Attilio Placanica, il cardiologo interventista di Emodinamica a Tivoli

di TOMMASO VERGA
UN INFARTO A 39 ANNI: di per sé un evento angoscioso, si immagini inoltre per l’età. Poi, all’«esame della coronarografia, le arterie del cuore si sono presentate gravemente compromesse da un’occlusione completa della cosiddetta “arteria della vita”». In sostanza, un quadro drammatico. Protagonisti, una giovane donna, soccorsa d’urgenza a Tivoli il 28 gennaio, Attilio Placanica, il medico emodinamista autore dell’intervento, ma anche Antonino Granatelli, il primario di un reparto che sta conoscendo una vera e propria «rinascita».
– Intanto, vorrei iscrivere l’accaduto nei fatti della «buona sanità». Esempi dei quali c’è veramente bisogno. Ci dice com’è andata?
«Condivido l’attribuzione. Anche perché si è trattato di un caso veramente difficile, un quadro coronarico disastroso, compatibile con patologie ancora poco conosciute, che hanno provocato l’occlusione di tutte le arterie del cuore. Ho dovuto fare angioplastica più volte perché le arterie si chiudevano in più punti in tempi diversi. La soddisfazione per averla salvata»: a narrare le fasi che hanno preceduto l’intervento è Attilio Placanica, il cardiologo interventista di Emodinamica a Tivoli.
La cronaca inizia nella mattinata di martedì, una settimana fa, subito dopo aver accompagnato i bambini a scuola, la donna viene condotta d’urgenza al pronto soccorso del «San Giovanni Evangelista», l’ospedale cittadino: malore, forti dolori al torace, senso di svenimento. Immediata la diagnosi della dottoressa Natalia Raintroph del ps: «infarto miocardico acuto anteriore esteso».
«La collega mi ha subito interpellato – dice Attilio Placanica –. Dopo aver confermato la diagnosi, ho attivato la sala di Cardiologia interventistica. In dieci minuti è stato allertato lo staff di Emodinamica – con l’ausilio dei medici Luigi Lucisano e Stefano Santoboni, e dei «formidabili» infermieri –. Era necessario eseguire una coronarografia urgente sulla giovane, seguita dall’intervento di angioplastica coronarica primaria. Grazie alla celerità dell’equipe, nello stesso tempo la paziente si è trovata in sala, pronta per essere sottoposta all’esame coronarografico. Che, ribadisco – sottolinea l’emodinamista –, ha messo in evidenza un quadro drammatico. Infatti le arterie del cuore erano gravemente compromesse e soprattutto con una occlusione completa dell’arteria discendente anteriore (la cosiddetta “arteria della vita”). Una condizione che blocca completamente il passaggio di sangue e quindi il cuore, privo delle sostanze nutrienti e di ossigeno, va incontro a necrosi. La paziente è stata subito sottoposta ad angioplastica coronarica (ricanalizzazione dell’arteria) con impianto di stent. Il che ha prodotto un pronto ripristino del flusso di sangue ed una graduale risoluzione dei sintomi/segni che accompagnano l’infarto».

Le arterie della donna dopo l’infarto, completamente ostruite al momento del ricovero; a destra, le arterie «liberate»

– Finita molto bene quindi…
«Non del tutto, almeno in quel momento – risponde Attilio Placanica –. Perché, imprevisto, nella stessa serata del 28, il disagio si è riproposto, in quanto l’aspetto delle arterie si presentava in forme assai singolari, con restringimenti diffusi (stenosi), apparentemente determinati da uno spasmo, una spiccata reazione vasomotoria delle coronarie stesse. Così, dopo aver eseguito una ulteriore coronarografia di controllo, abbiamo ricondotto la giovane in Emodinamica d’urgenza per l’occlusione di un’altra delle arterie coronariche. Così l’abbiamo salvata una seconda volta. Ora è possibile farle i migliori auguri».