LA SCELTA FAVORITA DALLA DISPONIBILITA’ DEI COMUNI DI TIVOLI E GUIDONIA

di TOMMASO VERGA
LA ”V.I.A.“? UN INDIRIZZO, UN RIFERIMENTO. ANCHE NELL’ACRONIMO? SI’, visto che si traduce in «Valutazione di impatto ambientale». Che dovrebbe condurre a esaminare «quali effetti può causare l’intervento dell’uomo su un quadrat-ino/one della superficie terrestre».  In teoria, la “Via” protegge l’ambiente e le persone. Applausi al legislatore.
L’esame si conclude con un certificato, «si può fare», «non si può fare»; tertium non datur. In teoria.
Perché spesso la «Via» ha dovuto fare i conti con proteste, locali e non, di categoria, di corporazioni. Le più frequenti, l’insediamento di determinati impianti, con rivendicazioni che in nome dello «sviluppo» avrebbero utilizzato le fondamenta del Colosseo per tirare su qualche palazzo. Non sempre il Tar – l’organo di giustizia amministrativa –, chiamato a dirimere le divisioni, ha soddisfatto le richieste degli ambientalisti.
Anche le cave di travertino del bacino Tivoli-Guidonia Montecelio debbono vedersela con la «Valutazione». Non si sta parlando di protezione per vincoli o monumenti. Più semplicemente, se si vuole ottenere il placet per autorizzazioni a scavare, nuove o rinnovi di quelle in vigore, le aziende devono fare i conti con una sorta di formula, talmente particolare da apparire in evidenza sui certificati rilasciati dalla Regione Lazio. Procedura che negli anni più vicini, tra la «prima volta» del 2017 e l’ultima a metà dicembre del 2020, ha interessato una mezza dozzina di aziende.

Flaminia Tosini, direttrice delle Politiche ambientali e Ciclo dei rifiuti della Regione Lazio

Ne sono risultati soltanto giudizi positivi. Sia per le «Valutazioni» effettivamente svolte come per le altre interrotte in quanto la procedura è stata definita non necessaria, «si ritiene che il progetto possa essere escluso dal procedimento di V.I.A.» si sentenzia.
A catturare l’attenzione è però un altro avviso: «il sito di intervento ricade all’interno dell’area compresa tra i comuni di Tivoli e Guidonia Montecelio, fortemente indiziata del rischio sinkhole». La firma è di Flaminia Tosini, direttrice delle Politiche ambientali e Ciclo dei rifiuti della Regione Lazio.
Di getto, la “riflessione”, logica: «rischio sinkhole»? Ma allora l’estrazione del travertino in quei luoghi non deve avvenire, non può essere consentita. La Regione Lazio risponde il contrario, «certo che sì», è possibile. Ci si deve intendere allora. Perché se la dirigente della Pisana l’ha evidenziato, vuol dire che considera il problema dell’autorizzazione a scavare su quel territorio un’anomalia. Un’allerta si direbbe. Al contrario, se non si corressero pericoli, non sarebbe stato generato nessun richiamo (avrebbe concluso monsieur de La Palisse). Tanto che, marcato l’appiglio, come volesse dire «eh! se fosse dipeso da me…», la Tosini precisa che non lei, responsabile Ambiente della Regione Lazio, ma l’Area valorizzazione delle Georisorse «ha confermato il prevalente interesse socio-economico (…) e quindi la procedibilità dell’istanza di apertura del nuovo sito estrattivo». Buoni e cattivi. Che non impressionano chi è «vaccinato». Il quale sa che si sta parlando d’un dipartimento facente parte del medesimo assessorato che la Tosini presiede; e della stessa Regione che l’ha nominata al vertice.
Un via perigliosa. La quale, step by step – per i praticanti della lingua di importazione –, al termine del discorso coincide sul profitto dei padroni delle cave. Voragini alternative alla sicurezza dei beni e delle persone, a cominciare dai rischi che investirebbero prima di tutti e tutto, i lavoratori delle cave – ma i loro sindacati? –. In nome dell’interesse, come si può leggere in un qualsiasi breviario sui trionfi del capitalismo. E non si trascuri il poetico sinonimo «effetto socio-economico».

* Prossimamente, le esperienze dell’area «fortemente indiziata del rischio sinkhole», tra «laghetto San Giovanni» e Marcellina, fino alle recenti voragini nel centro di Guidonia Montecelio, tra l’ex via Antonio Gramsci e via Archita da Taranto (con il Comune che, a imitazione di Tivoli, a fine novembre si licenzia dal Centro per la valorizzazione del travertino romano, nel quale si sarebbe dovuto occupare di Ricerca e sviluppo sperimentale nel campo della Geologia).