«AMMINISTRATIVE 2019», SI SONO GIA’ RAGGIUNTI 600 CANDIDATI (circa l’1 per cento della popolazione)

IL 26 MAGGIO si avvicina. Con esso le elezioni a Tivoli. Il quadro è desolante. I conti danno in corsa al momento 600 aspiranti a un seggio in Consiglio comunale (l’1 virgola qualcosa per cento della popolazione), distribuiti per 24 simboli. Nelle due settimane ancora utilizzabili per la chiusura delle liste, il numero potrebbe salire, il clima depone a favore di altri addensamenti. A battersi per il vertice, stando alle previsioni, tre concorrenti (con il ricorso, dopo 15 giorni, al ballottaggio tra i due più votati se nessuno coglierà la maggioranza assoluta al primo turno).
I «favoriti» sono Giovanni Mantovani
(nella foto), leader de «La nuova storia». A sostenerlo, una coalizione tra Pd, «A sinistra» (formata da Art.1, Sinistra italiana, Risorgimento socialista, Comunisti e indipendenti), Italia in comune, e tre liste civiche: Città in comune, Tivoli futura, e, appunto, La nuova storia.
Vincenzo Tropiano, la Lega per Salvini (ex berlusconiani lui incluso). Se eletto sindaco ha promesso di aprire un casello sull’autostrada Roma-L’Aquila! Curiosi di sapere cosa ne pensano Salvini – anche senza la tuta da cantoniere – e, chissà, Toninelli.
Giuseppe Proietti, sindaco uscente, eletto 5 anni fa da una coalizione di liste civiche. Per il momento ha raggruppato 11 simboli. Per mantenere il «punto civismo», tutte le formazioni si sono dichiarate estranee ai partiti; comprese alcune di destra che, appositamente camuffate, pro-tempore hanno rinunciato al cordone ombelicale con la casa-madre; sottolineatura: Proietti è iscritto al Pd e ha votato alle recenti primarie.
Le altre formazioni. I seguaci di Beppe Grillo, primo partito locale alle politiche del 4 marzo 2018, saranno rappresentati da Rosa Saltarelli, oncologa all’ospedale San Giovanni Evangelista (il nosocomio tiburtino ha sempre espresso qualche sindaco e un bel mucchietto di consiglieri comunali); mentre Potere al popolo si affiderà all’onnipresente ginecologa Elisabetta Canitano.

di TOMMASO VERGA
«Risvegliare il sentimento dell’”appartenenza“, dei giovani in particolare. Oggi, terminati gli studi, molti se ne vanno, generalmente all’estero. Tivoli non è inclusiva, ospitale, non lo è più, né offre opportunità come in passato». Un dialogo-intervista quello con Giovanni Mantovani, candidato sindaco del centrosinistra nelle elezioni a Tivoli. Personaggio atipico, non schiva il giudizio su background e lineamenti che lo dichiarano estraneo ai canoni usuali della politica.
In «Ideazioni», la manifestazione d’esordio del 20 gennaio, da lei e dalla sua formazione venne utilizzata l’espressione «torniamo a casa»: cosa voleva significare?
«Che il tempo del civismo era concluso e che al governo della città dovevano provvedere i partiti. Stesso concetto, va ricordato, compresi i termini temporali, che venne utilizzato dal sindaco Proietti 5 anni fa. Semmai è lui che ora dovrebbe chiarire le ragioni sulla prosecuzione di quell’esperienza. Concluso l’esperimento del civismo, ‘La nuova storia’ riprende posto nel proprio ambito naturale, tra i progressisti. Ora Tivoli deve scegliere il suo governo tra le forze politiche».
M’incuriosisce l’attenzione che pone all’«appartenenza». Torniamo sul tema: secondo lei si può ricomporre il quadro?
«All’interno di un disagio sociale profondo, in particolare nelle periferie, i giovani si stanno abituando a ‘vivere il brutto’. Per me c’è un’immagine-tipo, l’interpretrazione di Borgonuovo. A vista d’occhio, i problemi che sono contenuti in quel quartiere non appaiono. Si apprezzano le strade, i palazzi, i giardini, poi però, entrando, t’accorgi d’una realtà del tutto diversa, dell’opposto. Occorrono allora soluzioni forti, costruire alternative, prima d’altre culturali. Dal Comune debbono venire proposte di partecipazione nelle quali i giovani si riconoscano».
Mi sta dicendo che una biblioteca o un auditorium sconfiggono quello che ha giustamente definito «disagio sociale profondo»? Non crede che, prioritariamente, occorra riflettere su una strategia che generi occupazione e reddito? Partendo dall’approfondimento di quella – tuttora prevalente – che sin dall’origine ha causato l’impoverimento del comprensorio e della città. Alla fine degli anni ’70, l’autodesignazione «Tivoli città turistica» ottenne l’unico effetto di trascurare la crisi del manifatturiero, delle cartiere in particolare (che portavano con sé un indotto dai numeri decisamente alti). Tivoli aveva due rivali, Lucca e l’altra sponda dell’Adriatico, a quel tempo si chiamava Jugoslavia. Oggi le cartiere che producono kraft lì ci sono ancora mentre qui sono scomparse totalmente.
«La scelta della ‘città turistica’ non è stato un errore, c’erano e ci sono tutte le condizioni perché lo sviluppo passi attraverso quel settore. Nel quale inserirei una specifica ‘clausola’ relativa al turismo termale. Dovevano semmai, a quel tempo, considerare del tutto compatibili le attività tra loro. L’idea contraria ha così provocato la mancanza di sostegni alla soluzione d’una crisi, che però a Tivoli aveva carattere strutturale, parlo delle fabbriche insediate nel centro storico. Il lavoro è tema che intendo rendere centrale nella futura esperienza di governo. Partendo da un presupposto: i principi informatori di quell’epoca vanno recuperati, a cominciare dalla cultura d’impresa. Unendo la formazione ai suggerimenti sulle attività. Penso al coworking, al fablab, alle startup, alle nuove forme di organizzazione del lavoro… Anche qui c’è tutta una cultura da recuperare. L’esempio dell’insediamento di “Aruba” nel Tecnopolo tiburtino è fantastico: non un sindaco né una forza politica hanno dato il benvenuto a una delle aziende più in del nostro tempo».
L’illustrazione, con un linguaggio desueto per la politica, è certamente stimolante, ma le faccio osservare che Tivoli non ha spazi. Le condizioni di vita risultano terribilmente peggiorate proprio a causa della convivenza degli odierni 60 mila abitanti nella stessa città, nello stesso perimetro, che nel 1971 ne ospitava 41.740. Oltretutto è aumentata l’offerta di servizi territoriali, ultimo il tribunale. Viene da chiedersi come riuscire a entrare ancora in Tivoli…
«Direi che la domanda va rivolta a quelli che hanno governato e che magari si accingono a ripresentarsi alle elezioni a Tivoli. E’ chiaro che il tema del rapporto tra centro e periferia è strategico, e passa attraverso il riequilibrio dei servizi. Se l’attenzione del Comune ha sempre interessato la parte storica della città occorre invertire questa modalità, riconnettere i quartieri esterni al centro, anche per il miglior utilizzo delle risorse territoriali».

Abusivismo Albuccione-lato Tivoli; in alto, via del Trevio nel centro città

Sì, ma la pianura oggi è un affastellamento di cose, dalle aziendine alle abitazioni, tutto unito e diviso con Guidonia Montecelio, un sistema territoriale sul quale pesa la totale incapacità di Roma, sempre più “matrigna”, di pianificare le relazioni con la cintura urbana. Per parlare di politica: ciò è dovuto alle scelte della città metropolitana, un ente inutile che con Virginia Raggi ha conosciuto il totale fallimento… altro che la Provincia.
«Infatti la necessità è quella di unire le schede del puzzle Tivoli-Guidonia ed agire sugli ambiti comunitari. Insieme dovremmo provvedere ai distretti regionali che riguardano la nostra area, dal travertino al turismo. Altri motivi che si rivelarono utili e vincenti furono le scelte nel Prusst dell’“Asse tiburtino”. Esperienze che vanno riprese».
Cosa pensa del rinnovato interesse per la piattaforma logistica a Tivoli Terme?
«Sicuramente un fatto positivo, finalmente si rimette in movimento una procedura che creerà posti di lavoro e nuove occasioni di crescita».
Ignoro se la giunta Proietti abbia tenuto conto del “Sic”, il sito di interesse comunitario che ha creato una gran quantità di problemi già con la definizione del treno metropolitano sino alle stazioni di Tivoli Terme e di Collefiorito, e del fatto che rispetto al fallito progetto «Interporto Roma Est» dei Tilesi, risalente a vent’anni fa, nel frattempo è nato il parco logistico di Fara in Sabina a Passo Corese.
«Certamente la questione del Sic va tenuta in preminente rilievo. Si parla di un’area protetta, si vedrà in conferenza dei servizi se l’ostacolo è superabile senza creare danno all’ambiente. Quanto a Fara, il problema c’è, anche tenuto conto che l’azienda principale del Parco è Amazon, già presente in provincia di Roma con i centri di smistamento a Pomezia, Fiano Romano e Magliana. Ma sicuramente il quadro descritto avrà condotto la “Euroiset srl”, titolare del terreno acquistato dopo il fallimento, a definirne le convenienze attraverso uno studio costi-benefici».
Ha disponibili 115mila euro?
«No, perché? l’intervista è a pagamento?».
Perché parliamo di spazi. Nell’area del Comune di Tivoli ci sono 22 ettari circa di proprietà della Asl, la Rm5. Integralmente liberi, vuoti. Sono parte dei 258 ettari dei terreni del Pio istituto Santo Spirito. Con quella somma lei potrebbe costruire una villetta di tre piani su mille metri quadrati di terreno a destinazione agricola, il venditore le fornirà anche la ‘squadretta’ di romeni per l’edificazione. Può stare tranquillo, nessuno verrà a importunarla.
«Che vuol dire ‘nessuno verrà a importunarla’? E come potrei trascrivere dal notaio un atto che sarebbe di totale illegittimità?».
Voglio dire che nessuno le contesterà l’abuso, né la Asl, né il Comune. Tanto che i 22 ettari sono già in parte compromessi dall’edilizia spontanea. Un regno dell’illegalità. Talmente tale che un tizio per riempire la piscina ha bucato la condotta centrale dell’Acea allagando la Tiburtina, da via dell’Aeronautica fino al Lago dei Tartari. Quanto al notaio, una residente ha messo in vendita casa e terreni su Facebook aggiungendo la precisazione “no rogito”. Tenga conto che mille metri di terreno, 6 mesi fa, costavano 25mila euro. La domanda è tale che ora ne chiedono 31 mila. Cosa farà quando vincerà le elezioni?
«Sicuramente gli mando i vigili però accompagnati dai carabinieri».
Anche al consigliere comunale che lì s’è costruito una “villona”?
«Andiamo bene… non ci facciamo mancare niente. Ma è inutile che insista, non riuscirà a farmi rinunciare alla partita».