L’arresto di Natale Rimi a Trapani nel 1971; in alto, la strage di Ciaculli 57 anni fa

di TOMMASO VERGA
DI NATALE RIMI, ragioniere, massone iscritto alla loggia Iside 2 di Trapani, dipendente del Comune di Alcamo, «comandato» e assunto alla Regione Lazio, le cronache inizio anni Settanta riferirono in abbondanza. Titoli che divennero più grandi, più evidenti, per effetto dell’arresto del luglio 1971 a Trapani. Arresto dovuto non all’assunzione e alle «infiltrazioni mafiose» nella Regione Lazio quanto all’omicidio di Pietro Scaglione, il 5 maggio, procuratore capo della Repubblica di Palermo, delitto al quale fece seguito una vasta operazione antimafia, a cominciare dai corleonesi di Luciano Liggio.
L’approfondimento delle indagini sul «caso Scaglione» consentì alla Commissione antimafia – Francesco Cattanei, democristiano, presidente dal 1968 al 1972 – di «imbattersi» nel trentatreenne Natale Rimi. Gli accertamenti disposti mostrarono che l’assunzione alla Regione Lazio del giovanotto era stata irregolare, con «ammanigliamenti» politici tali al punto «da far sospettare un coordinato disegno mafioso – così negli atti della Commissione – atto a favorirlo ed assicurare per il suo tramite un’utile presenza mafiosa nella Regione Lazio».
Il daffare messo in atto da Natale Rimi per cogliere l’obiettivo del «distacco» a Roma inizia il 14 novembre 1969, con la domanda di trasferimento recapitata al sindaco di Alcamo, il suo municipio. Due giorni dopo la giunta siciliana accoglie l’istanza, cosicché il 18 novembre Rimi, può girare la domanda alla Regione Lazio (dove nessuno obietta se la delibera della giunta alcamese è priva dell’approvazione del Coreco, l’organo di controllo).
Comunque, nonostante le dimostrate buone intenzioni della politica, nulla si muove – la burocrazia dà una mano –. Così Natale Rimi rinnova il 30 gennaio 1970 la richiesta di assunzione alla Regione Lazio. Qui la domanda viene protocollata il 24 marzo. E «smentita» il precedente 4 marzo, allorché la «giunta Mechelli» decide di deliberare il «comando» per trentotto impiegati, compreso Natale Rimi. Si noterà che la delibera anticipa di 20 giorni la data del protocollo.
Non bastasse, il 26 marzo 1970 (quarantott’ore dopo), Girolamo Mechelli – ferito dalle Brigate rosse nell’attentato del 26 aprile 1978 – sollecita il sindaco di Alcamo al trasferimento del Rimi. Il Comune siciliano risponde positivamente il giorno dopo, il 27 marzo 1970. Missiva che non viene inviata mentre sarà lo stesso Natale Rimi a recapitarla. Depositandola di persona nelle mani del nuovo datore di lavoro. Assunto: il 1° aprile Natale Rimi è dipendente della Regione. Un impiego breve. Perché il 14 luglio il ragioniere verrà arrestato «per associazione a delinquere a scopo contrabbando e altre cose»: è quanto testualmente dichiarerà nell’interrogatorio della Commissione antimafia svoltosi all’Ucciardone, il carcere di Palermo, il 26 ottobre 1971.

I carabinieri di Alcamo: “Spostamento di natura certamente mafiosa”

Girolamo Mechelli

C’è un documento dei carabinieri di Alcamo che sottolinea le «anomalie» quantomeno a livello locale nel passaggio alla Regione Lazio di Natale Rimi. I particolari offrono conferma che sull’accaduto ha agito qualche «manina» allo scopo di agevolarlo. Si ignora se la nota sia stata acquisita o meno ai procedimenti giudiziari, compreso quello della commissione antimafia. Perché qualsiasi ricerca sul regista del passaggio darà esito negativo.
Scrivono i carabinieri: «Sul gravissimo scandalo per il trasferimento illecito – avente natura certamente mafiosa – di Natale Rini (figlio del noto mafioso alcamese Vincenzo Rimi, condannato all’ergastolo) dal Comune di Alcamo alla Regione del Lazio, la più grave responsabilità spetta indubbiamente all’amministrazione “frontista” di Alcamo (il cui sindaco è un medico, Vincenzo Migliore, socialista, ndr).
«Gli amministratori di Alcamo sapevano bene chi era Natale Rimi – precisano i Cc –. Sapevano tutto di lui, dei suoi collegamenti, dei suoi interessi, dei suoi affari e della sua famiglia. Sapevano vita e miracoli gli amministratori che lo avevano sotto gli occhi tutti i giorni, dato che il Rimi era al vertice burocratico della loro amministrazione.
«Tuttavia se lo son tenuto per tutto il tempo che lui ha voluto. Ma quando Natale Rimi ha deciso (spontaneamente o per volontà altrui) di farsi traferire per “comando” a Roma – e molti sono i sospetti sulle ragioni mafiose di tale trasferimento –, gli amministratori lo hanno favorito in tutti i modi leciti e illeciti: hanno anche fatto delle irregolarità per aiutarlo a realizzare le trame sua e dei suoi complici e protettori – sottolineano i militari –. Fino al punto di convocare a “tamburo battente” la giunta municipale per deliberare il suo trasferimento a Roma, e fino al punto di trasmettere il “nulla osta” alla Regione del Lazio prima che al Comune di Alcamo giungesse la richiesta della Regione.
«Così il “comando” del mafioso Natale Rimi non solo è potuto avvenire ma è avvenuto – a causa del comportamento illecito della giunta del Comune anzidetto – in anticipo rispetto alla richiesta della Regione laziale».

L’assunzione alla Regione Lazio voluta da Girolamo Mechelli

Il primo provvedimento restrittivo a carico di Natale Rimi, la condanna a cinque anni di soggiorno obbligato, da scontare in un paesino del Pavese, deciso dal tribunale di Trapani l’8 ottobre del 1971. Per l’accusa di «infiltrazioni mafiose alla Regione Lazio», l’uomo venne arrestato, inviato al soggiorno obbligato ed infine condannato nel 1977.
Altri provvedimenti giudiziari. Il 27 gennaio del 1973 Natale Rimi, il «ragioniere modello» della Regione Lazio, ottiene la libertà provvisoria ma con il divieto di soggiornare in Sicilia; l’alternativa scelta è l’Asinara. Rimi è imputato nel processo a carico di 114 esponenti della «nuova mafia» accusati della strage di Ciaculli del 30 giugno 1963. Vittime, sette carabinieri – per gli storici la data segna l’inizio della «prima guerra di mafia» –. Il provvedimento viene emesso dal giudice istruttore Filippo Neri.
Va precisato che Natale Rimi non venne mai dichiarato «mafioso», nessuna carta processuale lo condanna per ciò.
II soggiorno obbligato viene deciso anche per Frank Coppola, che però, anziché raggiungere Aiello del Friuli, si fa ricoverare in una clinica a Roma.
Per assumerlo in Regione Lazio, la proposta venne dal presidente dc Girolamo Mechelli, al quale l’impiegato venne presentato da Italo Jalongo, commercialista di fiducia del boss Frank Coppola, regista della fuga di Luciano Liggio da Villa Margherita a Roma. A far da tramite tra Jalongo e Mechelli, Severino Santiapichi (processo Moro).
L’indagine mandò a processo Girolamo Mechelli, il magistrato Severino Santiapichi, consigliere giuridico di Mechelli (presidente del collegio giudicante i brigatisti autori della strage di via Fani e dell’esecuzione di Aldo Moro), il commercialista Italo Ialongo, Frank Coppola tre dita, Antonio Muratore, assessore socialista agli Enti locali (in precedenza socialdemocratico) alla Pisana. Tutti assolti in primo o in secondo grado.
Quello che non si è mai compreso, è il motivo per il quale Junio Valerio Borghese s’impegnò per la revisione dei processo contro Vincenzo e Leonardo Rimi (già condannati all’ergastolo anche in appello), assieme a quello su Luciano Liggio, la contropartita della partecipazione attiva al golpe.

L’Antimafia «spiazzata» dal magistrato Romolo Pietroni

Non è tutto. Perché, indagando su Jalongo, la Commissione antimafia viene a sapere che costui è in rapporti di amicizia con Romolo Pietroni, il magistrato che dal 1964 presta servizio presso la Commissione stessa per i necessari collegamenti con la magistratura. Così salta fuori che il dottor Pietroni sapeva dei rapporti esistenti tra Jalongo e Frank Coppola fin dalla primavera dell’anno precedente; che il dottor Pietroni era a conoscenza, per essere stato direttamente interessato dal commissario di polizia Angelo Mangano, dei rapporti esistenti anche tra quest’ultimo e Frank Coppola; che una volta esploso il «caso Rimi», Pietroni si era recato con Jalongo presso il Presidente della Regione Lazio, Mechelli, per informarsi sulle modalità che avevano accompagnato l’assunzione di Rimi alla Regione Lazio (fa fede la testimonianza resa alla Commissione il 6 ottobre 1971 dal dottor Michele Vitellaro, della Regione Lazio, e dal dottor Girolamo Mechelli il 12 ottobre successivo).
Il tutto senza che la Commissione antimafia ne avesse mai saputo niente.

Cosa nostra esce dall’isola: Natale Rimi guida il «gruppo Roma-Lazio»

I mutamenti in corso a quel tempo offrono risposta agli interrogativi su cosa sta avvenenendo all’interno di Cosa nostra. Movimenti dei quali il trasferimento a Roma di Natale Rimi si direbbe parte essenziale. L’intenzione è di insediarsi organicamente nel continente, preludio a quel che nei tempi a venire verrà definita «mafia bianca», con la finanza che sostituisce la lupara nella regolamentazione dei rapporti tra le famiglie (gli studiosi definiranno gli esiti come «quarta mafia»). Strutture inizialmente dedicate, i gruppi «Lombardia-Milano» e «Roma-Lazio», voluti da Lucky Luciano (Salvatore Lucania) e da Francesco Paolo Coppola – Frank «tre dita» –, il boss che dopo aver abbandonato Partinico ha scelto quale patria adottiva (vi risiede dal 1952) la cittadina di Pomezia, in provincia di Roma.
Numerosi gli episodi relativi all’«attività tradizionale» del vecchio mafioso – è nato il 6 ottobre 1899 –, mentre quella di copertura, «legale», risulta la compravendita di terreni e l’edilizia in una località che sta assurgendo al vertice delle principali sedi degli affari del Lazio: Pomezia, «capitale» della Cassa del Mezzogiorno.
Come la trama di un noir la storia di Frank tre dita (lui parla di un fucile da caccia esploso tra le mani; altri narrono dello scatto d’un allarme durante la rapina in banca negli Usa; consegue la chiusura automatica della cassaforte; le dita restano incastrate nella porta, Frank three fingers non può scappare; provvede un colpo del suo coltello; estratto dalla tasca, un taglio lo amputa di due dita; poi la fuga). Probabile. Perché nel 1933 Coppola è espatriato clandestinamente negli Stati Uniti dove insieme ad altri mafiosi italoamericani si occupa del mercato degli stupefacenti. Abile al punto di assurgere a braccio destro di Lucky Luciano, incontrastato signore dello spaccio di eroina, contrabbando di alcolici e sigarette, gioco d’azzardo, racket delle estorsioni, trasporto dei capitali fuori del Paese, prostituzione.
Frank Coppola tre dita morirà in un ospedale nella confinante Aprilia, il 26 aprile 1982.

Frank Coppola «tre dita»

Il «gruppo Roma-Lazio» è il primo nucleo organizzato di Cosa nostra fuori dalla Sicilia e trapiantato nella penisola, formato principalmente da residenti nell’Italia centrale. Compito iniziale, i collegamenti con esponenti italo-americani di Cosa nostra. Del gruppo fanno parte Antonino Buccellato, rappresentante della famiglia di Castellammare del Golfo; Giuseppe Corso senior (nato nel 1889) e il figlio Giuseppe del ’27, sposato con una figlia di Frank Coppola, entrambi di Partinico; Filippo Rimi e il fratello Natale di Alcamo; Gian Battista Brusca e Giuseppe Mangiapane di Castellammare e Giusto Sciarrabba di Palermo. A metà degli anni ’70, Frank Coppola perde il comando del gruppo (si sospetta il doppio gioco con il questore Angelo Mangano) che passa a Natale Rimi e a Giuseppe Corso junior, autore della fuga di Luciano Liggio da Villa Margherita a Guidonia Montecelio.
La Regione Lazio non fu l’unica destinazione scelta dall’impiegato proveniente da Alcamo. Perché, nello stesso tempo, la popolazione di Guidonia Montecelio aumentò di un residente, Natale Rimi appunto. Benché, nell’ottobre del 1970, il ragioniere avesse acquistato un appartamento sulla Flaminia, al numero 50 di via De Viti De Marco, che dichiarava sua residenza ma in realtà dato in uso al cognato Nino Buccellato, almeno fino a quando costui non fu costretto al soggiorno obbligato.
Ennesimo mistero di questa storia di mafia: perché Natale Rimi, proprietario di un’abitazione sulla Flaminia, sceglie di abitare a Guidonia Montecelio nonostante la distanza con la sede presso cui lavora?
E’ sufficiente ad alleviare il fastidio la Mercedes utilizzata per il tragitto fino agli uffici di via Cristoforo Colombo 440? Che poi non sono quelli che ospitano gli uffici della giunta né del Consiglio laziali, ma del «neonato» Coreco, il Comitato regionale di controllo, nel quale, come si è visto, il ragioniere è il primo, in ordine di tempo, a prendere posto.
Oltretutto, in coincidenza, Natale Rimi viene promosso segretario sugli atti delle Province, tra gli organismi più delicati della Regione: «In questa sua nuova attività – si legge nel ”profilo“ –, il Rimi dimostrò attaccamento e anche una certa competenza, tanto da assicurarsi la stima di funzionari della Regione». Al punto che, al momento dell’arresto, l’uomo viene descritto come il deus ex machina della commissione: ogni pratica doveva passare sotto il suo controllo.
Per intendere la portata dell’incarico: il Coreco (cancellato a marzo 2001 con l’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione) aveva il compito di verificare la legittimità di tutti gli atti delle assemblee elettive del Lazio: delibere di Consigli comunali e provinciali, di sindaci e presidenti di giunte, appalti, determinazioni, affidamenti, gare e spese di qualunque importo e titolo.
Non occorre particolare fantasia per comprendere l’«attrazione» esercitata su una organizzazione criminale da quello che si potrebbe definire una sorta di «istituto di emissione». Continuamente seguito non soltanto per la pubblicazione del bando su un qualsiasi concorso ma anche – …se non principalmente – per l’«influenza» della criminalità sul soggetto aggiudicatario della gara.
Nelle carte dell’antimafia, tra gli «interessi» del ragioniere di Alcamo viene compreso il golpe di Junio Valerio Borghese e il ruolo svolto dalle famiglie. Natale Rimi viene definito «una figura inquietante». Giudizio dovuto anche alla partecipazione, con funzioni di armiere, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, al tentativo insurrezionale del «principe nero». Nella deposizione al maxiprocesso di Palermo – svoltosi nell’arco di tempo che va dal 10 febbraio 1986 (inizio del primo grado) al 30 gennaio 1992 (sentenza della Cassazione) –, fu Luciano Liggio a confermare ruolo e azione del Rimi nell’evento insurrezionale.

L’influenza del «clan Rimi» sull’organizzazione dell’intera Cosa nostra

La corrispondenza del 9 aprile 1969 a favore di Vincenzo e Filippo Rimi (si ringraziano Paolo Borrometi e La Spia), rivolta al direttore generale degli istituti di prevenzione e pena: «Vengono rivolte vive premure perché i detenuti Vincenza e Filippo Rimi, rispettivamente padre e figlio, non siano separati (…). Si prega di (…) accogliere la richiesta, fornendo cortesi, urgenti notizie in merito».

Per offrire un quadro il più possibile esauriente è utile considerare la famiglia e il contesto. Vincenzo Rimi, storico boss del mandamento di Alcamo, uno dei primi ad avere rapporti con la politica, talmente rispettato da permettersi di girare per Alcamo disarmato e senza scorta, scrivono i cronisti del tempo. «Diretti» i legami con la politica in quanto membro del direttivo della Democrazia cristiana di Castellammare del Golfo.
Tra i capifamiglia, Vincenzo Rimi fu tra i primi a capire quale direzione stesse prendendo l’economia, il ruolo redditizio e strategico del cemento. Tanto che i figli, Filippo e Natale, sfruttando il terremoto nella valle del Belice, si impegnarono nei progetti relativi alla ricostruzione. Agli inizi degli anni Sessanta il litorale di Alcamo Marina non era ancora devastato dal cemento e dalle costruzioni selvagge. È il momento del «Motel Beach», che grazie agli agganci della famiglia non ebbe problemi sulla costruzione, avvenuta proprio su un terreno di proprietà dei fratelli Rimi. Il «Motel Beach» fu il primo edificio del quale era titolare la famiglia. Ne sorgeranno in altre parti del paese.
Secondo il sociologo Pino Arlacchi, Vincenzo Rimi doveva essere «considerato il leader morale di tutta Cosa nostra siciliana degli anni Cinquanta e Sessanta». Dei due figli del boss – morto nel suo letto nel 1976 – Natale già nel 1967 risulta imputato di associazione a delinquere, furto e rapina; il 21 novembre 1970 con altre trenta persone denunciato dai carabinieri che indagano sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro: come si vede, un curriculum che non gli impedirà di essere trasferito dal Comune di Alcamo a Roma.
Due i nipoti di Vincenzo Rimi, uno porta il suo nome. L’altro, Leonardo, viene assassinato a Cinisi nel 1984, a trentadue anni. Esecutore, il suocero, schierato con i corleonesi di Luciano Liggio e di Totò Riina nella seconda guerra di mafia.
Natale Rimi non si immischiò mai più di tanto negli affari della famiglia, ma si costruì una solida vita fatta di affari e investimenti per conto suo nel campo immobiliare; nel nord Italia avviò una fabbrica di camicie di alta moda. Nel 1981 Alcamo fu teatro di guerra tra esponenti dei vari clan di Cosa nostra per assumere il controllo e Natale Rimi fu preso di mira per i suoi numerosi guadagni e poteri finanziari che facevano gola agli ex gregari del padre Vincenzo, ormai deceduto qualche anno prima, schierati dalla parte della nuova mafia emergente di Alcamo,con l’obiettivo di spazzare via i vecchi boss.
Fu così che i fratelli Filippo e Natale Rimi si resero irreperibili e si diedero alla latitanza per paura di essere uccisi e si rifugiarono lontano dalla Sicilia. Natale fu arrestato in Spagna nel 1990 e interrogato dalle autorità italiane, ma il governo spagnolo negò l’estradizione e fu lasciato libero non avendo accuse e crimini a suo carico con prove sufficienti da parte del governo italiano. Filippo fu arrestato nel 1992, dopo quattro anni di latitanza, con l’accusa di associazione di stampo mafioso.
Non è tutto. Perché, a dimostrazione di quanto i Rimi fossero «potenti», si riporta la deposizione di Giovanni Brusca nel procedimento sull’omicidio del giornalista Mino Pecorelli: «Io sono andato per l’aggiustamento del processo del capitano Basile, in quell’occasione in base a come io ero andato a prospettare l’aggiustamento di questo processo, Nino Salvo in un momento di sfogo, per dire, dice “mi viene un po’ difficile in quanto potere intervenire ora, peccato che quando fu di Natale Rimi o di Rimi di Alcamo, di Filippo, di Vincenzo Rimi, quando fu di Rimi di Alcamo – dice – sono riuscito a fare intervenire l’onorevole Andreotti”. Al che io rimasi lì per lì un pochettino sorpreso e poi vado da mio padre e poi da Salvatore Riina per chiedere conferma di questo fatto e tutti e due mi confermano che era vero, in quanto i Rimi di Alcamo avevano un processo in Corte d’assise in quanto erano stati condannati all’ergastolo e non so in quale posizione erano, ma che poi con l’intervento dell’onorevole Andreotti questo processo andò bene».

Il 40% dei depositi bancari di tutta la Sicilia è custodito a Trapani

Vincenzo Rimi e la famiglia controllavano Alcamo, provincia di Trapani, un capoluogo al quale è attribuito uno dei redditi medi più bassi d’Italia. Amministrati però dal numero inverosimile di 23 banche e da 120 sportelli bancari. Nei quali affluisce il 40% dei depositi di tutta la Sicilia. Trapani è la città d’Italia con il più alto numero di società finanziarie e di sportelli bancari in rapporto alla popolazione.
Già negli anni Ottanta, Trapani è una provincia rurale, in apparenza quieta, lontana dall’opulenza palermitana.

Mauro Rostagno

La tranquillità viene squarciata, in contrada Lenzi, alle otto di sera del 26 settembre del 1988 allorché tre killer uccidono Mauro Rostagno, fondatore di Saman, una comunità socioterapeutica. Il giornalista alla guida della sua Fiat Duna, cade sotto i colpi del commando. La colpa di Rostagno è quella di aver denunciato mediante Radio Tele Cine (RTC), la sua emittente locale, il potere di Cosa nostra in Sicilia e le collusioni tra mafia e politica locale, soprattutto a Trapani.
Una denuncia che Rostagno deve pagare. Perché il «codice» mafioso impone il silenzio, nulla deve apparire, risultare. A rischio è l’economia della «città dei tre mari» e il suo porto, lo snodo per il traffico di armi e droga. Qui arrivano i carichi dall’estero, mentre nella provincia operano le raffinerie di droga come quella di Alcamo, scoperta il 30 maggio 1985. La cittadina, fino alla «prima guerra di mafia» dichiarata dai corleonesi di Luciano Liggio e Totò Riina, è stata il regno della famiglia Rimi e del suo capo don Vincenzo. Nell’inverno del 1988, sulla costa tra Castellammare e S. Vito Lo Capo arriverà la Big John, una nave che trasporta oltre 600 kg di cocaina. Quel carico sarà la prova del legame esclusivo fra Cosa nostra e il cartello di Medellin. I boss indiscussi della zona sono Mariano Agate e Francesco Messina Denaro, detto don Ciccio, padre di Matteo.
Per concludere, un interrogativo: che fine ha fatto Natale Rimi? Scomparso. Salvo l’indizio che viene dalle donne della famiglia. Il 13 giugno del 1985 in tre sono sparite subito dopo l’ uccisione di Mariano e Graziano Mellia, padre e figlio, due agricoltori buoni amici della «famiglia» caduti in un agguato alla periferia del paese. I sospetti, dalla lupara bianca alla fuga. Filippo e Natale Rimi e il padre Vincenzo, erano considerati i padroni di Alcamo. Con l’attacco sferrato dalle nuove cosche dei corleonesi di Liggio, sono caduti i capi dei vecchi clan. I Rimi, prima di essere raggiunti dai killer, hanno preferito lasciare la Sicilia e sistemarsi negli Stati Uniti. Forse è là il loro rifugio.

L’Antimafia: chi ha promosso Rimi al Coreco? Muratore: «Non lo so»

Il Comitato di controllo sugli atti degli enti locali appena insediato è del tutto privo di personale, di qui la necessità di dotarsi di una quarantina di dipendenti pubblici. Il criterio è imbarazzante (anche se si tratta del «comando» da un’amministrazione statale a un’altra). Una parte verrà dirottata dalle prefetture del Lazio, il rimanente segnalato da ciascun consigliere regionale che ha «diritto» da due a quattro posti di propri «raccomandati». Una lottizzazione neppure nascosta, a pieno titolo.
Quanto segue è lo stralcio dell’interrogatorio della Commissione antimafia di Antonio Muratore, assessore agli Enti locali della Regione Lazio, il 6 ottobre 1971. Psdi-Psu-Psi, l’esordio in politica con «Nebbia», una lista civica, sindaco dal 1965 al 1966, presidente del Consiglio comunale di Guidonia Montecelio, consigliere e assessore della giunta provinciale di Roma, eletto al Senato della Repubblica (dal 1983 al 1994), Muratore fu anche sottosegretario al Turismo e spettacolo dal 1987 al 1992 – ministro il socialista Franco Carraro – con Goria, De Mita e Andreotti.
Da Muratore la Commissione vuol sapere chi ha gestito la «promozione» di Natale Rimi al «neonato» Coreco.
Ma perché Antonio Muratore? Perché è l’assessore agli Enti locali, con quello al Personale – nella pratica: «da solo» – incaricato di seguire la formazione dell’ufficio, di raccogliere le segnalazioni che vengono dai consiglieri regionali relativamente agli impiegati che vogliono essere trasferiti presso i nuovi organismi – il Coreco raggruppava sette diverse sezioni –; perché vive (tuttora) a Guidonia Montecelio, lo stesso paese (33.251 abitanti nel 1971; 11mila in più del 1961) scelto da Natale Rimi dopo il trasferimento da Alcamo.

Francesco Cattanei, dc, presidente dell’Antimafia

FRANCESCO CATTANEI (Dc, presidente Commissione antimafia). Il personale destinato al Comitato di controllo venne preso in esame nella seduta del 4 marzo 1971. La prima cosa che gradiremmo sapere, è se se ne era parlato in precedenza.
ANTONIO MURATORE (Psu, assessore Enti locali Regione Lazio). Sì, se ne era parlato in precedenza e fui incaricato, in un primo tempo, di andare presso le Prefetture per avere dei funzionari delle Prefetture del Lazio. Infatti pensammo che se alle Prefetture veniva tolto anche un carico di lavoro perciò alcuni funzionari potevano essere distaccati presso la Regione. Le Prefetture inviarono una serie di nominativi che potevano essere distaccati; però, per alcuni, vi era la preferenza per Roma, per altri la preferenza per le Sezioni distaccate nelle altre province. Perciò ritengo che una parte di essi debba essere stata presa da quegli elenchi inviatici dalle Prefetture ed un’altra parte debba essere stata segnalata da un Assessore che indicava, in quel momento, alcune persone che potevano essere suggerite.
CATTANEI. Ma chi l’ha presa? Perché dal verbale della Giunta risulta che fu lei a riferire.
MURATORE. Io ho riferito soltanto (dal verbale è riportato anche questo) che era necessario, per far funzionare il Comitato di controllo, che si prendesse un certo numero di ragionieri, di uscieri, di archivisti. Cioè proposi un organigramma, non dal punto di vista dei nominativi, ma da quello dell’organico, che non avevo fatto neanche io, ma che aveva fatto un funzionario del Ministero dell’interno distaccato presso la Regione, il quale aveva studiato il problema. Io riferii che per la funzionalità degli uffici e delle Sezioni distaccate era necessario che fosse distaccato questo tipo di personale.
CATTANEI. Noi rileviamo, in base agli atti, che fu lei (legge): «L’assessore Muratore, così come convenuto nel corso della precedente seduta di Giunta, comunica i nominativi del personale del quale dovrà essere richiesto il comando presso la Regione alfine di consentire un efficace inizio delle attività dei Comitati di controllo».
MURATORE. Ho comunicato una parte dei nominativi indicati nell’elenco delle Prefetture e poi ogni Assessore ha comunicato i propri nominativi. D’altro canto io ritengo che ogni Assessore avrà l’onestà di dire che ha comunicato personalmente i propri nominativi alla Segreteria generale. Io ho comunicato i miei nominativi in quella circostanza e poi ho fatto presente che vi erano delle lettere delle Prefetture con nominativi indicati dai Prefetti.
GIUSEPPE AZZARO (Dc). Queste segnalazioni nominative da parte degli Assessori venivano fatte in epoca precedente alla riunione della Giunta, dato che venivano lette dal Segretario della Giunta?
MURATORE. No. Le davano anche brevi manu, con dei biglietti, alla Commissione all’interno della Giunta.
AZZARO. In sostanza, ogni Assessore poteva portare un elenco nominativo con tre o quattro nomi, darlo al Segretario e dirgli di includerlo tra gli altri nomi. Ora noi avremmo saputo che vi era un’intesa amichevole all’interno della Giunta, per cui ogni Assessore designava un numero determinato di nomi in modo che ci fosse un certo equilibrio. Ognuno diede questi nominativi al Segretario e questi nominativi si votarono. Lei ha detto che vi erano anche dei nominativi delle Prefetture, ma questi potevano essere approvati oppure no, perché altrimenti si sarebbe detto: guardate che questi nominativi sono delle Prefetture, quindi sono fuori quota e noi li approviamo finché …
MURATORE. Le rispondo subito. Poiché questo lavoro di coordinamento veniva fatto a livello di Segreteria generale, ritengo che inizialmente erano state segnalate in Giunta circa 20 persone, ma poi il distacco è avvenuto per 38. Quindi evidentemente in sede di Segreteria generale, d’accordo con gli uffici del personale, sarà stato aggiunto altro personale.
AZZARO. Cioè, per quel che capisco, sui 38 nominativi, 20 erano stati segnalati dagli Assessori, e 18 erano indicati in queste lettere delle Prefetture. Quando vi siete riuniti e vi siete scambiati i nomi e avete sentito i nomi letti dal Segretario della Giunta, certamente il Segretario avrà detto che c’erano anche i nominativi della Giunta, che si davano per approvati, e allora tutti avete sentito, e ne avete aggiunto qualcuno.
MURATORE. Lei sa meglio di me che quando c’è una riunione di Giunta con 12 persone, più il Presidente e il Segretario, quando alla fine si leggono questi nominativi, non si annette importanza al fatto che si leggano i nominativi stessi.
AZZARO. Il nominativo di Rimi che è contenuto in quella deliberazione, da chi fu fatto?
MURATORE. Non lo ricordo nella maniera più categorica.
DELLA BRIOTTA (Psi, vicepresidente della commissione antimafia). Conosceva Natale Rimi?
MURATORE. Mai conosciuto.
DELLA BRIOTTA . In che rapporti era alla data dell’arresto con Natale Rimi?
MURATORE. Erano i rapporti dell’Assessore con un impiegato, anche se un impiegato modello. Cioè erano rapporti di subordinazione. Rimi era un ragazzo che si faceva voler bene, tanto più che c’era il dottor Galamini, che era segretario della Commissione, che ne decantava i pregi, specialmente nei primi giorni in cui era solo, con un altro impiegato, al Comitato di controllo. Diceva che se non ci fosse stato questo Rimi il Comitato non avrebbe potuto funzionare, perché rimaneva lì a lavorare fino alle 10. Quindi lei pensi ad un ambiente senza niente, senza mobili, dove c’era una sedia nel corridoio con un telefono sopra, dove tutto si svolgeva…
CATTANEI. L’onorevole Della Briotta voleva sapere i suoi rapporti con Rimi prima, durante e dopo.
MURATORE. I miei rapporti sono stati molto cordiali, come del resto sono cordiali con tutti i dipendenti. Bisogna anche tener presente che spesso rimanevamo in ufficio, con la mia segretaria, per lavoro e mangiavano al self-service sotto il palazzo, o perché c’era il Consiglio regionale alle cinque o per altro ed era inutile andare via. Spesso lui scendeva col dottor Galamini e con un altro impiegato del Comitato di controllo a mangiare lì sotto e come si fa tra persone civili che vivono nello stesso ambiente si parlava del più e del meno di questo servizio che non funzionava, eccetera. I rapporti erano questi: rapporti di buon vicinato, rapporti con un impiegato modello …
DELLA BRIOTTA . Di familiarità oppure di …
MURATORE. Qualche volta ci siamo seduti al bar a parlare del più e del meno. Una volta, ricordo, venne con la moglie e le sue due bambine: seduti al bar, dopo pranzato, eravamo io, il mio segretario particolare, il mio autista e un altro impiegato della mia segreteria. Era verso la fine di maggio, verso il 20 maggio, quindi dopo un mese e mezzo che stava lì.
AZZARO. Perché dice il 20 maggio?
MURATORE. Perché ricordo che fu verso la fine di maggio. Verso il 15, 20/25, non so. Ricordo che fu un periodo molto caldo e ricordo che si parlò del più e del meno con Rimi che in quella circostanza mi fece una domanda specifica, cioè mi domandò se conoscevo qualche posto dove lui potesse comprare una casetta per la villeggiatura estiva e io dissi che di solito andavo ad Ostia (erano 10 anni che ci andavo) e che non conoscevo altri posti di villeggiatura. Poi gli dico “Ho letto in questi giorni e me lo ha indicato un mio amico medico, che c’è un posto chiamato Marina Velca, presso Tarquinia, dove vendono o delle case prefabbricate o dei lotticini di terreno per costruirsi delle case. Quindi lei si può rivolgere benissimo a questa agenzia, non so con precisione perché non ho letto il giornale“».
DELLA BRIOTTA . Lei si rivolgeva con il «lei» o con il «tu» familiare?

Antonio Muratore, sindaco di Guidonia Montecelio

MURATORE. Io mi rivolgevo sempre con il «lei». Qualche volta il «tu» era estemporaneo: «prendi questa sedia, prendi questo mobile», perché quando si sistemava il locale si diventava tutti…
DELLA BRIOTTA . Conosce il dottor Jalongo?
MURATORE. No. Mai conosciuto.
MALAGUGINI (Pci). Lei ha fatto dei nomi?
MURATORE. Sì.
MALAGUGINI. Li vuole precisare?
MURATORE. Feci il nome di un certo …, proveniente dal ministero dell’Interno.
MALAGUGINI. Prenda visione del testo della delibera con i nomi per ricordare meglio quali nominativi segnalò (l’onorevole Malagugini porge il testo all’assessore Muratore).
MURATORE. Grazie, sono in grado di vedere… Segnalai ancora il … e lo …
CATTANEI. Potrebbe dirci l’origine di queste persone? Il … era al ministero dell’Interno?
MURATORE. Sì. Debbo dire perché ne chiesi il distacco?
CATTANEI. Vogliamo sapere di dove fosse, dove era nato.
MURATORE. Credo sia di Roma: è figlio di un viceprefetto che era in servizio a Roma. Questi mi chiese la cortesia di far distaccare il figlio. … … invece mi fu segnalato dall’onorevole Nicolazzi, sottosegretario all’Interno ed anche da un segretario di sezione del nostro partito. Credo di aver ricevuto addirittura tre segnalazioni per queste persone.
CATTANEI. Da dove proviene?
MURATORE. Non lo so, forse è siciliano. Comunque, fu segnalato dall’onorevole Nicolazzi. Mentre … mi fu segnalato (conservo tutte le lettere) dall’onorevole Casimiro Vizzini che mi inviò una lettera intestata di un ente di assicurazioni o qualcosa del genere. Poi segnalai anche .. … …, proveniente dal Comune di Marino.
CATTANEI. Quale qualifica possiede?
MURATORE. Appartiene alla carriera esecutiva. Debbo infine ricordare la signorina … …
DELLA BRIOTTA . Quante di queste persone sono andate a prestare servizio presso la Commissione di controllo il 1° aprile?
MURATORE. Credo nessuna.

(…..)

DELLA BRIOTTA . Ha mai avuto occasione di parlare con il presidente Mechelli o di sentire il dottor Mechelli riferire sulle difficoltà relative al reperimento di persoonale con competenza specifica in materia di bilancio, di compilazione di bilanci e di controllo degli atti degli enti locali?
MURATORE. Mai.
AZZARO. Per tornare alla riunione, lei non ha segnalato Rimi?
MURATORE. Nella maniera più assoluta. Io sono in grado di dire le persone che ho segnalato.
AZZARO. Lei è in grado di dircele e ce le dirà. Lei non ricorda chi ha segnalato Rimi?
MURATORE. No, non lo ricordo. Non lo so.
AZZARO. Ha sentito in quell’occasione il nome di Rimi?
MURATORE. Non lo ricordo. Per spiegare quando ho sentito per la prima volta il nome di Rimi, vorrei premettere che il dottor Giuliani, capo del personale, quando arrivavano i nuovi impiegati, telefonava dalla sede centrale avvertendo che arrivava ad esempio un impiegato distaccato al Comitato di controllo. Logicamente non telefonava a me, ma a uno degli impiegati che rispondeva. Se c’ero io gli impiegati si presentavano da me, se non c’ero si presentavano dal dottor Galamini, però poi sempre venivano a salutare, per un atto di cortesia, l’Assessore. Io ricordo che Rimi, quando venne alla Regione, al Comitato di controllo, venne direttamene da me, cioè passò tramite il mio impiegato, perché allora, ripeto, se non erro dovrebbe essere stato il primo impiegato o il secondo che è arrivato. Comunque uno dei primi.
DELLA BRIOTTA . In quale giorno è venuto? Si ricorda?
MURATORE. Questo non ricordo con precisione.
DELLA BRIOTTA . Perché figura che abbia preso servizio il 1° aprile. Lei non ricorda se si è presentato effettivamente il 1° aprile o qualche giorno prima?
MURATORE. Non lo ricordo. Non credo il primo, ma penso sia stato nei primi giorni di aprile. Sa perché adesso mi viene in mente qualcosa? Perché gli atti delle Province dovevano cominciare a pervenire alla Regione il 1° aprile e allora noi sin dal primo momento ci eravamo preoccupati perché non c’era nessun impiegato addetto al Comitato di controllo che prendesse questo materiale, lo timbrasse e lo bollasse e ricordo che Galamini mi disse: “Meno male che è arrivato questo e fa tutto il lavoro lui e resta la sera fino alle 10”. Non ricordo se il 1° o il 2 aprile, comunque senz’altro nei primi giorni di aprile.
AZZARO. Questo è accaduto nella seduta del 4 marzo. Ma nella seduta successiva, fu portata la deliberazione con i nominativi elencati?
MURATORE. Tutti i verbali erano portati sempre la seduta successiva.
AZZARO. Ma i verbali non contengono gli atti deliberativi. Nel verbale si dice che cosa è successo.
MURATORE. Allora la deliberazionenon è venuta. Comunque penso di non averla letta e di non averla vista.
AZZARO. Lei come si è accertato che le tre persone da lei indicate erano effettivamente comprese nella deliberazione?
MURATORE. Perché ho chiesto al Segretario generale se c’erano le persone che avevo segnalato, anche perché nel giro di qualche giorno sono venuti i distacchi e sono arrivati.
AZZARO. Quindi la deliberazione con questi nominativi non veniva firmata, nel momento in cui veniva adottata, dal Presidente della Giunta, dall’Assessore anziano, dal Segretario generale?… Per avere validità legale, una deliberazione dev’essere firmata, altrimenti si potrebbe adottare una deliberazione e poi potrebbe spuntarne un’altra con un altro oggetto.
MURATORE. Questo non avveniva in seduta di Giunta, avveniva in un secondo momento, la firma non si poneva in seduta di Giunta.
AZZARO. Quindi è possibile che di questo Natale Rimi – di cui nessuno si ricorda – non fu fatto il nominativo, secondo quanto afferma pubblicamente l’ex assessore Gaibisso?
MURATORE. Io non lo ricordo, nella maniera più categorica.
AZZARO. Se fosse stato fatto il nominativo di uno proveniente da un’altra regione, c’era motivo di allarme o di particolare attenzione, per i criteri che aveva scelto?
MURATORE. Questo problema non ce lo siamo posto, non l’avevamo mai affrontato ancora: è venuto fuori quando è successo il caso Rimi.
AZZARO. Non c’era stato tra voi un criterio unanime per dire: prendiamo soltanto quelli provenienti dal Lazio, per il resto …
MURATORE. Non mi pare: del resto come ripeto sono entrato in Giunta il 22 dicembre e, dopo le ferie di Natale, riunimmo la Giunta nella prima decade di gennaio, il 7 o l’8 o il 9. Se certi criteri erano stati decisi precedentemente non so; comunque, nel tempo in cui c’ero io, nessun criterio è stato dettato per i distacchi. Anzi, c’era soprattutto questa preoccupazione: che i distacchi non avvenivano; le stesse Prefetture si sono rifiutate di darci personale di dattilografia. Io sono andato a parlare, per esempio, con il prefetto Ravalli, se ci poteva mandare due, tre dattilografe e ci disse che assolutamente non avevano dattilografe, che il Comitato si arrangiasse, che la Regione cercasse altrove, che lui non poteva farne a meno. Per quanto riguarda il criterio di scegliere personale che fosse soltanto della regione o degli uffici regionali, non mi pare che se ne fosse mai parlato nelle sedute di Giunta, per lo meno fin quando ci sono stato io; questo nel modo più categorico.
AZZARO. Perché invece altri lo affermano; da Vitellaro ad altri suoi colleghi dicono che questo criterio c’era. (…..)

La notizia del «confino» di Natale Rimi riportata dall’Unità del 9 ottobre 1971

AZZARO. Lei, sebbene nato a Canicatti, è proveniente da Guidonia?
MURATORE. A Guidonia … Sì, sono da 16 anni
AZZARO. Veterinario? E suo padre fa anche il veterinario?
MURATORE. No, mio padre è vecchio, ha ottant’anni, non svolge nessuna attività, è alle mie dipendenze.
AZZARO. Lei sa che noi siamo un Comitato antimafia. Ora, visto che lei è di Canicattì e visto che questo è un paese in cui si dice che c’è la mafia, lei ha idea di questo fenomeno? In linea di massima, che cosa ne pensa?
MURATORE. Il mio è un giudizio molto negativo; penso che è una cosa che dovrebbe essere eliminata.
AZZARO. Ma esiste come fenomeno?
MURATORE. Io credo che dovrebbe esistere: ci sono nato e cresciuto in Sicilia, purtroppo devo riconoscere che è una malapianta che purtroppo c’è e che la gente, che nasce con un principio diverso, dovrebbe certamente volere la civilizzazione di qualunque angolo del nostro Paese. Perché è chiaro – non so quali sono le analisi e quali sono i rimedi – che si tratta di un fenomeno che dovrebbe essere sradicato nella maniera più implacabile da parte di chiunque e chiunque sbagli senza … io sono dell’avviso che chi sbaglia deve pagare. Nella vita c’è chi ha sbagliato ed ha pagato e chi sbaglia deve pagare. (…..)

CATTANEI. Apriamo una parentesi a questo punto. Lei quindi era presente quando vennero adottate le delibere che riguardavano il distacco dei 20 o 30 dipendenti, che dovevano poi passare al Comitato di controllo, fra cui il Rimi?
VITELLARO. Una deliberazione di 38 persone di cui 31 erano statali…
CATTANEI. Si ricorda chi era il relatore di questa pratica?
VITELLARO. Senta, in linea di massima, quasi sempre il relatore è l’Assessore al personale, perché è compito specifico suo. In quella particolare circostanza già da qualche tempo, 10-15 giorni prima, il Presidente aveva sollecitato all’Assessore al personale e all’Assessore agli Enti locali la preparazione di un organigramma che servisse per poter definire il numero delle persone che dovevano essere poi comandate a prestare servizio presso l’istituendo Comitato di controllo sugli atti provinciali. Perché, siccome già con il 15 marzo era stata fissata la data di inaugurazione, la data di avvio dell’attività del Comitato di controllo, erano stati all’uopo reperiti i locali di Via Cristoforo Colombo, 440, il Presidente, in quella particolare circostanza, aveva incaricato (non era una normale deliberazione di comando di persone che dovevano andare ai singoli uffici o del Consiglio o della Giunta, ma era una deliberazione particolare quanto meno per quanto concerneva il numero delle persone che dovevano essere comandate presso quegli uffici), l’assessore D’Agostini e l’assessore Muratore, quale Assessore agli Enti locali. Quindi credo che, in quell’occasione, all’80-89 per cento, il coordinamento di quella deliberazione sia passato, più che dall’Assessore al Personale, dall’Assessore agli Enti locali, il quale praticamente raccolse i vari elementi per pervenire alla elencazione dei nomi.

(…..)

AZZARO. Dato che Rimi e l’assessore Muratore si danno del tu, il dottor Galamini aveva avuto l’impressione che fosse stato il Muratore a sollecitare il distacco. Se non che, parlando di questo e avendo il Galamini detto: «Ho l’impressione che il Muratore sia un tuo amico, anzi è stato forse lui…». «No» disse il Rimi «è stato il dottor Vitellaro che mi ha aiutato in questa occasione».
VITELLARO. Lo escludo nella maniera più categorica. Mi sia consentito di fare un’affermazione. Io mi trovo fuori della Regione e ho perduto il mio incarico e sono rientrato alla Federazione per una serie di dichiarazioni del dottor Galamini. Francamente non riesco a capirlo il dottor Galamini, che tra l’altro era venuto lui da me a propormi la nomina del Rimi a Vicesegretario del Comitato, e io gli dissi che se lo stava sognando.

(…..)

DELLA BRIOTTA . Lei, assessore agli Enti locali (Antonio Muratore, ndr), ha ritenuto importante avere presso la Commissione di controllo dei funzionari o impiegati di suo gradimento?
MURATORE. Non avevo interessi specifici: feci delle segnalazioni di ordine non personale, ma riferii anche sulle persone che mi erano state segnalate. L’unica persona che volli aiutare – lo dico con estrema franchezza – è la signorina…, che abita a Guidonia dove svolge l’attività di assistente sociale presso l’Onarmo. Chiesi al dottor Vitellaro se poteva essere distaccata, se avesse posseduto i requisiti per il distacco alla Regione: nel caso in cui l’Ente potesse provvedere al distacco, avrei fatto la domanda. Si tratta di un caso umano, perché questa brava ragazza di 35 o 36 anni guadagnava settantamila lire al mese. Si tratta dell’unico elemento per il quale avessi personalmente chiesto… Comunque, la signorina non è stata neanche destinata al Comitato di controllo, ma è entrata nella mia segreteria come dattilografa. Presso il Comitato si trovano il …, figlio del Viceprefetto che me lo ha raccomandato, …
AZZARO. Tutti presso il Comitato di controllo?
DELLA BRIOTTA. Lei ha affermato che non sono andati al Comitato.
MALAGUGINI. Non il primo aprile.
MURATORE. Questi dipendenti sono arrivati a scaglioni, in tempi successivi. Il 1° aprile si trovavano presso quell’ufficio in due o tre: credo che siano arrivati il quattro o cinque aprile il dottor … ed altre tre o quattro persone.
AZZARO. Perché Rimi è arrivato il 1° aprile?
MURATORE. Credo che sia arrivato il 1° o il 2 aprile, non ricordo.
AZZARO. Intendo chiedere: perché è arrivato primo fra tutti gli impiegati. Come mai?
MURATORE. Sì, senz’altro: arrivò insieme con un altro elemento.
MALAGUGINI (Pci). Chi è l’altro?
MURATORE. Un certo …, ma non ne sono assolutamente certo.

3 / continua – i link delle precedenti puntate:

1) http://1) http://www.hinterlandweb.it/wordpress/2019/11/con-la-regia-di-frank-coppola-la-fuga-da-villa-margherita-vestito-da-suora/
2) http://www.hinterlandweb.it/wordpress/2020/01/lantimafia-indago-senza-risultati-su-chi-ha-favori-lassunzione-del-giovane-mafioso-2/