Andrea Di Palma (il primo a sinistra) alla Festa tricolore del 2016

Andrea Di Palma (a sin.) alla Festa tricolore 2016

di GIULIANO GIRLANDO e TOMMASO VERGA

“RAGNATELA”, OVVERO dei ragni tessitori e degli insetti imprigionati. Per un verso il pensiero corre ad Eligio Rubeis, il sindaco di Guidonia Montecelio, che ha scontato 15 mesi di custodia cautelare, e al suo vice Andrea di Palma, arrestato questa mattina, per la “mazzetta” di 50 mila euro ricevuta in cambio dell’assegnazione dell’appalto per il trasporto urbano. Oppure, al contrario – ed è l’ipotesi più credibile – che l’attività del “tessitore” l’abbia svolta la procura di Tivoli. Perché a cadere nella rete sono stati 15 soggetti, tra imprenditori, politici, dirigenti, funzionari del municipio.

Tre persone ai domiciliari. Le altre 12 a Rebibbia. Due i “politici”, Andrea di Palma (alfaniano) e Alberto Morelli (Forza Italia, protagonista del passaggio della “bustarella” elargita da Francesco Dei, travertini Saitrav: 14mila euro). Quindi, il vertice amministrativo dell’ente Rosa Mariani (ora è segretaria comunale a Valmontone), seguita da Gerardo Argentino, Angelo De Paolis e Gilberto Pucci, e dagli impiegati Michele Maccaroni (il “polpo” dell’altro procedimento sulla scomparsa di oltre 600mila euro dalle casse del Comune) e Maurizio Rocchi. Infine gli imprenditori. Oltre al titolare della cava, in carcere Antonio Sisti, di Castel Madama, dipendente della “Mario Cipriani srl” (l’azienda che sta costruendo il ponte sull’Aniene all’Arci di Tivoli; respinta invece la richiesta d’arresto per il soggetto titolare grazie forse alla collaborazione offerta agli inquirenti nella fase istruttoria).

La conferenza stampa in Procura

La conferenza stampa stamattina in Procura

“Un Comune altamente inquinato da attività criminali” ha esordito Francesco Menditto, il procuratore capo nella odierna conferenza stampa. Precisando che “si poteva procedere agli arresti da subito ma vista una serie di collegamenti e la reiterazione dei reati si è atteso” di consolidare le ipotesi accusatorie, anche per “evitare che qualcuno dei protagonisti sfuggisse”. La controprova sulla mafia bianca è offerta dalle imputazioni per le quali gli indagati dovranno rispondere: peculato, corruzione, falso, sulle quali svetta l’associazione per delinquere, la più difficile da dimostrare in sede dibattimentale (ne fa fede il processo “Mafia capitale”), e che, proprio per evitare il rigetto, richiede un lavoro minuzioso (e temporalmente non breve) nella fase istruttoria.

Tutto annotato nell’ordinanza d’accoglimento del gip Alberto Cisterna. Che scrive: «Un’organizzazione criminale si è insediata all’interno del Comune di Guidonia Montecelio e, profittando della copertura offerta da ruoli amministrativi e politici di rilievo, ha depredato le risorse pubbliche e la fiducia dei cittadini, in un clima di connivenza e di omertà che ha offerto protezione ed impunità per anni ai partecipi del gruppo (il pm Andrea Calice fissa al 2013 la data di inizio dei comportamenti criminosi, ndr). Una “mafia bianca” – si legge – ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni della regione Lazio. Probabilmente è questa la linea di demarcazione più netta e significativa che l’accusa ha inteso tracciare, nella propria richiesta di applicazione di misura coercitiva, tra la (purtroppo consueta) consumazione di reati da parte dei colletti bianchì e la costituzione di una mafia bianca che si struttura come gruppo criminale e che, mutuando le regole delle associazioni criminali, agisce con la disinvoltura e la protervia che solo i sodalizi mafiosi sanno praticare».

La procedura, le accuse e le conseguenti misure restrittive, a questo punto si troveranno a dover superare lo scoglio del tribunale del riesame e il dibattimento. Partendo dall’assunto che una “mafia bianca“ ha governato la città in questi anni. Che per chi ci vive non è certamente un “teorema giudiziario”.