Il tribunale da una parte ha dichiarato inapplicabile al monopolio delle acque sulfuree del Comune di Tivoli, la normativa europea, di rango costituzionale, in tema di libera concorrenza, in virtù di una successiva legge nazionale; dall’altra, ha rigettato l’eccezione di nullità del nuovo contratto di subconcessione in favore della società Acque Albule, per essere stato deliberato dalla giunta e non dal Consiglio comunale. I «condannati» ricorreranno in appello

di TOMMASO VERGA
I «LAGHETTI DEL BARCO» TORNANO FUORILEGGE. A deciderlo, la sentenza del tribunale di Tivoli discendente da una richiesta di risarcimento del danno causato alla «Acque Albule spa» dall’attività, appunto, dei «laghetti del Barco». Nel provvedimento viene «ordinata (…) l’immediata cessazione (…) dell’attività di balneazione e comunque di qualunque altra attività che comporti lo sfruttamento abusivo delle acque che affiorano in superficie»».
A seguire, le cifre da sborsare. Il «risarcimento in favore della Acque Albule spa del danno – si legge nella sentenza – che liquida in euro 720.434, oltre interessi legali sugli importi anno per anno maturati; al pagamento in favore di parte attrice delle spese di lite che liquida in € 1.493,0 per esborsi e in € 27.804,00 per compensi, oltre il 15% di rimborso spese forfettarie e IVA e CPA come per legge». A corollario, le spese di CTU definitivamente a carico delle convenute.
La sentenza è del 7 luglio. Per effetto della quale, a “Bambù”, “Eden”, “Parco Tivoli”, “H2SO a r.l.” e “La Siesta”, si proibisce ogni utilizzo dell’acqua solfurea. A denunciare – la causa risale al 2012 –, la «spa Acque Albule» nella persona dell’amministratore delegato Bartolomeo Terranova, il ragioniere di Tor Lupara forte del «titolo» di subconcessionario in esclusiva delle acque termali del Comune di Tivoli; il figlio Stefano è direttore generale della spa, una società di proprietà pubblica per il 60 per cento del pacchetto azionario.
E’ quell’«esclusiva» – come altre volte davanti ai diversi tribunali – ad aver deteminato l’orientamento della giudice Francesca Coccoli. Perché non sono state riconosciute valide le obiezioni di associazioni e società, relative agli effetti dipendenti da quell’attribuzione.
 A cominciare dalla delimitazione delle terme Acque Albule: qual è, esattamente, il perimetro delle terme, lo spazio fisico occupato? quale disturbo risulta all’approvvigionamento dell’acqua solfurea tenuto conto che i «laghetti del Barco» distano 10 chilometri dalle sorgenti che alimentano la «spa», «Regina» e «Colonnelle»: come potrebbero interferire nell’adduzione? Oltretutto, alcuni impianti del Barco utilizzano l’acqua sorgiva – lo «polle» appunto – proveniente direttamente dal sottosuolo: cosa c’entra quindi l’azienda amministrata dai Terranova?
L’elenco delle eccezioni:
 01) il difetto di prova, da parte della società attrice, degli esatti limiti territoriali della concessione;
 02) la distanza delle polle di acqua presenti sui propri terreni superiore a tre chilometri dalla falda delle Acque Albule s.p.a. e la conseguente mancata inclusione nel perimetro della concessione di sfruttamento delle acque termali affidata in via esclusiva alla società attrice;
 03) la composizione chimica delle acque, sgorganti spontaneamente dalle polle situate a valle della risorsa mineraria e dello stabilimento termale (che non ne possono essere pertanto in alcun modo danneggiati), differente rispetto a quella delle acque oggetto di concessione;
 04) il mancato svolgimento da parte delle associazioni convenute di attività di balneazione, offrendo le stesse esclusivamente attività ludico ricreativa di abluzione in favore dei propri soci, non costituente utilizzo della risorsa mineraria con conseguente diminuzione o esaurimento della medesima.

In termini di proventi, quanto costerà al Comune di Tivoli (e alla comunità di Tivoli), la chiusura delle attività? in alternativa, quanto dovranno sborsare le famiglie ricorrendo alle Acque Albule propriamente dette, corrispondendo ticket sostanzialmente doppi rispetto a quelli dei «laghetti del Barco»?
Va considerato che i Terranova hanno chiesto il risarcimento del «danno patito dalle Acque Albule s.p.a. prudenzialmente quantificato relativamente all’ultimo quinquennio in Euro 5.000.000,00 ovvero in altra maggiore o minore somma quantificata nel corso del giudizio». Se si considera, come detto, che l’inizio del procedimento risale al 2012, per ogni anno di «concorrenza» la spa avrebbe rimesso 625mila euro. Che comunque assai difficilmente verranno recuperati a seguito della sentenza. Alla pari delle imposte del Comune di Tivoli, dei salari corrisposti al personale dei «laghetti del Barco», così come i consumi, anche alimentari.
La sintesi del provvedimento – comunque non definitivo – propone inevitabilmente la questione centrale: può essere assegnata a un soggetto privato la gestione di una risorsa pubblica come l’acqua? Quale convenienza, cosa consiglia il ricorso all’«esclusiva»? Fino alla domanda delle 100 pistole: come difendere oggi un monopolio – quello del Comune di Tivoli – considerando che sono venuti a cadere i tramezzi ideologici (pubblico-privato) che a suo tempo intendevano giustificare persino la fabbricazione dei panettoni statali?
Certo è che per pervenire a tale risultato, il tribunale ha dovuto superare due grossi scogli. Da una parte ha dichiarato inapplicabile al monopolio delle acque sulfuree del Comune tiburtino la normativa europea, di rango costituzionale, in tema di libera concorrenza, in virtù di una successiva legge nazionale, di rango inferiore, “interpretativa”, che vanifica la stessa normativa in funzione della prevalente esigenza di tutela di interessi pubblici generali (che nel caso in esame non si comprende quali siano, trattandosi di interessi economici di una società commerciale), senza spiegare il perché il concessionario pubblico Comune di Tivoli non possa attuare la stessa tutela anche a mezzo di più subconcessionari in concorrenza tra loro, con notevole beneficio per la clientela); dall’altra ha rigettato l’eccezione di nullità del nuovo contratto di subconcessione in favore della società Acque Albule, per essere stata lo stesso deliberato dalla giunta e non dal competente consiglio comunale –  così come sostenuto da “Bambù”, “Eden”, “Parco Tivoli”, “H2SO a r.l.” e “La Siesta” –, sostenendo che la competenza di quest’ultimo sarebbe esclusa dall’art. 42, lettera E del Tuel (il Testo unico enti locali (Dlgs 247 / 2000) senza considerare che lo stesso articolo, alla lettera L) prevede esplicitamente la competenza esclusiva del Consiglio comunale anche per «acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari».
Ancor meno si comprende l’esclusione di tale competenza per il semplice rinnovo della subconcessione, che comunque costituisce una nuova subconcessione, essendo scaduta e non più attuale la precedente e non essendo stato pattuito alcun rinnovo automatico.
«I condannati» proporranno appello: passerà molto tempo prima della conclusione della vicenda.