di TOMMASO VERGA
SICILIA, REGIONE AUTONOMA. OSPEDALE DI PROVINCIA.Il resoconto inizia con «il mio cuore, alquanto malandato di per sé, ha fatto capricci già nella notte». Mattinata, taxi, di corsa, l’accompagnamento con un figlio al pronto soccorso. Da un infermiere la classica domanda d’esordio: “Signore, perché è qui? di quali malattie soffre?”. Dopo aver illustrato il motivo del ricorso al PS e attendere venga verbalizzato, un’ora dopo tocca alla cardiologa. Dialogo di prammatica anche con lei.
Dopo l’attesa, il paziente fa mostra di essere tale, abbondantemente: «Comunque… come ho detto appena entrato, sono cardiopatico, ho subito due interventi al cuore. Nell’ospedale di Tivoli». “Ah, Tivoli, bella città – la reazione della donna –, l’ho visitata, ci sono stata, villa Adriana… villa d’Este, bellissime…”. Si torna al pronto soccorso. “Signore, mi elenca i farmaci che prende?”. «Sì, eccoli: compresse A, compresse B, compresse C. Due compresse A, due compresse B, una…».
Interruzione della cardiologa: “Ah no, questo farmaco non lo passiamo”. «Come non lo passiamo? che vuol dire? sono farmaci per il cuore, ordinati da un suo collega, da un cardiologo come lei… perché “non lo passiamo?”, lo comunica lei al mio cuore?».

Un reparto di emodinamica

“Non creda non capisca le sue obiezioni, le sue osservazioni – riprende la cardiologa –, e sapesse quanto mi costa doverglielo dire». Per favore può seguire attentamente quanto le sto dicendo? Infine, se è d’accordo, me lo confermi subito. Immagino, da Tivoli abbia portato con sé il farmaco. Per cui, mi raccomando, è indispensabile, necessita che lo utilizzi come prescritto dal suo cardiologo. Altrimenti dica a sua moglie (lì presente, ndr) di recarsi in una farmacia, è molto vicina, e acquistarlo. Dal canto mio non posso andare oltre determinazioni che risalgono all’Asp (Azienda sanitaria provinciale, la suddivisione territoriale in Sicilia non contempla le Asl, viene spiegato, ndr). Obblighi o regole che noi subiamo, non possiamo far altro” continua la cardiologa, che non nasconde la pesantezza dei divieti. Non soltanto sulla persona ferita nel corpo, ma in lei stessa, nella mente e soprattutto nella professione.
«Dottoressa, ci scusi, ma questo medicinale il signore lo acquisisce con la consueta ricetta farmaceutica, versa il ticket e prosit». Risponde il silenzio. Poi, un mezzo sussurro: “Il problema è nel fatto che costa troppo”. Immaginarsi al momento della differenziazione della sanità,  come prevede lo schema della Lega di Salvini, firmato Calderoli.
Un esempio (“brutale”) che conferma i pericoli di sostenibilità finanziaria a livello nazionale e, più effettivamente, senza se e senza ma, di iniquità tra territori.
Segue il ricovero, una notte sotto una coperta invernale, in piena estate in Sicilia. Una notte in bianco, causata dall’assegnazione di un letto a un’anziana signora trasferita anch’essa dal pronto soccorso al reparto di Cardiologia. Parte un concerto di urla, in continuazione, ininterrotto. Lasciamo stare, più opportuno non parlarne.
Mattino, «passa la visita». Anche al paziente ovviamente. Che chiede: «Quella poveretta ha gridato per tutta la notte, credo che nessuno l’abbia sentita visto che non c’è stata la minima assistenza. Eppure urlava a squarciagola».
“Non si tratta di sentire o meno – la risposta d’un infermiere –, il fatto è che manca personale, la notte può capitare che non ci sia nessuno di turno”.
«Ah, le ferie…».
«No, le ferie non c’entrano. Sono gli organici che non rispondono alle esigenze. Quando dico “non c’è personale” denuncio una carenza strutturale, di addetti che mancano a prescindere da qualsiasi stagione dell’anno». «“Non ci sono i fondi”, la risposta quando ne discutiamo con i dirigenti della sanità dell’isola».
La cardiologa: «Il cuore sta a posto, non mostra irrequietezze. Allora può uscire, però mi raccomando nuovamente, non trascuri di assumere i farmaci come ha sempre fatto suppongo».
«Riepilogo: la medicina costa troppo, però abbiamo risolto, la provvista era in casa; mancano addetti, mancano lenzuola, surrogate dalle coperte, chissà quanto e cos’altro si potrebbe aggiungere… Immagino che con l’autonomia differenziata l’attività dell’ospedale peggiorerà sensibilmente».
L’infermiere mostra decisa consapevolezza: “Non voglio proprio pensare a cosa potrebbe accadere. Personalmente nemmeno escludo che l’ospedale chiuda”. «E qualora servisse la sanità?». “Chi ne ha bisogno si trasferirà in Continente, chi e se può. Altro non possiamo”. © RIPRODUZIONE RISERVATA – info@hinterlandweb.pdf