di TOMMASO VERGA
L’ARIA CHE TIRA, da frase fatta a constatazione dei fatti: se dovessero corrispondere alle aspettative dei padroni dell’azienda ci si troverebbe di nuovo a contestare il sempre vietato provvedimento: utilizzare il CSS «di tipo C» (“Combustibile solido secondario”) nel cementificio Buzzi Unicem. Si tratta del carburante ottenuto dalla trasformazione dei rifiuti indifferenziati-RSU ma di bassa qualità, visto che quel «di tipo C» attesta la provenienza da una differenziazione «povera», «bassa», non “mirata” dei rifiuti urbani. E’ sufficiente immaginare cosa possono contenere (e contengono) i sacchi dell’immondizia abbandonati negli spazi-ma-anche-no della Capitale in tempi di Covid 19.
Non soltanto. Perché ciò inoltre costituirebbe la conclusione pratica di un ciclo produttivo, un corollario: premessa all’ingresso da via dell’Inviolata dei camion che trasportano i rifiuti destinati alla lavorazione nell’impianto TMB dell’Inviolata, in attesa di attivare il Trattamento meccanico biologico. Pani ed ecoballe che Manlio Cerroni potrà vendere allo stabilimento poco distante, dove Buzzi Unicem li trasformerà in cemento.
Insomma, ci risiamo. Di fronte all’azienda che aveva giurato a Eligio Rubeis di non voler fare ricorso a combustibili ricavati da rifiuti indifferenziati, come il CSS. Un impegno che il sindaco aveva tradotto in un decreto affisso all’albo pretorio del Comune a inizio febbraio 2013. E invece, proprio grazie a lui, abbiamo una discarica che ha inquinato la falda acquifera al punto da renderla “imbonificabile”, cave di travertino che accompagnano la conclusione del ciclo estrattivo in un processo nel quale la “materia prima” è sempre l’immondizia – dalla «F.lli Pacifici», l’entrée più recente, voglioso di produrre il biometano; un impianto (il TMB) che trasforma i rifiuti in CSS-combustibile. Senza dimenticare i suoi «seguaci» che del Parco archeologico naturalistico dell’Inviolata farebbero strame.
Guidonia Montecelio, una città nella quale la salute può continuare ad essere messa a repentaglio dagli stessi protagonisti delle vicende locali. Partiamo da alcuni presupposti, quanto lapalissiani lo giudichino i lettori: nessuno vorrebbe una discarica vicino casa, una macchina che lavora i rifiuti rendendoli “bruciabili”, un cementificio che brucia immondizia, una produttore di biometano a qualche decina di metri da una scuola, da un quartiere (Villalba), da un ospedale, dall’Aniene… in una zona protetta dall’Europa.
Nella circostanza, in cauda venenum, se tutto ciò appartiene alle “categorie” del passato, nell’attualità altro non si può che fare largo a un attore esordiente, del tutto sconosciuto: il rifiuto da Covid 19. Del quale, nessuno, men che meno laudatores del combustibile da RSU, è in grado di fornire una certificazione che escluda la pericolosità. Indifferenziato – altrimenti detto “tal quale” – secondo l’impostazione fornita al TMB, così come ignorante di tutto ciò che la pandemia ha prodotto e abbancato in quanto in realtà è stato conferito, senza controllo alcuno, anche rifiuto speciale nonché probabilmente pericoloso nelle “isole del rifiuto” che per cinque anni, in ogni dove, hanno tinteggiato vie e piazze della Capitale (e non ancora tirate a riva).
Per individuare ogni insidia, è l’annotazione del sostituto procuratore Alberto Galanti, decisamente un esperto in materia, per il quale «il produttore dovrebbe avere una conoscenza completa della composizione del rifiuto, tale da escludere la presenza di sostanze pericolose. Il produttore, quindi, non gli organi di controllo. Tale asserzione non è apodittica, ma si basa su dati testuali, ossia sullo stesso elenco europeo dei rifiuti».
Ma visto che dal tritovagliatore di Roma arriverebbero rifiuti speciali e non più rifiuti urbani “non pericolosi”, in ogni caso trattandosi poi di rifiuti speciali con codice a specchio 191212, quale rifiuto può essere “diverso” da un rifiuto pericoloso? «Solo un rifiuto NON contenente sostanze incluse nelle classi di pericolo – prosegue il magistrato –, e l’unico modo per stabilire se tale rifiuto NON contiene le sostanze incluse nelle classi di pericolo è conoscerne la composizione e, se essa non è nota né può essere conosciuta (con le modalità che si diranno in appresso, ndr), effettuare analisi complete dello stesso». Ma «qualora il produttore non ritenga conveniente eseguire tutte le batterie analitiche necessarie ad una corretta caratterizzazione del rifiuto, potrebbe scegliere direttamente di classificare lo stesso come pericoloso» la conclusione.
Delle intenzioni dell’Unicem avrebbero già discusso senza concedere nulla il sindaco Michel Barbet e i partiti della maggioranza cittadina. Benché non risulti da nessuna parte la valutazione merceologica che andrebbe però fatta per analisi concreta su ogni carico (come?). Mentre non è invece necessaria la risposta della Regione Lazio visto che Buzzi Unicem può ricorrere alle autorizzazioni – VIA inclusa – della passata conferenza di servizi del 2015. Un onere escluso che probabilmente allieta i primi passi di Andrea Rafanelli, dal 4 febbraio nuovo direttore del settore rifiuti della Pisana. E’ il sostituto di Flaminia Tosini oltreché dell’interim dei trascorsi nove mesi affidato a Vito Consoli.
Allo stato, la “movimentazione” fa pensare a un banco di prova, a un “esame elettorale” più che altro. In particolare, se ancora in auge le «convergenze parallele» indirizzate contro Buzzi Unicem. Da un lato, Roberta Lombardi, assessora alla Transizione ecologica della Regione Lazio, grillina, autrice dell’esposto-denuncia del 2 maggio 2019 contro la società: oggi come ieri il medesimo atteggiamento? Anche in presenza della crisi energetica? Localmente, la giunta uscente diretta da Michel Barbet. Che, seppure non abbia svolto fino in fondo la parte assegnata dal suo elettorato, subordinando le proprie decisioni in materia di rifiuti alle necessità di Virginia Raggi, ex sindaca di Roma, la collocazione al momento non suscita dubbi né riserve. Contro “Ambiente Guidonia”, la srl di Manlio Cerroni, fa fede la decisione di ergersi «parte civile» nel procedimento penale in corso al tribunale di Tivoli contro il Supremo e gli altri 12 imputati.
“Esame elettorale” anche per il semplice motivo che siamo all’abbrivio della consultazione che deciderà chi governerà Guidonia Montecelio per i prossimi 5 anni. Quanto a monnezza non risulta che il “tricolore” movimento 5Stelle-Partito democratico-La nuova Storia abbia in particolare simpatia il TMB di Cerroni così come le emissioni provenienti dalle caldaie della Buzzi Unicem. Che dovrà invece rispondere alle sollecitazioni che vengono dalla destra cerroniana – il benestare alla costruzione del TMB reca la firma di Eligio Rubeis, così come fu lui ad autorizzare in Conferenza di Servizi l’ingresso alla Buzzi di CSS provenienti anche da altri stabilimenti analoghi a quello di Guidonia –. In fin dei conti, se vincono i fautori del «tana libera tutti», a cominciare dai vincoli sul Parco dell’Inviolata (e del Parco stesso), non ci sarebbero ostacoli di nessuna natura e tipo alle possibili avventure. Combustibili a volontà. E potrebbero persino rivedersi i “tombaroli”. Vuoi mettere?…
L’interpretazione che ne dà Buzzi Unicem sul sito internet
Il CSS (Combustibile solido secondario) è un rifiuto travestito da combustibile? Falso
Al di là degli aspetti normativi che lo regolamentano, dal punto di vista tecnico e pratico non è corretto definire il Combustibile Solido Secondario (CSS) semplicemente un rifiuto. Tale combustibile, infatti, deriva da una serie di particolari trattamenti fisici e meccanici del rifiuto solido urbano indifferenziato (RSU), che avvengono a valle della raccolta differenziata, accrescendone il valore e rendendone possibile un impiego, quale apportatore di calorie in un sistema di combustione, il cui scopo non è l’incenerimento di un rifiuto, ma la fabbricazione di un prodotto (cemento). Tanto ne consente un utilizzo, che è alternativo allo smaltimento in discarica e all’incenerimento e sfrutta un processo di combustione comunque esistente con finalità produttive.
Dal punto di vista normativo, poi, a seguito dei suddetti trattamenti, nel rispetto di talune rigorose condizioni dettate dal D.M. n. 22 del 14 febbraio 2013, il rifiuto così recuperato cessa di essere tale ed è riconosciuto come prodotto combustibile alla stregua dell’Allegato X della Parte Quinta del D.Lgs 152/2006. In tali casi, è quindi la lavorazione effettuata sul rifiuto che ne determina la trasformazione in un prodotto.
L’utilizzo del CSS è previsto dalle migliori tecnologie disponibili (MTD) di settore e rispetta la gerarchia UE dei rifiuti, si colloca a valle del riciclo e del recupero di materia imponendo il recupero energetico, prima dello smaltimento in discarica.
*https://www.buzziunicem.it/css#:~:text=L’utilizzo%20di%20CSS%20nei,tal%20quale%2C%20il%20recupero%20energetico