di TOMMASO VERGA
TUTTO DIPENDE dalle decisioni di Giuseppe Proietti, il sindaco espresso dalla coalizione di liste civiche. Se tenterà il bis, la forma della politica (schieramenti, liste, candidati) prenderà una piega, in caso contrario si imporrà la sostanza. Che l’opposizione non traduce, nell’un caso o nell’altro, in un mutamento di “linea”, ma semmai, capitolo per capitolo, in modifiche di tattica e adeguamento di strategia.
Ne appare espressione consapevole, almeno nella fase corrente, il centrosinistra cittadino. In particolare il Pd. Che sigla il “patto delle sagne” (dalla specialità del ristorante che ha ospitato i commensali) con interlocutori di altre formazioni (Alleanza per Tivoli di Ezio Fiorenzi e Marino Capobianchi), e al suo interno prova a “ristrutturarsi”. Al punto che le componenti (trad.: “correnti”) hanno sottoscritto un documento unitario che prelude alla ripresa dell’iniziativa contro il governo cittadino ma segnatamente in funzione dello scontro elettorale tra un biennio. Il “calumet della pace” riconcilia personaggi locali da sempre nemici. Per adesso, una prova di buona volontà. Su contenuti e durata (non) si accettano scommesse.
I democrat sono convinti che la “novità” Proietti sia consumata, che è tramontata la luna di miele con i cittadini. E che ci sono le condizioni per riproporre il centrosinistra a Palazzo San Bernardino. Un obiettivo per cogliere il quale necessita tempo – due anni si direbbero sufficienti – unito alla capacità di elaborare una proposta politico-amministrativa che ristabilisca la sintonia con la città, andata letteralmente in pezzi con le elezioni del 2014.
Tre calendari sfogliati, il bilancio del governo locale non può certo qualificarsi entusiasmante. All’attivo, la “politica dei rifiuti”, sta funzionando egregiamente la raccolta differenziata, il “porta a porta”, seppure con qualche sbavatura, incede alacremente. Al passivo – dando acquisito che verrà abbattuto il “muro di cinta” del Sepolcro dei Plauzi –, più d’una questione strategica. Intanto, la visione del Prg limitata al contesto urbano e non coerente con le dinamiche proprie della città metropolitana; a seguire, su altra dimensione, la “lottizzazione Nathan”: non ha avuto seguito l’annunciata proposta-soluzione della contropartita su piazzale Matteotti, del fascicolo s’è persa traccia; infine, la trattativa con la “Fincres” sulla privatizzazione (oppure il contrario) della “Spa Acque Albule” perennemente in fieri.
Qualche riflessione su quest’ultimo tema che interessa non soltanto le sorti delle terme ma quello della intera area. Perché nel 2022 scadranno i termini della centenaria concessione delle acque in esclusiva a Tivoli. Si presume che la Regione Lazio proporrà un bando di gara o come dir si voglia sul “dopo”. Più d’uno le scenario ipotizzabile. Allo stato, c’è un gestore pubblico-privato intento allo sfruttamento della risorsa. Senza modifiche statutarie è presumibile che ne possa divenire il diretto “concessionario”. Ma se, alla fine della trattativa Comune-Spa sulla cessione, risultasse titolare dell’intero patrimonio la “Fincres” – potrebbe accadere –, si deve ipotizzare che richieda anch’essa i diritti sulle acque. Nel caso, Bartolomeo Terranova entrerebbe in rotta di collisione con il municipio tiburtino. Conclusione: di fronte alla portata delle offerte, come potrebbe la Regione non affidare la concessione al privato?
Quesiti ai quali aggiungere l’aspetto strettamente territoriale-politico. Tra cinque anni, il quadro d’assieme potrebbe aver subito radicali cambiamenti. Guidonia Montecelio già nel 2014 ha deliberato su quali terreni (il “quali” comprende il “di chi”: nessuna sorpresa) dovrà sorgere la propria città termale. Se supererà con le imminenti elezioni la gravissima crisi – prima ancora che della politica e dell’amministrazione comunale della moralità pubblica –, Palazzo Matteotti potrà partecipare alla gara per l’assegnazione delle acque solfuree. Assisteremo all’agitarsi di bandierine paraleghiste, oppure nel frattempo Tivoli e Guidonia Montecelio decideranno di realizzare il “Parco termale metropolitano di Tivoli, Guidonia e Roma”, deliberato all’unanimità da entrambe nel “Prusst ‘Fata Viem Invenient’” nel 2000? Da evidenziare che nel 2011 la defunta Provincia di Roma ha terminato la fase di studio e redatto i documenti finali (al prezzo di 750mila euro), raccolti in eredità dalla Città metropolitana di Roma capitale.
Nel tempo ancora a disposizione, il sindaco Giuseppe Proietti riuscirà a definire questi e a realizzare gli ulteriori obiettivi del programma? Nulla di scontato, anche a causa della debolezza politica messa in mostra nel periodo passato dalla frammentata coalizione e della insufficiente conoscenza dei problemi del suo esecutivo. Aspetti sui quali sarà difficile contrastare l’aggressività di un centrosinistra tornato in salute (quanto solida e duratura è tutto da misurare).
Il quale potrebbe anzitempo presentarsi persino con l’indicazione degli uomini di governo. Non un album di figurine ma espressione di un disegno organico. Che potrebbe presiedere Piero Ambrosi – se risolti i problemi di erario –, pd, ex consigliere regionale, “inventore” in tempi non sospetti, della formula “Tivoli-Guidonia unica città”. Che già adesso s’è assunto il compito di mediatore-traghettatore. Evidentemente, nonostante carte e “sagne”, serve ancora una funzione-Caronte (quello virgiliano naturalmente, l’ex sindaco è pur sempre un ex dc).