STAZIONE GUIDONIA-COLLEFIORITO DEL ROMA-PESCARA. Opere al “via”. Due i temi prioritari, necessari per la ripresa dell’attività del cantiere di Guidonia-Collefiorito. Temi che sono stati resi noti il 19 marzo, una settimana fa, tramite annuncio legale sulla stampa, sottoscritto da Rfi (Rete ferroviaria italiana SpA). Tentando di interpretare, quello più funzionale al raggiungimento dell’obiettivo, par di capire è l’esecuzione degli espropri a Guidonia Montecelio, nel tratto di via Roma, all’ingresso nella città subito dopo la via Longarina.
«Dall’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio – si legge – e/o asservimento delle aree occorrenti per la realizzazione dell’intervento, alla Dichiarazione di pubblica utilità dell’Opera».
Oggetto dell’intero annuncio, la realizzazione della stazione di Guidonia-Collefiorito, servizio essenziale della futura attività del mezzo di trasporto nello scacchiere del tratto ferroviario (alta velocità/alta capacità sul binario raddoppiato) della Roma-Pescara.

L’attuale servizio ferroviario a Guidonia Montecelio-Collefiorito

I VANTAGGI. Incremento della capacità (da 4 a 10 treni/h) con prolungamento da Lunghezza a Guidonia del servizio metropolitano con cadenzamento a 15′.
Miglioramento della regolarità della circolazione e ottimizzazione della gestione dei rotabili, grazie all’incremento del numero di binari per la sosta con la nuova località di Guidonia Collefiorito con eliminazione degli invii attualmente programmati.
Miglioramento dell’accessibilità grazie ad interventi di viabilità, all’eliminazione dei PL e alla realizzazione di parcheggi di interscambio a Guidonia Collefiorito ed a Bagni di Tivoli, l’installazione delle barriere antirumore e l’eliminazione dei passaggi a livello presenti sulla tratta.
Per il completamento dell’opera è stato nominato commissario straordinario di governo Vincenzo Macello.

I TRENI ENTRO IL 2014. Alla ricerca dei precedenti ci si imbatte in un appuntamento del 12 febbraio 2011, allorché la destra si riunisce nella «Tenuta Sant’Antonio», inizio via Roma, ingresso Guidonia città. Presenti, il futuro presidente della Commissione europea Antonio Tajani, l’assessore ai Trasporti della Regione Lazio Francesco Lollobrigida, Eligio Rubeis e Sandro Gallotti, sindaci di Guidonia Montecelio e Tivoli. Si parla di costi: 150 milioni di euro, di un’utenza di circa 350 mila persone, lavori che dovrebbero concludersi entro il 2014.
Attestamento che non va a buon fine. Nuova data: 19 febbraio 2015. Scadenza sottolineata (ancora) dal solo Eligio Rubeis: «Mancano solo due anni al 2017 – il vaticinio di Rubeis –, data nuova ed ultima fissata per arrivare ad avere il completamento di altri 11 chilometri di nuovi binari. L’eliminazione di cinque passaggi a livello con la costruzione dei relativi sottopassi e la costruzione della nuova stazione in località Collefiorito, con grande parcheggio annesso».

Come Giorgia Meloni gestisce i fondi dello Stato mentre Matteo Salvini li investe

RIEPILOGANDO LA STORIA amministrativo-politica recente, la ferrovia Roma-Pescara trova il patrocinio iniziale nel governo di Mario Draghi, che approva, a metà aprile 2021, lo sblocco di 720 milioni € per il raddoppio dei binari.
Stanziamento che Giorgia Meloni cancella, per mano di Matteo Salvini, che li utilizza a luglio 2023 per sostenere i cantieri del Nord: «sono più veloci» sostiene il ministro della Lega. Che poi ci ripensa e decide che quei milioni servono per costruire il Ponte sullo Stretto (che, a suo dire – citazione de Il Sole 24Ore, 29 agosto 2022 –: «verrà finanziato interamente da privati», infatti…).
Individuati gli scopi dichiarati da presidente del Consiglio e vice, polemica a parte, tolto lo start-up di Draghi, di quei soldi non resta altro che chiedere a cosa servissero effettivamente, se, a beneplacito di ciascuno dei due politici, potevano gironzolare da un capitolo all’altro del bilancio dello Stato.
Perché il modello di governo di questa destra non chiarisce né il ping-pong salviniano né l’altro meloniano. Si apprende soltanto che la presidente del Consiglio li ha rimediati-recuperati miracolosamente il 29 febbraio 2024 (sottraendoli alle regioni Sicilia-Calabria?), una settimana prima del voto per il Consiglio regionale d’Abruzzo e per la giunta presieduta da Marco Marsilio.
Il quale, dal 2028 (salvo sorprese: di negative il raddoppio del binario di questa ferrovia ne ha subite a iosa) potrà scendere a Roma in ferrovia la sera e ritornare la mattina successiva con lo stesso sistema a Pescara (nuova sede della Regione) evitando auto e autista di servizio come successo finora.

Da sottolineare la tipicità del rapporto della Meloni con i soldi. Specie di quelli indirizzati verso confini extra-nazionali (Albania, NordAfrica, eccetera), stracolmi di aspetti contraddittori piegati a «ragioni di rappresentanza».

Giorgia Meloni con Fabio Rampelli al Colle Oppio

La più evidente manovra in proposito riguarda Fattat Al-Sisi. Al presidente egiziano sono stati versati 7,4 miliardi di dollari ignorando ogni precedente esperienza con il nostro Paese.
Profondamente turbato, in particolare, dall’omicidio di Giulio Regeni, al cui processo i presunti assassini d’Egitto evitano rigorosamente di prendere parte. Alla prossima udienza la controprova: Giorgia Meloni ha convinto o meno Al-Sisi a disporre che i suoi concittadini sottostiano ai giudici italiani?
L’eurodisinvoltura di Giorgia Meloni riporta il pensiero al MSI di Giorgio Almirante e di Junio Valerio Borghese (rispettivamente segretario e presidente del partito), che insieme ai monarchici di Alfredo Covelli (o di Achille Lauro), per rimediare qualche voto non aveva esitazioni a fornire quando non lire pacchi di viveri (Lauro addirittura una scarpa antevoto e dopo l’altra).
Non dev’essere dimenticato che la sezione del Colle Oppio, costituiva il covo dei ben conosciuti missini addetti alle provocazioni contro Cgil e Cisl (ed anche Radio Città Futura). Le sedi dei due sindacati (a piazza Vittorio il primo, il secondo in via Ludovico Muratori) venivano ripetutamente sfregiate con l’affissione sui portoni dei manifesti con la fiamma.
La protesta contro costoro non otteneva esito per il semplice motivo che i neofascisti aspettavano la reazione con il solo obiettivo di menare le mani, funzione per la quale i sindacalisti non erano per nulla preparati. Per cui i manifesti venivano strappati via dopo che i provocatori se n’erano andati.  © RIPRODUZIONE RISERVATA info@hinterlandweb