L'avvio del procedimento penale E' UN PROCESSO ANCHE ALLA REGIONE LAZIO E POTREBBE/DOVREBBE essere proprio il dibattimento che verrà a sciogliere alcuni nodi che non appaiono compresi nell'espressione rituale - il "rinvio a giudizio" - propria del procedimento. Nella quale non si ritrovano nomi e persone degli uffici competenti della Regione Lazio. In sostanza: già il 2 agosto del 2010 alla prima "conferenza dei servizi" preliminare al rilascio dell'Aia, non partecipava la Sovrintendenza ai beni paesaggistici. Perché nessuna l'aveva convocata nonostante l'obbligatorietà della presenza al "tavolo". Un obbligo seccamente confermato dalla Corte di cassazione, intervenuta nella vicenda proprio a seguito del ricorso di uno degli imputati odierni, Francesco Zadotti. ll quale (unitamente ad Isabella Stolfi) s'era appellato contro il sequestro disposto il 30 luglio 2014 dal gip del tribunale di Tivoli ed eseguito dal Corpo forestale dello Stato, dell’area di “proprietà della Colari Ambiente Guidonia srl”, sulla quale l’Edil Moter stava realizzando il Tmb, “modificando l'originario assetto dei luoghi, sottoposti a vincolo paesaggistico in difetto di valido titolo abilitativo”. Sul ricorso contrario alla decisione, il 23 settembre di quell'anno tribunale del riesame aveva dato ragione alle aziende, le quali  avevano “incolpevolmente fatto affidamento sulla legittimità del provvedimento abilitativo, emesso dalla Regione, la cui illegittimità non appariva, ad avviso del decidente, di immediata evidenza, trattandosi di un profilo attinente all'iter amministrativo autorizzatorio, non facilmente conoscibile da parte dei soggetti estranei alla Pubblica Amministrazione, così da escludere l'elemento soggettivo dei reati ipotizzati”. Effetto, “restituzione dei beni sequestrati”. Completamente avverso l'orientamento della Cassazione, che ha ritenuto"macroscopica omissione" il mancato invito della Regione Lazio nei confronti della "Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, unico organo deputato ad emettere il parere finale". Di qui, nuovo sequestro del Tmb, il 7 aprile scorso. Come detto, restano alcuni interrogativi: perché la Pisana ha deciso - ripetutamente - di ignorare la Sovrintendenza? Chi è responsabile di quanto accaduto? Chi ha ideato e realizzato la "macroscopica omissione"? Le risposte al procedimento.

Quando prese il via il procedimento penale…
E’ UN PROCESSO ANCHE ALLA REGIONE LAZIO: CHI E PERCHE’ HA IGNORATO LA SOVRINTENDENZA?
E POTREBBE/DOVREBBE essere proprio il dibattimento che verrà a sciogliere alcuni nodi che non appaiono compresi nell’espressione rituale – il “rinvio a giudizio” – propria del procedimento. Nella quale non si ritrovano nomi e persone degli uffici competenti della Regione Lazio. Tutto ebbe inizio il 2 agosto del 2010 con la prima “conferenza dei servizi” preliminare al rilascio dell’Aia, alla quale non partecipò la Sovrintendenza ai beni paesaggistici. Perché nessuna l’aveva convocata nonostante l’obbligatorietà della presenza al “tavolo”. Un obbligo seccamente confermato dalla Corte di cassazione, intervenuta nella vicenda proprio a seguito del ricorso di uno degli indagati odierni, Francesco Zadotti.
ll quale (unitamente ad Isabella Stolfi) s’era appellato contro il sequestro disposto il 30 luglio 2014 dal gip del tribunale di Tivoli ed eseguito dal Corpo forestale dello Stato, dell’area di “proprietà della Colari Ambiente Guidonia srl”, sulla quale l’Edil Moter stava realizzando l’impianto di trattamento, “modificando l’originario assetto dei luoghi, sottoposti a vincolo paesaggistico in difetto di valido titolo abilitativo”. Sul ricorso contrario al provvedimento, il 23 settembre di quell’anno il tribunale del riesame aveva dato ragione alle aziende, le quali  avevano “incolpevolmente fatto affidamento sulla legittimità del provvedimento abilitativo, emesso dalla Regione, la cui illegittimità non appariva, ad avviso del decidente, di immediata evidenza, trattandosi di un profilo attinente all’iter amministrativo autorizzatorio, non facilmente conoscibile da parte dei soggetti estranei alla Pubblica Amministrazione, così da escludere l’elemento soggettivo dei reati ipotizzati”. Effetto, “restituzione dei beni sequestrati”.
Completamente avverso l’orientamento della Cassazione, che ha ritenuto “macroscopica omissione” il mancato invito della Regione Lazio alla “Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, unico organo deputato ad emettere il parere finale”. Di qui, nuovo sequestro del Tmb, il 7 aprile scorso.
Come detto, restano alcuni interrogativi: perché la Pisana ha deciso – ripetutamente – di ignorare la Sovrintendenza? Chi è responsabile di quanto accaduto? Chi ha ideato e realizzato la “macroscopica omissione”? Le risposte, ci si augura, dal dibattimento.

FINALMENTE si avrà un responso: i permessi di costruzione dell’impianto per il Tmb (trattamento meccanico-biologico dei rifiuti) sono o meno rispettosi della normativa? La legge consentiva alla Regione Lazio di rilasciare l’Aia (autorizzazione integrata ambientale) priva del nulla-osta della Sovrintendenza ai beni paesaggistici alle società del “gruppo Cerroni”? era conforme la “determinazione Dirigenziale Regionale del 2/8/2010 n. 1869”? Secondo il pubblico ministero Stefania Stefania “no”, la Pisana non poteva. Proprio per l’assenza dell’atto. Mai richiesto. Nonostante fosse obbligatorio. Il che delegittima tutte le “conferenze di servizio” successive al 2010, anno di inizio della procedura che ha consentito la costruzione, ormai definitiva e pronta all’uso – persino “testato” il funzionamento -, della struttura che campeggia all’Inviolata.

Conseguenza, rinvio a giudizio e procedimento penale a carico di quattro persone: Monica Cerroni, figlia di Manlio, magnate dei rifiuti; Isabella Stolfi, 52enne, di Guidonia, responsabile della “Edil Moter srl” (la ditta costruttrice del Tmb), notoriamente gestita dal consorte Mauro Ceci; Francesco Zadotti, 68 anni, l’esperto di fiducia di Cerroni senior nonché amministratore della “Colari Ambiente Guidonia”, la srl proprietaria e titolare dell’Aia, rilasciata, appunto, il 2 agosto 2010 dalla Regione Lazio. Prima udienza fissata presso il tribunale di Tivoli, il 18 luglio.

Non v’è dubbio che a sostegno dell’azione penale del pm Stefania Stefania – la richiesta di rinvio a giudizio è stata accolta dal gip –, abbia avuto un ruolo determinante la sentenza della Corte di cassazione del 4 marzo 2015, la quale accogliendo il ricorso del gip di Tivoli, nelle motivazioni ha sentenziato che proprio il mancato nulla osta della Sovrintendenza costituiva valida ragione del sequestro del Tmb il 30 luglio 2014 (il primo, dopo quella data, è seguito il secondo, il 7 aprile 2015). Di qui, la responsabilità di proprietari, progettisti ed esecutori, tutti rinviati a giudizio.