Michel Barbet, 5Stelle

Emanuele Di Silvio, Pd

di ELISABETTA ANIBALLI

MEZZI SIGNORI delle preferenze muovono nel Movimento 5 Stelle, a differenza di tre anni fa nella lista pentastellata si contano centinaia di consensi personali, non solo per Giuliano Santoboni, consigliere uscente, che sfiora quota 700 e fa il pieno in Setteville e Guidonia centro, ma per Claudio Zarro, semisconosciuto ragazzotto apparentemente privo di particolari talenti, una passata esperienza nell’Udc, dipendente di quel sistema Atac che proprio a Guidonia ha pescato negli anni consensi e impiegati e non senza elementi di relazione tra i due fattori, dimostrazione plastica di una evoluzione del movimento da “anti-establishment” a portatore di consensi tutt’altro che diffusi, miranti a sostituire con propri elementi la rete di potere costruita dai predecessori.

Claudio Zarro, movimento 5Stelle

In tale chiave, e non in altre, troverebbero spiegazione i quasi 500 voti di preferenza sommati da Zarro, a maggior ragione nell’analisi del vuoto che si rileva scorrendo la lista in ordine decrescente, dopo i primi dieci che ad esclusione di Santoboni e Zarro sommano mediamente un centinaio di preferenze ciascuno, si precipita verso il basso dove l’ultimo porta a casa sì e no il voto di mamma, papà e un paio di zii.

In caso di vittoria nel turno di ballottaggio previsto per il prossimo 25 giugno, i movimentisti avranno una maggioranza consiliare monocolore composta di 14 elementi più il sindaco, nella ripartizione matematica dei seggi l’ultimo a vedersi assicurato uno scranno sarebbe tal Checchi Anna, eletta con 56 preferenze, un vero paradosso della democrazia rappresentativa in una città di quasi 100mila abitanti, dove al primo turno ha votato meno della metà degli aventi diritto, dove comunque la si metta la delegittimazione dei rappresentanti del popolo, nessuno escluso, è già fatto acclarato.

Verso il ballottaggio tra Michel Barbet, m5s, ed Emanuele Di Silvio, pd 

In questo contesto Guidonia Montecelio si appresta scegliere il sindaco di minoranza. A sfidare il grillino Michel Barbet è il democratico Emanuele Di Silvio arrivato al ballottaggio trainato principalmente da due liste a supporto, l’Alternativa Popolare dei Mazza padre e figlia (solo un anno fa strenui sostenitori, nei fatti, del governo di centrodestra), e Uniti per Emanuele Di Silvio Sindaco. Fosse stato per il Pd, sceso ai minimi storici, appena il 17 per cento e la lista di sinistra riconducibile all’ex Sel Beniamino Turilli, il 35enne villalbese sarebbe già in vacanza libero da impegni, lo dicono i numeri e non è questione di lettura dei dati elettorali da altra angolazione.

Angelo Mario Ventura, Pd

In caso di sconfitta, e qui la prospettiva si fa interessante, il Di Silvio guiderebbe in assise uno sparuto, eterogeneo gruppetto di quattro consiglieri così composto: tal Angelo Mario Ventura – componente del “gruppo di sorveglianza cittadina” di Fonte nuova –, eletto con neanche 90 preferenze nella lista Di Sivio, tre del Pd, tra cui i suoi due acerrimi avversari interni Simone Guglielmo e Paola De Dominicis (i più votati con oltre 1000 consensi), Mario Lomuscio, l’ex segretario dell’unione comunale che ha beneficiato proprio dei voti del Di Silvio per arrivare alla poltrona consiliare.

In queste ore il vertice democrat lavora alle potenziali alleanze senza preclusioni o pregiudizi dicono i bene informati in vista del turno elettorale di ballottaggio. Per gli apparentamenti formali c’è tempo fino a sabato alle 12, ma la strada sembra poco percorribile, difficilmente Di Silvio cederà sedie già assegnate ai candidati della prima ora per fare posto ai commensali arrivati all’ultimo momento.

E’ evidente infatti che con l’apparentamento formale – esempio: con Aldo Cerroni -, in caso di vittoria, i piddini nel complesso dovrebbero rinunciare a più di qualche scranno consiliare a vantaggio dei più votati nelle liste sconfitte per un soffio al primo turno del civista 43enne avvocato di Villanova.

L’utilità del centrosinistra per il centrodestra sconfitto

È molto probabile che gli elettori di Fratelli d’Italia decidano di dare una mano (anche se non richiesta) a Emanuele Di Silvio nel turno di ballottaggio, dal momento che in caso di elezione del candidato dem al partito meloniano scatterebbe la elezione di un consigliere, tutto merito del complesso metodo di attribuzione dei seggi previsto dalla legge vigente.

Il filo di Arianna: “Ma non vi avevo ordinato di venire a votarmi?”

Il primo classificato e dunque aspirante allo scranno nella lista in questione è Alessandro Messa con quasi 900 preferenze, un risultato strabiliante che ha consentito al giovane avvocato villalbese di far fare al suo partito un salto in avanti di quasi due punti percentuali rispetto alle comunali di tre anni fa (poco più del 6 per cento).

Ma siccome i flussi elettorali sono come l’energia, non si distruggono ma si trasformano, tanto ben di dio potrebbe avere la sua origine nella mano di Eligio Rubeis, essere passato insomma dai baratti preelettorali tra Messa e l’ex sindaco, intento in quel momento a far digerire all’alleato la candidatura a sindaco “ostile” (in primo luogo verso Forza Italia) dell’ex stagista Arianna Cacioni.

Del resto non era un turno elettorale facile da affrontare per Alessandro Messa, con in campo i salviniani a rugare nel suo stesso orticello elettorale (la lista leghista ha preso oltre il 7 per cento dei consensi ed elegge Giovanna Ammaturo), è quantomeno strano in questo contesto che egli abbia aumentato invece di perdere consensi, ecco perché l’apporto rubeisiano potrebbe essere financo visibile nelle sottrazioni del partito azzurro che perde fino ad annullarsi.

Infine, una considerazione sugli ex big di Forza Italia presenti in competizione per interposte persone: quando non sono loro a correre non ce n’è per nessuno, meglio saltare un turno che delegare il potere anche in via provvisoria alle seconde linee, la politica non inventa niente, se ci sei conti, se sei fuori conta chi ci sta, è il principio dell’autoconservazione della specie che non ammette eccezioni.

Soprattutto a Guidonia dove in nome di questo principio la classe dirigente è, negli uomini, sempre la stessa da decenni.