Manifesto per le “amministrative” di Guidonia Montecelio. Manca il simbolo di partito (PD)

di TOMMASO VERGA
ABITUATI AD «ANDARE SOTTO» IN OGNI ELEZIONE. Il Partito democratico. Con il candidato Emanuele Di Silvio, un dipietrista convertito al verbo astorriano, soccombente il 25 giugno 2017 contro l’eletto sindaco grillino Michel Barbet. Stessa sorte per l’indipendente Alberto Cuccuru rappresentante nel 2022 dell’accoppiata Pd-5Stelle (esaurita già al mancato ballottaggio) contro il vincitore Mauro Lombardo, ex Avanguardia nazionale (così dice), su Alfonso Masini, Forza Italia.
Ebbene, benché alla somma dei tempi descritte corrisponda un intero anno (tutto ebbe inizio esattamente il 26 settembre 2021 con la «Carta dei 5 punti» programmatici), nulla risalta aldilà dell’assenza della «materia prima»: la politica. Considerata (Antonio Gramsci li perdoni) sovrastruttura.
Talmente tale che viene da chiedere se sindaco Barbet più sindaco Lombardo – sorretti dal Pd entrambi – abbiano dato contenuto alla voce «governo della città». Esempio: essere riusciti a far versare le imposte arretrate ai padroni delle cave di travertino? Se non (omaggio alla “trasparenza”), a quanto ammontano, a quanto si è arrivati?
Il Pd dà l’impressione di un tale capitato in un luogo sconosciuto, d’un segnale sul ciglio stradale. Del quale si conosce la funzione: fermata dell’autobus. Il quale però si arresta altrove per decisione degli stessi dirigenti del partito. Una sensazione che la consultazione del 26 settembre ha decisamente confermato in tutta la provincia, non solo a nordest di Roma. Quasi ovunque il Pd tocca la terza casella nella classifica del voto. E non vince in nessun luogo. Un disastro preannunciato che ha coinvolto anche il «partito emiliano» di Monterotondo. D’altronde, avrebbe stupito il contrario. Un partito politico che da tempo immemore rifugge la politica, cosa poteva/doveva attendersi al momento dello showdown?

Nicola Zingaretti
PRIMA LE PERSONE
“Le mie dimissioni da segretario del Pd sono servite a dare una scossa: credo non c’è uomo politico che sia stato più severo col Pd e forse qualche schiaffone che ho dato è servito al partito. Il Pd credo sia la forza politica che è più vicina alle persone rispetto a tanti altri che magari fanno i partitini da soli per essere rieletti, ma non perché hanno a cuore le persone”.

Che le cose non filassero nella direzione auspicata doveva averne sensazione (oppure non? tanto fa lo stesso) lo stesso segretario Enrico Letta. Che ha annunciato, durante il commento dei risultati, che non si ricandiderà al prossimo congresso del partito, statutariamente previsto per marzo 2023. Un annuncio (quello del congresso, non della data) che avrebbe dovuto sortire un sospirone di sollievo a fronte delle notizie provenienti dalle urne. E invece… Nessuno sforzo per capire che i cittadini non nutrono grandi speranze nel Pd. Il congresso? Mah. Come dare torto? A Statuto immutato – figurarsi vedere l’effetto che farebbe una nuova regola sul limite di due mandati nelle istituzioni, oppure dell’incompatibilità tra incarichi nelle istituzioni con quelli di partito –, ad altro non servirà che a rafforzare le “correnti” che manovrano quel partito. Un polpettone condito da una spregiudicatezza dei comportamenti corrispondente e funzionale alla supremazia dei signori delle tessere, dei capibastone.
In sostanza, quella «politica» contro la quale Nicola Zingaretti si dimise da segretario del partito: «Nel Pd si parla solo di poltrone» la sintesi. Con lo sguardo rivolto al livello nazionale. Un errore Perché le “cose” peggiori avvengono nel crogiolo di periferia, ambito di non rare inenarrabile nefandezze, più aderenti a manovre proprie di una «scalata» finanziaria che a un partito politico, specie se si definisce “democratico”.
Chissà se il nuovo segretario del Pd si vorrà interessare alle cose delle borgate, delle cittadine, delle frazioni, dei luoghi laddove non ci sono tv, giornali, agenzie a memorizzare… Tutto necessario a rendere «obiettivo politico» il quesito: «Ma il Pd è riformabile?».
Un punto di domanda che richiede un preciso angolo di osservazione. Che non sia carente quanto a numeri. Il che facilita l’indagine. Qui si può approfittare del migliore, a portata di mano, contenente tutti i difetti necessari all’approfondimento richiesto: il Pd di Guidonia Montecelio.

2021/2022 Costruire una giunta 5Stelle-Pd per poi governare con quella “civica” post Msi dichiaratamente avversa ai grillini (tenuti totalmente all’oscuro delle «manovre» del Pd; si vendicheranno in Regione Lazio?)

IL 25 SETTEMBRE  2021 al monocolore 5Stelle  di Guidonia Montecelio vengono aggiunte due assessore – rigorosamente distinte quanto a “correnti” del Pd – e un documento cosiddetto dei 5punti. I grillini governano la Città dell’aria (prossima ai 100mila abitanti, dopo la Capitale la più grande della provincia, la terza del Lazio) dalle elezioni dell’11 giugno 2017, a conclusione del ballottaggio vinto dal 5stelle Michel Barbet contro Emanuele Di Silvio.

Vladimir Luxuria

Un accordo che dura una decina di mesi durante i quali non appaiono differenziazioni e/o divisioni tra i due partiti.
Tanto è vero (almeno per gli osservatori) che si presentano alle recenti «amministrative» del 26 giugno 2022, con un solo candidato sindaco di coalizione espresso dai 5Stelle.
Il risultato non favorisce l’accordo dei progressisti (si definiscono così) mentre premia una lista civica di centrodestra che al ballottaggio prevale sul candidato della coalizione di destra-destra, FdI inclusi. Va ancor peggio per il movimento 5Stelle che non riesce a eleggere nessun rappresentante in Consiglio; tre i consiglieri comunali del Pd.
I toni della campagna elettorale fanno prevedere tutt’altro di quanto accadrà da lì a un paio di settimane. In omaggio alla morale e alla coerenza, lo sconfitto Pd diventa vincitore. Non in virtù del numero dei voti (naturalmente…), quanto per la stipula di un accordo con il sindaco “civico” (Mauro Lombardo, già vicesindaco di Guidonia Montecelio con Alleanza nazionale, celebre per il lancio di finocchi a fine marzo 2006 durante un comizio di Vladimir Luxuria per Rifondazione comunista).
Altro effetto, il Pd ottiene un assessore nella giunta “civica” (nella persona del candidato sindaco 5s-Pd non eletto), mentre invece i 5stelle non vengono neppure messi al corrente di quanto messo in pratica dall’alleato Pd. Registi dell’operazione Bruno Astorre e Marco Vincenzi, Pd, presidente del Consiglio regionale del Lazio. Il quale comunque non ne trarrà l’auspicato vantaggio quanto a voti nelle «politiche» così come la giunta Civici-Pd speranzosa, suo tramite, di ottenere qualche contributo (?) dal governo nazionale per la città. © RIPRODUZIONE RISERVATA