Eligio Rubeis

Eligio Rubeis

di TOMMASO VERGA
Due comunicati segnano la fine definitiva della giunta-Rubeis II. A leggere quello d’esordio, si resta sconcertati. L’altro, il giorno appresso, smentisce il primo e parla di “cose”. Conseguenza, la riflessione sullo stato della politica in questi luoghi. Ma andiamo con ordine.
L’11 febbraio, il sindaco Eligio Rubeis (FI) dichiaratamente azzera la giunta perché le liti interne a Forza Italia possono essere composte soltanto con la diversa distribuzione dei pesi correntizi. “Baruffa”. Come giudicarla motivo serio per privare la città del governo? Ovviamente non gli sarebbe stato consentito, ma se, paradossalmente, avesse detto che mandava a casa gli assessori “perché il secondo mandato (peggiorato rispetto alla gestione precedente, ndr), si sta contraddistinguendo per le miglia che separano il Comune dagli affanni della città” il plauso non sarebbe mancato. Invece, il governo di Guidonia Montecelio cade per un “disturbo caratteriale” tra esponenti del partito e della coalizione. Forlani, Craxi, De Mita, Rumor…
Il giorno dopo, Rubeis aggiusta il tiro. Tanto che, il canonico “gli assessori li scelgo io” rivolto ai partiti, è seguito dalla diretta presa di petto dei vertici della macchina comunale: “nel rispetto sia della separazione tra indirizzo e gestione, che della professionalità ed autonomia di tutti i dirigenti – si legge nella nota – qualsiasi cambiamento nell’assetto generale rispecchierà non solo l’applicazione delle normative vigenti ma anche, e soprattutto, quanto riterrò utile per attuare il programma elettorale che mi sono prefissato e che i cittadini hanno scelto”. Come dire che il bureau sinora è andato per il verso opposto. Non precisa se la diatriba include dirigenti del suo Comune, ma è come l’avesse detto.
Veniamo ai motivi della “baruffa”.
Marco Bertucci

Marco Bertucci

Le radici della appena platealmente rivelata contesa risiedono nel posizionamento ai blocchi di partenza tra i personaggi di cui si parla maggiormente. I numeri 1 e 2, Rubeis e Marco Bertucci. Convinti che è tempo di correre per la gara più ambita, per aggiudicarsi le poltrone che contano. Fuori città. Il sindaco che può vantare la vittoria elettorale in un grande Comune nel tempo della disfatta di Forza Italia dappertutto (ma anche il ‘tradimento’ dei suoi nell’elezione dell’esecutivo della città metropolitana); il presidente del Consiglio – che mensilmente annuncia le dimissioni dalla carica – forte del “pacchetto” di voti di preferenza personale. Prematuro interrogarsi su come evolverà la disputa. A parte le “correnti”, a parte altri pretendenti, a parte chi “gattona”, soverchianti al momento i fattori esterni, a cominciare dalle modifiche al “porcellum”, la nuova legge elettorale.
La crisi della giunta e della coalizione non ci sarebbe sicuramente stata se non fossero venuti meno i presupposti generali. La contesa a Guidonia Montecelio è di antica data ma una legislatura “normale” sconsigliava accelerazioni. Alto, troppo alto, il rischio di logorarsi in avventure intempestive.
Il venir meno del “patto del Nazareno”, il meteopatismo di Silvio Berlusconi, i suoi cambi di opinione incontrollabili, hanno messo Matteo Renzi-presidente del Consiglio, nella scomoda limitazione di dover dipendere, in particolare al Senato, da una maggioranza variabile e risicata. Una condizione che anzitutto la natura del personaggio respinge. Logica quindi l’analisi che la legislatura cesserà prima del tempo, aldilà dei proclami e delle rassicurazioni. Tanto da convincere Forza Italia (e non solo) sulla prossimità delle elezioni. Un anno, qualcosa di più, e si tornerà al voto. A Guidonia Montecelio la corsa è iniziata.