Il Consiglio comunale (ex) di Guidonia Montecelio

Il Consiglio comunale (ex) di Guidonia Montecelio

di TOMMASO VERGA

TORNA IL tempo dei giudici. Per affrancarsi dalle malefatte, la politica ricorre ai magistrati. Nuovamente. E un po’ dappertutto. L’ennesima viene da Taranto, dove, per occupare lo scranno del sindaco uscente, Ippazio Stefano, giunto al termine del doppio mandato, si sfideranno anche due magistrati. Entrambi in pensione.

Un fatto da decenni in discussione quello delle toghe in politica. Che torna d’attualità in vista delle elezioni (non solo di giugno) e proprio nel momento in cui il Csm (Consiglio superiore della magistratura) e oggi il Senato discutono se la scelta priva di vincoli e limitazioni sia compatibile o meno con la permanenza in ruolo (da sottolineare: benché non si frequentino più le aule del tribunale, sono assicurati comunque promozioni e quant’altro). Un “salto”, temporale ma dai connotati decisivi, che investe questioni di carattere non formale. Cosa succederebbe se un sindaco-magistrato si trovasse e dover decidere in un senso o nell’altro su aspetti controversi, tutti propri di chi l’ha preceduto, personalmente e/o per sintonia politica?

Un interrogativo che investe direttamente Guidonia Montecelio. Dove, anziché ricorrere all’”ego absolvo” del confessore, la destra intende candidare Bruno Ferraro, magistrato in pensione. Eligio Rubeis, il predecessore, non gradisce. Scontato il commento volgare. Ma oltremodo erroneo. Perché l’ex sindaco berlusconiano, attivissimo nonostante le disavventure giudiziarie, punta all’accordo con Fratelli d’Italia, anche disponibile a rinunciare al candidato del partito d’appartenenza. Perderà, ma solo così godrà del ristoro di eleggere almeno un fedelissimo e il nipote. Al momento, unico suo obiettivo.

Bruno Ferraro, ex presidente del tribunale di Tivoli, dunque. Se scioglierà la riserva e accetterà la candidatura, potrebbe spuntarla? Simulando il risultato positivo, si prova a esaminare come si muoverà dal giorno successivo all’ingresso in municipio. L’elenco è già noto: inizia dal riuscire a governare sotto il peso dei 45 milioni di “buco” delle finanze comunali, attraversa le proteste delle famiglie contro l’aumento delle imposte locali (l’esborso per la mensa è “semplicemente” raddoppiato, gli effetti potrebbero risultare devastanti compreso il rischio dell’abbandono scolastico), si conclude con la normale amministrazione. Ovviamente, valido per chiunque venga eletto. Almeno sin qui.

Bruno Ferraro

Bruno Ferraro, ex presidente del tribunale di Tivoli

Il tratto si distingue quando, a fronte di tali problemi, sul versante “interno”  l’ex magistrato troverà un meccanismo ingovernabile, regolato dagli autori del disastro, i quali – salvo “provvedimenti restrittivi” dei suoi ex colleghi del tribunale di Tivoli – diventeranno i principali collaboratori: i dirigenti del Comune. Quasi tutti “impicciati”, a livelli di gravità differenti, con affari di giustizia (Angelo De Paolis, Gilberto Pucci, Giovanna Recchia, Corrado Cardoni, Gerardo Argentino). E i maggiori dichiaratamente fedelissimi dell’ex sindaco Rubeis, divenuti “capi” attraverso un concorso-non concorso (cfr.: Tar del Lazio, sentenza del 13 aprile 2016: “nella fattispecie in esame ricorrono una serie di indici tali da far ritenere che (a Guidonia Montecelio, ndr) non si sia trattato, più propriamente, di una procedura concorsuale”).

Fuor di metafora, è un fatto che Bruno Ferraro con costoro dovrà conciliare la “buona amministrazione” con la comune appartenenza politica. Ruvido? Meglio “vicinanza”? Non altrimenti si definisce un trend che segnala la “carriera” post-professionale del giudice iniziata con la nomina ad amministratore unico di “Tivoli Forma”, 2012, espressa da Sandro Gallotti, il sindaco tiburtino di Fi. E che vorrebbe – auspice il mentore corrispondente al nome di Adriano Palozzi, segretario provinciale di Forza Italia –, proseguire oggi a Guidonia Montecelio (perché, si motiva, chissà perché, ex presidente del tribunale di Tivoli), dopo il fallimento di un anno fa a Marino (perché ex presidente del tribunale di Velletri). D’altronde è comunemente noto che Ferraro ha ricevuto un “incitamento” ad accettare la candidatura da Antonio Tajani e da Maurizio Gasparri.

In sostanza, un terapeuta chiamato a operare in un contesto che vorrebbe-dovrebbe mettere insieme aspetti general-generici (la politica) con il governo (l’amministrazione) d’un grande ente locale disastrato dai suoi stessi predecessori (di partito). Ma è soltanto una simulazione.