di TOMMASO VERGA
C’E’ UN «PASSAGGIO UNITARIO» NELLE VICENDE politico-amministrative di Tivoli e di Guidonia Montecelio, che si chiama “fallita realizzazione del «Parco termale metropolitano»”. Il progetto è riassunto nell’«Accordo di programma quadro» sottoscritto il 30 ottobre 2001 da Provincia di Roma, Regione Lazio e Comuni di Tivoli, Guidonia Montecelio e Roma. Accordo «finalizzato allo sviluppo dell’economia termale da conseguire tramite la valorizzazione del sistema ambientale, il miglioramento della mobilità, la valorizzazione delle attività produttive (termali ed estrattive), la previsione di un sistema ricettivo ludico ricreativo».

Le terme di Saturnia, concorrenti delle terme Acque Albule

Che fine ha fatto il Parco termale metropolitano? (un progetto decisamente fantastico; non il solo: altrettanti benefici potrebbe fornire, riesumandolo, il distretto dell’aerospazio). Un piano che avrebbe potuto soccorrere in termini di crescita, occupazione, reddito, fisco, tributi, condizioni di vita, un’area in profonda crisi dopo la caduta verticale delle attività industriali e manifatturiere degli anni Settanta (crisi strutturale si sarebbe definita a quel tempo).
Due i «colpevoli» del venir meno del Parco termale metropolitano: l’occupazione in larga misura (seppure legittima) delle superfici destinate al Parco del Bivio di Guidonia; il monopolio dell’acqua della società mista pubblico-privata Comune di Tivoli-Fincres spa.
Mettiamo da parte, solo per questo momento, i palazzoni della «Sorgente», del “Consorzio F6” (Terranova, Romanelli, Ludovici). Ci si tornerà su (anche se non si può sottacere lo stato in cui il Comune di Guidonia Montecelio amministra (?) quel luogo). Soffermiamoci invece sull’acqua. Si potrebbe scrivere che è un controsenso l’“esclusiva” alla «spa Acque Albule», il «monopolio» alla Kim jong-un, che dev’essere «liberalizzata». Non intende il sindaco di Tivoli? così come il socio Bartolomeo Terranova (lo stesso dei palazzi alla Sorgente, sui terreni del Parco termale metropolitano)? Vuol dire che interrogheremo per sapere cosa ne pensa al/il signor Bolkestein. E alla Regione Lazio, alla Città metropolitana di Roma capitale e, se necessita, a Ursula von der Leyen e a David Sassoli, di voler esaminare il dossier relativo al Parco termale metropolitano delle Acque Albule e della Piana dei travertini. Quindi tirare le conclusioni. La premessa (almeno la prima parte della) termina qui.

I “laghetti del Barco” perdono la pazienza. E denunciano l’esclusiva termale
«Il rinnovo della concessione in monopolio alla Acque Albule è illegale» 
Terranova: le acque delle piscine non hanno proprietà terapeutiche

NEL PERDURANTE SILENZIO DEGLI INNOCENTI A QUASI UN ANNO DALLE DENUNCE
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI TIVOLI, IL GESTORE DEL BAMBU’ SI RIVOLGE ALL’ANAC

PROSEGUE A TUTTI I LIVELLI la controversia che ha opposto i gestori dei laghetti del Barco ad Acque Albule S.p.A. ed indirettamente all’amministrazione comunale tiburtina, che ne è il maggiore azionista, dopo la sentenza del tribunale di Tivoli del 2020 che, accogliendo la domanda della predetta società, ha vietato la l’uso di balneazione nei laghetti, condannando i relativi gestori al risarcimento dei danni per oltre 700.000 euro e dopo che la Corte di Appello di Roma ha sospeso in via provvisoria l’efficacia esecutiva di tale della sentenza limitatamente al pagamento di tale somma, la lite prosegue dinanzi al Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Tivoli dottoressa Patrizi (chiamata a stabilire le modalità con le quali sarebbe possibile in concreto impedire la balneazione, trattandosi, com’è pacifico ed incontestato di sorgenti naturali, che per legge non possono essere ostruite), che ha nominato un nuovo perito per tentare di risolvere un busillis irrisolvibile.
Esclusa l’espropriazione e la recinzione dei luoghi – certamente non autorizzate dalla sentenza, che fa riferimento soltanto al divieto di “usi abusivi”, con il che escludendo quelli non abusivi –, non resterebbe che costituire un presidio permanente di Carabinieri presso i singoli invasi che manu militari impedisca ai singoli avventori di “balnearsi”: ipotesi questa che rinnoverebbe i fasti della “commedia all’italiana”.
Per la verità, la legge in tali casi prevede una tutela indiretta e cioè il pagamento di una penale, fissata dal giudice per ogni violazione accertata. Ma la penale avrebbe dovuto essere fissata nella sentenza del giudice Coccoli, che nulla ha disposto in merito anche perché la pur agguerritissima difesa terranoviana si è dimenticata di chiederglielo.
Anche in sede penale, la denuncia presentata nell’estate del 2020 da Simone Romanzi e Bruno Ginopri, gestori rispettivamente dell’Associazione Bambu’ e di Parco Tivoli, per aver Acque Albule S.p.A. ingannevolmente pubblicizzato come termale l’acqua che alimenta le sue piscine, che, com’è ormai assolutamente pacifico, tale non è fin dal 1984, a seguito di declassamento da parte della Regione Lazio, dopo quasi un anno di “indagini preliminari”, non ha sortito alcun esito.

Acque Albule, lo stabilimento di Tivoli terme

Va precisato che tale denuncia è stata successivamente integrata dai predetti gestori con la contestazione, documentalmente provata, della illegittimità della delibera n. 36/2018, con la quale il Consiglio Comunale di Tivoli ha “rinnovato” la subconcessione mineraria per lo sfruttamento delle acque solfuree in favore dell’omonima società, per palese violazione della direttiva europea antimonopoli Bolkestein e delle relative leggi italiane attuative (art. 1, I° comma Dlgs n. 59/2010 e art.1, comma 1094 L. 205/2017). Quest’ultima legge, infatti, consente eccezionalmente in deroga alla direttiva europea, il rinnovo in regime di monopolio delle concessioni minerarie in favore di aziende termali che nei due anni precedenti abbiano conseguito un fatturato prevalente per prestazioni termali e piscine termali.
Ebbene, alla domanda di rinnovo della S.p.A. Acque Albule (prot. 31 del 05.07.2018), pur dopo una richiesta di maggiori chiarimenti da parte dell’amministrazione comunale in data 24.07.2018 (prot. 40751) è stata allegata l’attestazione del collegio sindacale di fatturato prevalente per gli anni 2016 e 2017 per “attività termale e piscine termali”, pur essendo pacifico e ben noto a tutti che le piscine termali non erano fin dal 1984 e che sottraendo al fatturato globale quello delle piscine (per le quali, con singolare contraddizione, nell’elenco dettagliato riportato nella predetta attestazione, il collegio sindacale omette l’aggettivo “termali”) il fatturato per attività termali era certamente subvalente rispetto a quello totale dell’azienda e che conseguentemente non poteva trovare applicazione la deroga di cui alla L. 205/2017.
Lasciando pur da parte il collegio sindacale, è possibile credere che da parte i dirigenti della S.p.A. Acque Albule e dell’Amministrazione comunale siano incorsi in una svista?
A prescindere dalle varie interviste rilasciate dagli amministratori di detta società e dallo stesso sindaco del Comune di Tivoli, nelle quali i primi hanno candidamente ammesso che le acque delle piscine non sono da oltre trent’anni termali, ma semplici acque di balneazione, soggette, a loro avviso, ai controlli di cui al DPR n. 470/82 (da tempo abrogato!) ed il secondo, dopo aver tentato disperatamente di simulare stupore, alla fine ha ammesso di averne avuto notizia proprio dai predetti amministratori, le dichiarazioni rilasciate dal Rag. Bartolomeo Terranova a “Tiburno” del 28 luglio 2020 fugano ogni possibile dubbio:
DOMANDA: “Il Comune sapeva che le acque delle piscine non hanno proprietà terapeutiche?”
RISPOSTA: “Certo, infatti anche a livello fiscale paghiamo all’Agenzia delle Entrate l’iva al 22 per cento sull’incasso di ciascun biglietto, diversamente da molte Terme in Italia che hanno l’acqua terapeutica e fanno gli incassi con l’iva ad aliquota zero. Tutto questo proprio perché è balneazione in acqua di sorgente e non ha importanza se sia o meno terapeutica: ho trovato questo sistema e l’ho continuato”.
Ecco il punto è: tutti sapevate che questo era il “sistema” e che l’acqua delle piscine non era termale; ma allora perché l’uno ha presentato quell’attestazione macroscopicamente falsa del proprio collegio sindacale e l’altro l’ha accettata senza batter ciglio, pur in presenza, nel testo della delibera contestata, di una dotta e dettagliata prolusione sull’applicazione della deroga di cui alla L. 205/2017 ? E come mai sulla base di tale provvedimento avete ottenuto la sentenza di condanna dei gestori dei laghetti che si sono opposti all’illegale monopolio?
A questo punto, v’è da chiedersi come qualifica – in ipotesi teorica ovviamente – il codice penale la fattispecie di un atto pubblico emanato sulla base di una falsa attestazione di un fatto da parte di un privato e nella consapevolezza da parte del pubblico ufficiale emanante di tale falsità e del notevole utile patrimoniale che il privato ne avrebbe ricavato (utilizzo monopolistico di acque minerali).
Questo, in sintesi l’oggetto delle due denunce: allo stato nessuna conseguenza, tutto tace.
Tace il Rag. Terranova, tace il sindaco Proietti: il silenzio degli innocenti!
Sembrerebbe anzi, secondo quanto riferito dal Sig. Romanzi (Bambù), che il PM assegnatario delle indagini Dott. Calice, avrebbe chiesto l’archiviazione.
Per tale motivo il signor Romanzi ha ritenuto di dover inviare un esposto con la dettagliata descrizione dei fatti, corredato della relativa documentazione, all’Autorità Anticorruzione (ANAC), sperando che finalmente, anche per lui, …ci sia un giudice a Berlino.