Al centro, Franco Roberti (a sinistra) e Francesco Menditto
IL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA QUESTA MATTINA A TIVOLI
(gi. gi.) “LA CORRUZIONE è lo strumento principale per l’espansione dei sistemi criminali e mafiosi, per esempio in un processo come Mafia Capitale. La corruzione è mafiosa”: Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia ha iniziato così il suo incontro di stamattina a Tivoli al Convitto nazionale, alla presenza delle forze dell’ordine, del capo della Procura Francesco Menditto, dell’Ordine degli avvocati. Ad accoglierli, una numerosa platea di studenti.
E’ la prima volta che il capo della superprocura fa visita a Tivoli, un “segnale” forse, da prendere positivamente poiché finalmente in questo territorio si parla di mafia, a combattere non più solo a parole il fenomeno criminale e ovviamente la corruzione che è il suo strumento. Fenomeno che abbiamo visto si è radicato da molto tempo in questa zona e che la procura di Tivoli ha deciso di contrastare dopo anni di oblio. Franco Roberti ha anche ricordato le parole di Giovanni Falcone, proprio il magistrato che per primo volle una superprocura: “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.” Ma abbiamo bisogno di applicare strumenti e mezzi di contrasto in maniera maggiore, oltre che c’è bisogno di superare anche un muro di omertà che spesso si radica nelle province e nei paesi delle province.
C’è voluto un nuovo procuratore capo a Tivoli come Francesco Menditto, esperto di confische di beni e già membro del Csm, non l’ultimo arrivato come qualche commentatore da social network ha detto, ma un magistrato di tutto rispetto, che in effetti sta spalancando alcune finestre e ha iniziato a far cambiare aria a stanze che puzzavano di compromesso morale.

di ELISABETTA ANIBALLI

GILBERTO PUCCI, IL dirigente al Demanio (in carcere da giovedì 20 aprile con l’accusa, tra le altre, di associazione per delinquere nell’ambito dell’inchiesta denominata “ragnatela” o “mafia bianca”) approfittò di una vacanza della collega Paola Piseddu per revocare in autotutela l’intero iter di assegnazione del cimitero comunale al “consorzio Comor” di Innocenzo Morasca, favorendo quindi il competitor, funzionario comunale Salvatore Mazza, padre del consigliere di Forza Italia Andrea Mazza.

Un colpo basso, almeno tale venne digerito da Piseddu che, tornando dalle ferie, nel novembre del 2016, scoprì “il tranello” ordito, è la tesi della Procura, dalla cricca: approfittando dei termini fissati dal commissario prefettizio nel decreto di assegnazione degli interim in caso di assenza dei colleghi, il Pucci (invece di gestire l’ordinaria amministrazione), nel ruolo di supplente all’Urbanistica, aveva annullato tutti gli atti a firma Piseddu riaprendo (di fatto) la guerra del cimitero e tra dirigenti.

È la determinazione 74 dell’11 novembre del 2016 a firma (appunto) Pucci. Che scrive nelle premesse: “Con decreto protocollo 95001 del 21 ottobre del 2016, il commissario straordinario ha nominato i dirigenti, ad interim, supplenti in caso di assenza del dirigente titolare – attualmente il dirigente titolare dell’incarico è assente –  per cui in forza del suddetto decreto la scrivente assume la dirigenza dell’Area IV (urbanistica) per cui ha competenza ad emettere atti inerenti le materie trattate ed assegnate all’Area IV stessa”. E ancora: “Avendo assunto la dirigenza ad interim dell’Area IV (urbanistica), rileva motivazioni che inducono all’annullamento in autotutela della determinazione dirigenziale (Area IV) numero 66 del 13 giugno 2016 in quanto viziata all’origine da difetto insanabile che rende il quadro procedimentale, nel complesso, carente di legittimità”.

Pucci intende dire che l’intera procedura di assegnazione del “nuovo” e vecchio cimitero al privato, il consorzio facente capo all’imprenditore Innocenzo Morasca, è compromessa dalla mancata sottoscrizione del contratto di cessione delle aree sulle quali deve sorgere la cubatura di raddoppio della struttura cimiteriale.

Investimenti pubblici per la gestione privata su aree private

Il cimitero di Montecelio

Un’opera pubblica da realizzarsi su terreni privati, dove legalmente a valere siano esclusivamente le “scritture” private sottoscritte tra l’ex dirigente all’urbanistica, Umberto Ferrucci e non meglio identificati proprietari dei lotti? È così, tanto che prima Piseddu e poi Pucci mettono la circostanza in bella evidenza nei rispettivi atti pubblici, pur dando interpretazioni diverse: per la titolare dell’urbanistica quelle aree (private) erano comunque nella disponibilità dell’ente fin dal 2012 e per tale ragione potevano diventare oggetto di un investimento pubblico (consistente) come il raddoppio del cimitero con conseguente privatizzazione della struttura. Comprese le attività a correlazione, chioschi per la vendita di fiori, luci votive e quant’altro inerente la gestione complessiva di un qualsivoglia camposanto.

Per far comprendere meglio la faccenda: è come se chiunque di noi sborsasse 500 mila euro per costruirsi una casa su un terreno che fosse però formalmente di qualcun altro, in mancanza di un sostanziale passaggio di proprietà stipulato con atto notarile. Eppure, all’indomani dell’insediamento nelle stanze della Torre, la Piseddu, con determina dirigenziale in oggetto, aveva dato via libera alla procedura pubblica “inerente l’avvio della fase di gestione del cimitero da parte del concessionario Comor”. Ora la “guerra” del cimitero è finita nelle carte della Procura. Dalle intercettazioni, si evince come le fazioni in gara, pro Morasca o per mantenere la faccenda ancora nelle competenza degli uffici comunali (ovvero del funzionario Salvatore Mazza) se le siano date di santa ragione financo a mettere in discussione l’approvazione dell’ultimo bilancio comunale (la prassi non andò in porto e il Comune venne commissariato). Siamo nel giugno del 2016.

Gestione del cimitero questione annosa

Fin dall’origine. Per vent’anni, il servizio è stato sotto la responsabilità (pubblica) e di fatto in una gestione privatistica da parte del geometra funzionario del Comune Salvatore Mazza. Nel senso che qualunque passaggio riguardasse il camposanto era sotto la sua totale giurisdizione. L’ufficio sotto la completa disponibilità di Mazza aveva anche la prerogativa di gestione di capitoli di spesa del bilancio comunale attraverso i quali il geometra affidava sotto soglia e con procedure d’urgenza, interventi di manutenzione e ripristino dei luoghi a società direttamente riconducibili al figlio Andrea, consigliere comunale (come appurato dall’inchiesta di Tiburno).

Una ditta di famiglia nel bel mezzo di un ufficio pubblico. Un meccanismo di potere (anche economico) così ben collaudato da mettere più volte, negli anni, a rischio il governo di centrodestra. Come quella volta che l’ex sindaco – e siamo nel 2012 – per evitare la crisi dovette metter mano ad una delibera di giunta già approvata in sede di esecutivo.

Era il 17 luglio del 2012. Oggetto dell’atto di governo era la realizzazione del forno crematorio delegata interamente al dirigente all’Urbanistica Umberto Ferrucci, fulmini e saette spinsero Rubeis a precisare con atto proprio e a “chiarimento di quanto già determinato con deliberazione della giunta comunale numero 118 del 2012…  che il sindaco ha provveduto, con apposita nota protocollo numero 59907, a precisare quanto segue: Rientrano nelle competenze della posizione organizzata del cimitero (il funzionario Salvatore Mazza, ndr) le attività di qualsiasi tipo riconducibili alla soluzione di problemi riguardanti il cimitero, comprese la realizzazione di opere e la gestione di servizi ad esso comunque connessi”.