizzazioni assenti o rilasciate in maniera sospetta e rifiuti gestiti “abusivamente”».
Un ruolino di marcia che ha condotto all’ennesima richiesta di rinvio a giudizio della ex dirigente della Regione Lazio e degli amministratori del CSA (Centro servizi ambientali), unitamente al titolare del laboratorio di Frosinone responsabile delle analisi sulla qualità del materiale. Secondo la Procura, sulla base di certificazioni non corrette, sarebbero entrati nell’impianto pontino rifiuti speciali e pericolosi insieme a quelli propriamente autorizzati. In termini specifici, «immondizia non classificata correttamente, un sistema grazie al quale sarebbero stati trasportati anche materiali non idonei nelle discariche di Roccasecca e Civita Castellana».
Tre gli impianti TMB «sotto osservazione». Sui quali è stata disposta una perizia in forma di incidente probatorio disposta da Annalisa Marzano, la gip che il 16 marzo dispose l’ordinanza di custodia cautelare per Flaminia Tosini e Valter Lozza su richiesta della Procura di Roma. Magistrato decisamente noto specie nella provincia di Latina, giudice che, al termine dell’inchiesta denominata “Alba Pontina”, condannò i nove imputati del «clan Di Silvio» a circa 74 anni di carcere a fronte della richiesta dei pm Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro di ottanta anni.

Flaminia Tosini

Come detto, stando all’istruttoria, dal TMB sarebbero stati prodotti «materiali non idonei». Per la procura si tratta di CDR (combustibile da rifiuti) realizzato da «rifiuti urbani indifferenziati», attraverso «una dotazione impiantistica inadeguata al trattamento della frazione biologica, sulla base di un provvedimento palesemente illegittimo, paragonabile all’assenza di autorizzazione».
Faldone del tutto diverso dai motivi secondo i quali, come si ricorderà, Flaminia Tosini e Valter Lozza si sono ritrovati in tribunale lo scorso 20 ottobre. Le presunte responsabilità in questo caso riguardano «concussione, corruzione e turbata libertà di procedimento di scelta del contraente». L’avvocato Marco Valerio Mazzatosta a difendere l’ex dirigente della Regione Lazio, Vincenzo Galassi l’imprenditore.
A dicembre la nuova udienza. Nella quale il tribunale di Roma nominerà il perito che dovrà trascrivere tutte le intercettazioni.
La richiesta di Alberto Galanti di ulteriore rinvio a giudizio non è l’unico “doloroso” evento di questi giorni. Ad accompagnare le traversie giudiziarie di Flaminia Tosini hanno provveduto altresì i cittadini di Vetralla, il paese natio, che non l’hanno eletta sindaco nella recente tornata elettorale di inizio mese. Forse l’ambizione massima della donna.
Contrariamente all’andamento nazionale (confermato nel Lazio) che ha visto prevalere il centrosinistra, a Vetralla si registra il risultato opposto. Perché, invece, è stato eletto sindaco il rappresentante della destra – Lega, FdI, Forza Italia – con la percentuale del 59,69 (3.973 voti) contro il 24,82 (1.652 voti) di “Vetralla futura”, lista di Flaminia Tosini, e il 15,49 (1.031 voti) di «Passione civile».

Chiude la discarica dell’Inviolata (12 febbraio 2014) e l’immondizia di Guidonia Montecelio raggiunge la destinazione di Latina, il «Centro servizi ambientali» di Castelforte 

La sede del “Csa srl”, a Castelforte di Latina

IL «CSA» E’ NOTO A GUIDONIA MONTECELIO. A suo tempo, alla srl venne affidata la gestione dei rifiuti della città. Attività iniziata all’indomani della chiusura della discarica dell’Inviolata, il 12 febbraio 2014. Impegnato proprio l’impianto di Castelforte.
Successivamente furono liti. Perché la società minacciò di interrompere il servizio (motivo: non rientrava nei costi) se la Regione Lazio non avesse deliberato l’importo della tariffa definitiva. Cosa che avvenne il 1° settembre 2016, con la determinazione n. G09695, la presidenza della giunta decise che il compenso per la gestione dei rifiuti indifferenziati sarebbe aumentato del 25 per cento, dai precedenti 99,47 euro a tonnellata si passava a 124,74. Soggetti a “rivalutazione monetaria annuale secondo l’indice Istat con efficacia dalla data di emissione del presente atto”. Decorrenza dell’aumento, stessa data del 2015. Un anno di arretrati a carico dei “clienti”, un esborso extra di 30mila euro a famiglia. Un “ritocco” evidentemente non adeguato alle aspettative.