RISPETTO e affetto. Un’atmosfera desueta per i tempi che corrono. Così il Cittadino ha celebrato i 30 anni di vita. Per un periodico locale, che scelse sin dalla nascita di far perno su Tivoli, trent’anni sono tanti, un’enormità. Ancor più se si riflette sul circoscritto ambito teritoriale. Eppure…

L'L'intervento di Giuseppe Proietti nell'incontro per i 30 anni del 'Cittadino' (foto di Paola Aucelli);

L’intervento di Giuseppe Proietti nell’incontro per i 30 anni del ‘Cittadino’ (foto di Paola Aucelli)

Venato di sentimenti profondi, il fardello della rievocazione “professionale” – meccanismi, formazione e provenienza degli articoli, menabò, composizione e impaginazione (in piombo), lo scoop dell’intervista ad Andrei Tarkovsky, “dissidente ieri, probabile antiputiniano oggi” – se l’è assunto Roberto Mostarda, nel 1984 direttore responsabile per caso, qualifica tramutatasi in pour cause negli anni appresso (all’epoca, la norma per ogni avventura analoga).
Alla conduzione dell’incontro, il 12 dicembre, alle Scuderie estensi, Anna Laura Consalvi. Fabrizio Garofoli, ha rievocato la “linea di centro” del periodico, in competizione con altre testate di diverso orientamento; il rappresentante dell’Uspi (Unione stampa periodica, il “sindacato” dei piccoli editori), ha illustrato, ricorrendo anche a statistiche dettagliate, quanto sia importante nel Paese il ruolo svolto e la peculiarità dell’informazione locale rispetto alla grande stampa. A concludere, uno spaccato tra “tradizionale” e new media, l’informazione su carta-l’informazione sul web.
In apertura, l’introduzione di un emozionato Alessandro, curatore del Cittadino dopo la morte del padre, il fondatore Lino Piervenanzi. La cui presenza è risultata costante, immateriale comunque fisica quasi, tanti i riferimenti alla persona e all’opera. Con una sottolineatura apparsa molto particolare: il Cittadino continua a essere presente nelle edicole perché è la “famiglia Piervenanzi” a volerlo e a sostenerlo. La “famiglia”.
All’estremo oriente del continente, proprio in questi giorni, i giornalisti che s’oppongono ai metodi del governo conoscono le manette e il carcere. Localmente, il candidato eletto primo cittadino della comunità tiburtina sceglie contenuti fuori luogo accompagnati da toni sgradevoli per criticare gli articoli del festeggiato (“un’opposizione preconcetta, al servizio di un partito contrario alla mia giunta”). Ovviamente un’iperbole, nessun accostamento tra Tayyip Erdogan e Giuseppe Proietti. Però non fuorviante. Perché tradisce il fastidio che provano gli uomini di potere quando soggetti a critiche. Non ci si immaginava che il sindaco giunto a Palazzo San Bernardino sull’onda della rivolta popolare contro i predecessori, ne imitasse un tratto distintivo, l’insofferenza per la libera stampa. E’ accaduto. Nel luogo e nel momento poi in cui si suonava e ascoltava tutt’altra musica. Sulla quale si spera non adombri il ricordo dell’unico rumore stonato.