di TOMMASO VERGA
LA SCELTA DELLA località non ha rappresentato un dilemma. Per un test avente per oggetto l’accordo di governo, e di conseguenza conoscere il giudizio degli «addetti ai lavori» in periferia, Guidonia Montecelio si direbbe costruita apposta. All’indomani del gran daffare in parte concluso con la formazione dell’esecutivo tricolore M5s-Pd-Leu – ieri mattina la cerimonia di giuramento dei ministri; lunedì e martedì il dibattito in Parlamento –, ascoltare l’opinione dei consiglieri comunali di movimento 5stelle e Partito democratico, ci sta pienamente (Liberi e uguali, terzo partner della coalizione, non è presente localmente). E Guidonia – location inclusa – è ambito che ben si presta a una interpretazione di quanto accaduto nella politica di questi giorni.
La «città dell’aria» è «grande», significativamente. Non soltanto perché sull’orlo ormai dei 100mila abitanti, ma per l’aspetto «politico». I grillini, oltre allo scranno del sindaco, occupano 15 dei 30 seggi del Consiglio comunale. Mentre dell’opposizione, il raggruppamento maggiormente rappresentativo è quello del Partito democratico, con 4 consiglieri. Sono le due formazioni che si confrontarono direttamente, due anni fa: il 25 giugno del 2017, al ballottaggio del secondo turno. Venne eletto sindaco Michel Barbet, 5stelle, contro Emanuele Di Silvio, del Pd.
Nella politica e nell’amministrazione della città, i due partiti sono unici protagonisti seppure si affrontano al limite dello speronamento, fornendo l’impressione che se fossimo in altri tempi non mancherebbe il duello all’alba dietro la sacrestia della chiesa. Toni accesi ma comunque civili, non si è mai scaduti nell’insulto. Né «pidioti» né «grullini».
Protagonisti perché a Guidonia Montecelio la destra (protempore) di Salvini non costituisce un’alternativa a Pd e M5s, appesantita com’è dal rifiuto di chiedere scusa alla città per le responsabilità dirette nell’amministrazione che con la giunta del sindaco Rubeis ha causato la paralisi del Comune e il pre-default. La preferenza di partito va allo sfoggio di mise vesti-rivesti-en travesti. Così, variamente agghindata, la destra spera di cancellare nella memoria collettiva le gesta e le responsabilità personali e politiche.
Non semplice trovare qualche altra città che offra tante opportunità tutte insieme. Attributi che ben si prestano a valutare le ragioni del test. Sostanzialmente centrato su due domande:
– Il giudizio sul «patto» Luigi Di Maio-Nicola Zingaretti che ha dato vita al governo Conte2 (in sostanza: – naturalmente soltanto per i grillini – come ha votato sul quesito proposto dalla «piattaforma Rousseau»?);
– Trattandosi di un accordo politico e non di un «contratto» – come per la Lega di Salvini – ritiene che le dinamiche locali ne possano risultare influenzate? Sono ipotizzabili collaborazioni tra le due formazioni nei Comuni e nelle Regioni?
A seguire le risposte dei consiglieri comunali dei due partiti (perlomeno di quelli che hanno accettato di rispondere; in diretta)

ULTIMORA Si formerà nel Lazio la prima giunta tra Pd e 5stelle?

      UNA NUOVA GIUNTA ALLA REGIONE LAZIO                           IL «RIMPASTO» DI NICOLA ZINGARETTI               VA DETTO che comunque non sono state le evoluzioni recenti ad aver fatto da battistrada alla nascita del primo governo M5s-Pd. Si intenda: governo a pieno titolo, della Regione Lazio. Con due posti in giunta assegnati a esponenti pentastellati. A lasciare, gli assessori dem Giampaolo Manzella (destinazione, sottosegretario del ministro Roberto Gualtieri) e Lorenza Bonaccorsi (rotta Bruxelles, al seguito di Paolo Gentiloni). A breve.

Sugli «effetti locali» va precisato che la risposta è facilitata dal fatto che il Lazio sta già sperimentando una sorta di alleanza tra il formale e il sostanziale tra Pd e 5stelle, concretizzatasi nel «patto d’aula» tra Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi a inizio legislatura, con l’assegnazione della presidenza di due commissioni consiliari a esponenti grillini. Poi, oltremodo esplicita la capogruppo pentastellata alla Pisana, tra i più decisi e radicali sostenitori dell’intesa M5s-Pd. Di parere radicalmente opposto, Davide Barillari, il consigliere 5stelle dei penultimatum: l’ennesimo (non) «mi dimetto» provocato dall’attuale evento politico. In nome dei principi fondanti. 14 mesi fa sulla nascita del governo con Salvini era distratto.

I SI e i NO del Movimento 5stelle

Michel Barbet sindaco di Guidonia Montecelio
Formare il governo M5s-Pd è stata una necessità, andare al voto avrebbe creato un danno per il Paese. Non solo. Perché la destra di Salvini avrebbe cancellato quanto di buono era stato fatto fino a quel momento, ad esempio la legge sul reddito di cittadinanza che la Lega non ha mai sopportato. Il voto anticipato avrebbe inoltre rinviato sine die la soluzione delle vertenze sul lavoro, penso all’Ilva di Taranto, al Sulcis, alle decine di tavoli aperti ai ministeri del Lavoro o dello Sviluppo economico.
Per altro verso, non era possibile continuare a sopportare la propaganda di Salvini sulla chiusura dei porti, senza occuparsi delle condizioni di quei poveretti che chiedevano di sbarcare.
Al nuovo governo sarà difficile ma non impossibile arrivare a fine legislatura. Ho grande fiducia in Giuseppe Conte, anche se molto dipenderà da come Matteo Renzi terrà le redini dei parlamentari Pd.
Sulla formazione dell’esecutivo sollevo qualche critica. Prima di tutto andava rispettato il peso percentuale dei due partiti in Parlamento, la formazione è sbilanciata a favore del Pd. Spero che si riequilibri con la nomina dei sottosegretari. Inoltre, doveva rimanere ai 5stelle la titolarità delle Infrastrutture.
Estendere l’accordo M5s-Pd in periferia? Credo sia possibile ma soltanto nelle Regioni, nei Comuni non mi pare esistano, almeno per ora, le condizioni.

Lorena Roscetti
Ho votato Sì, però tappandomi il naso. Perché ho conosciuto il Pd di Renzi nella vertenza Almaviva. Nonostante ciò, penso che questa alleanza sia utile per i cittadini e per difendere alcune nostre realizzazioni, come il reddito di cittadinanza. Il mio parere è che l’accordo politico nazionale dev’essere esteso a città e regioni.

Laura Alessandrini
Personalmente non ho mai condiviso il contratto con Matteo Salvini. Quindi ho votato si, perché oggi la scelta delle elezioni anticipate avrebbe provocato un grave danno al Paese.
Guardare oltre il patto nazionale? No, non sono disponibile. Per quanto M5s-Pd siano due forze politiche che viaggiano in parallelo è bene restino su binari diversi. Si vedrà in seguito, oggi no.

Michel Barbet e Giuliano Santoboni; sopra, Lorenza Bonaccorsi

Anna Checchi
Dopo Salvini, l’accordo nazionale M5s-Pd ha rappresentato un ripiego. Attraverso il quale si può crescero però. Ma occorre che il Pd maturi una grande consapevolezza interna per ottenere un effetto locale. Allo stato, a livello generale, la collaborazione può esserci, ma soltanto per materie, argomento per argomento, livello per livello.
Bisogna attendere che si consolidi tra gli attori principali la consapevolezza della situazione. Attraverso una inevitabile serie di incontri potranno maturare.

Alessandro Cocchiarella
Ho votato no, era un patto con il diavolo prima, con la Lega, lo sarebbe stato dopo, con il Pd.
Nessun accordo locale, tutt’alpiù un appoggio esterno. L’esempio è il Lazio e l’accordo tra Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi.
L’obiettivo dev’essere quello di non far cadere il governo, il che non vuol dire che possiamo fare il governo insieme.

Claudio Zarro
Ho votato no all’accordo perché non vedo di buon occhio l’alleanza m5s-Pd. Resto dell’opinione che non vanno fatte alleanze con altre forze politiche, con nessuna forza. Al presente, arriveremo che i gruppi parlamentare facenti capo a Renzi staccheranno la spina e noi saremo fregati. D’altronde è successo con la Lega. In questo caso raddoppierà il Pd. Dovevamo andare alle elezioni.
Unica possibilità, apertura alle liste civiche, nessuna al pd locale.

Matteo Castorino
Ok all’accordo nazionale m5s-Pd, Salvini era un alleato non affidabile e tale s’è dimostrato. Il contratto è stato un errore. 5stelle e Lega sono forze alternative, con sensibilità opposte nelle rispettive basi. La Lega è caratterizzata proprio dall’ex ministro dell’Interno, lontano dai nostri ideali e dai nostri principi. Si prenda il tema dell’autonomia differenziata che in realtà si traduceva in squilibrio a favore del nord, oppure i decreti sicurezza, specie il bis. I valori dei 5stelle sono i valori della solidarietà, nessuno deve rimanere indietro.
Diversamente da quello con la Lega, l’accordo con il Pd trova consonanza su temi come il reddito di cittadinanza che per entrambi i partiti vuol significare sostegno alle persone in condizione di bisogno. Dall’altra parte c’era Salvini, impegnato nella sua battaglia navale. Una osservazione sul programma: avrei dato maggiore peso a un tema come l’ambiente, che costituisce una autentica priorità.
Ciò detto, per chiarezza: non penso che Zingaretti sia la versione opposta di Renzi.
Allo stato non ritengo utili accordi con il Pd negli enti locali. Preferisco giudicare l’attuale come momento di sperimentazione e divenire, ritengo rischioso avventurarsi su questo terreno in periferia.

Giuliano Santoboni capogruppo in Consiglio comunale
Ho votato sì, non per fiducia nel Pd – non ne ho, così come non ne avevo nella Lega – ma perché non si poteva andare al voto, sarebbe stato un danno per il Paese.
Trasferire l’accordo con il Partito democratico in periferia? No. Tuttalpiù, si può convergere argomento per argomento, volta per volta. Sono del parere che sarebbe più utile la ricerca di consonanza con le liste civiche.

I SI e i NI del Partito democratico

Mario Lomuscio

Mario Lomuscio
Il tempo dirà se il Partito democratico ha fatto la scelta giusta. Non si può ignorare che rimane intatta l’eterogeneità all’interno di ciascun partito e tra i due partiti. Come che sia, non si poteva accettare il ricatto di Salvini sulle elezioni anticipate, un danno per il Paese, anche grazie alla legge elettorale.
Localmente credo che il m5s dovrebbe approfondire le modalità d’approccio all’amministrazione. A Guidonia si sono misurati questi limiti già nella scelta degli assessori, sulla quale hanno pesato i forti contrasti nei 5stelle. Se non si intensificano le ragioni della distinzione e delle differenze, per quanto le basi dei due partiti siano sostanzialmente le medesime, non si potrà ragionare sulle prospettive.

Simone Guglielmo
In questo anno passato, il «salvinismo» s’è trasformato in una teoria, «molto pericolosa» secondo il mio giudizio. Di qui il mio accordo sul nuovo governo: era indispensabile.
Non concordo sulla semplificazione dei 5stelle, la democrazia diretta non mi convince, la nostra è una repubblica parlamentare, nella quale il voto deve significare fiducia in chi ho eletto,
Restano differenze con il movimento 5stelle. Sui territori il Partito democratico è presente, comunque sa governare, mentre i 5s non sono pronti. A Guidonia Montecelio si sono perduti due anni.