di TOMMASO VERGA
PER I GIUDICI DEL TAR, su via dell’Inviolata si applicano i vincoli del decreto ministeriale paesaggistico del 16 settembre 2016 e della legge regionale 22/96 istitutiva del Parco dell’Inviolata, entrambi recepiti nel PTPR del Lazio? Perché quella normativa non si presta ad ambiguità né equivoci, in essa viene stabilito che il traffico di camion e l’accumulo di rifiuti nell’area sono assolutamente vietati.
Invece, a sentire, oggi il Tar del Lazio avrebbe condannato il Comune di Guidonia Montecelio perché ha vietato il transito dei camion in via dell’Inviolata, e perché: 1) non impedisce lo scarico abusivo di rifiuti; 2) alla “srl Ambiente Guidonia” non è stato permesso «l’ordinario e legittimo esercizio dell’attività di trattamento dei rifiuti previamente autorizzata e legalmente in esercizio, avente carattere essenziale e rispondente ad interessi pubblici di primario rilievo» (ordinanze del Comune di Guidonia Montecelio firmate dal sindaco Michel Barbet risalenti al 4 agosto e al 9 settembre di quest’anno).
Prima considerazione, occorre prudenza. Neanche in misura abbondante. Perché intanto ci si trova alle prese con un giudizio cautelare (come dice la parola stessa) e perché gli autori della notizia, l’ennesima, sempre uguale – il “Tar condanna Guidonia” – sono gli stessi che qualche mese fa titolarono (testualmente) «Il Tar riapre via dell’Inviolata, da oggi il Tmb è funzionante e accessibile ai mezzi dell’Ama». Nonostante si tratti, anche ora, degli stessi giudici amministrativi del Lazio autori della sospensiva di agosto, la sentenza non c’è stata, non è stata emessa, la discussione di merito si svolgerà l’anno prossimo, il 14 gennaio 2022. Inutile quindi titolare (testualmente): «Rifiuti, il Tar riapre la strada per l’impianto». Nulla cambierà, almeno fino alla sentenza definitiva (del Tar?, del Consiglio di Stato?)

La mappa dell’Inviolata; in alto, le condizioni della ex strada della Provincia di Roma passata in gestione alla Città metropolitana

Piaccia o meno, le cose rimangono quindi al punto di partenza (dal quale ripartirà l’esame del Tribunale amministrativo di metà gennaio). Sperando la difesa illustri che il monterozzo lineare, decisamente non vintage, conduce al luogo che il ministero dei Beni culturali – attraverso l’organismo decentrato, la Soprintendenza – ha deciso fosse meritevole di rispetto e di custodia, da sottrarre ai prediletti sport del tempo, in concorrenza tra la gestione dei rifiuti e il mattone (sotto la superficie terrestre e sopra), attività che comportano un tornaconto per il quale vale la pena sfidare le regole.
A chi compete(va) il controllo di quella stradina che conduce all’inviolabile Parco dell’Inviolata? Chi ha omesso di impedire divenisse una abusiva discarica di rifiuti? Risposta: la proprietà della S.P. 28/b, leggasi strada in origine della Provincia di Roma ora della CMRC (Città metropolitana di Roma Capitale), ovvero della sindaca Virginia Raggi (ancora per qualche giorno, poi, finalmente…). Che doveva altresì occuparsi di tenerla pulita, in condizioni (come si sarebbe detto una volta) “civili”. E’ come dire che nel giardino di casa mia qualcuno scarica immondizia. Il malfattore va incontro a conseguenze persino penali ma rimane l’obbligo della sorveglianza e della pulizia da parte del padrone di casa.
La norma? Consultare il «codice dell’ambiente» in vigore dal 3 novembre 2006. E’ vero. Ci sono avvocati che lo ignorano anche se però fanno comunque i “saggi”.
Sull’Inviolata, ormai da mesi, si registrano offensive sull’intangibilità. Obiettivo, superare il vincolo che proibisce (appunto) di continuare a usarla in modo improprio se non illegittimo. Tra i protagonisti, la CMRC (Città Metropolitana di Roma Capitale), l’organo pubblico che prima di tutti gli altri dovrebbe ottemperare ai dettami della Sovrintendenza. Mentre, viceversa, è bastian contrario.
In proposito ci si chiede se, in un capovolgimento delle parti, assumendo la guida della CMRC, il sindaco d’una città della provincia – a legge modificata – determinasse che i rifiuti di Roma possono-debbono essere interrati nel mausoleo di Cecilia Metella sull’Appia Antica o/e che il termovalorizzatore può-deve essere costruito nel parco archeologico di Ostia Antica o di Centocelle. Immaginarsi le proteste e le rimostranze. Mentre soltanto a Guidonia Montecelio un’area protetta, custodia per secoli della “Triade capitolina”, si vuole utilizzare come immondezzaio. Con parte dei guidoniani che tifano per tale soluzione. Davvero ignobile.