di SALVATORE PARADISO
I 18 MILIONI «TEDESCHI-COLLEFIORITO» non usciranno dalle casse cittadine. Dopo il TAR, anche il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Guidonia Montecelio, nonostante i riti non propiziatori che ad aprile d’un anno fa convinsero i rappresentanti dell’allora opposizione e dell’odierna maggioranza a ricorrere ai bastoni tra le ruote contro la delibera salva-Comune.
Infatti, con la sentenza numero 01154/2023 pubblicata il 2 febbraio 2023, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha messo la parola “fine” alla vicenda del maxirisarcimento da 18 milioni richiesto dagli eredi di Francesco Tedeschi a titolo di risarcimento per la costruzione dei palazzi ex IACP a Collefiorito. Risarcimento che avrebbe portato al default definitivo dell’Ente comunale, già scampato nel 2017 al gigantesco buco in bilancio lasciato dall’amministrazione di centrodestra.
Il Consiglio di Stato era stato chiamato in causa all’indomani di una sentenza del TAR che aveva visto soccombere ugualmente i ricorrenti con le stesse motivazioni, successivamente alla delibera numero 15 del Consiglio comunale, risalente ad aprile 2022, con la quale l’assise dava mandato alla dirigente dell’Urbanistica Cristina Zizzari di concludere il procedimento di acquisizione delle aree in contestazione senza dover pagare l’imponente rimborso, facendo un generico rimando al tribunale civile per stabilire la congruità di quanto già versato.
Il concetto fondamentale, completamente smontato da Consiglio comunale, dirigente, TAR e CdS, sul quale si fondava il ricorso degli eredi Tedeschi, era che l’architetto Pier Paolo Balbo, nominato Commissario ad acta dal TAR per concludere il procedimento, avrebbe avuto completa ed esclusiva competenza per fare una ricognizione nel bilancio comunale, raccogliere i 18 milioni, fare un debito fuori bilancio e pagare i ricorrenti. E ammazzare così le finanze del comune.
Dopo un paio di mesi di studio delle carte, alcune vecchie anche di quarant’anni, la convinzione del Comune era ben altra, in quanto i poteri del Commissario potevano benissimo essere espletati anche dal Comune stesso, ma alle regole che credeva più vantaggiose per l’ente. Ecco quindi che la richiesta plurimilionaria scaturita da una perizia di parte, perde quei canoni di dogma giuridico immodificabile, e visti i pagamenti per circa 1,3 milioni già versati dal Comune tra il 2007 e il 2010, l’unica cosa che manca è quella di iscrivere ufficialmente quei terreni nei beni del Comune, a costo zero.
Una tesi decisamente coraggiosa ma suffragata da un’abbondante dose di giurisprudenza, che mise comunque d’accordo ad aprile scorso su una linea unica le bollenti anime di Avvocatura, Urbanistica e parte politica in scadenza di mandato. Linea unica che viste le sentenze di TAR e Consiglio di Stato era quella giusta per difendere l’amministrazione. E a questo punto dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, definitiva.
In caso si fossero dovuti mettere in pagamento i 18 milioni, il Comune sarebbe andato sicuramente in dissesto, contraendo un debito fuori bilancio insostenibile per le casse di un ente che ancora oggi fatica a riprendersi dal crack targato Rubeis & Co. Traduzione, zero fondi per strade, sociale, cultura e molto altro per chissà quanti anni ancora. In vista di un simile pericolo, ci si aspettava che le forze politiche si compattassero contro la minaccia incombente, prendendo le giuste responsabilità di alzare la mano per un atto pericoloso e difficile e salvino la città. Invece no.
Da come si legge nella delibera di consiglio n.ro 15/22, tutto il Consiglio fu teatro di campagna elettorale volta a denigrare l’amministrazione in carica appellandosi ad inconsistenti vizi di forma del provvedimento e a cercare di far ritirare la proposta di delibera che nei fatti, ha salvato Guidonia Montecelio dal dissesto.
Memorabili le dichiarazioni delle allora consigliere di opposizione come l’attuale vicesindaco Paola De Dominicis, all’epoca già transitata nel Polo Civico, di Arianna Cacioni con la casacca in quel momento di Forza Italia, e di Giovanna Ammaturo di Fratelli d’Italia, per le quali era necessario ritirare il provvedimento in quanto sarebbe stato un atto nullo per presunti e inesistenti vizi contrattuali della dirigente che avrebbe dovuto poi compiere gli atti.
A corredo degli dichiarazioni in consiglio, anche il tentativo di bloccare l’iter della delibera con una lettera firmata dalle suddette De Dominicis, Cacioni e Ammaturo alle quali si unirono Tommaso Carnevali (Biplano) e Alessandra Ferri (Polo Civico) nella quale si invitavano tutti i consiglieri ad arrendersi all’evidenza della necessità di abbassare le armi, ritirare il provvedimento, e (in sostanza) sborsare i quattrini.
Il documento, ovviamente, non venne preso in considerazione e il provvedimento principale fu votato all’unanimità dei presenti ad eccezione di un astenuto e i consiglieri firmatari della lettera dileguati chissà dove. Comunque accompagnati dai consiglieri Emanuele Di Silvio e Simone Guglielmo, del Partito democratico. © RIPRODUZIONE RISERVATA – info@hinterlandweb.it