Acque Albule, lo stabilimento di Tivoli Terme

di TOMMASO VERGA
«PARCO TERMALE METROPOLITANO» il titolo dell’«“Accordo di programma quadro” avente valore d’intesa concernente il Parco termale metropolitano di Tivoli, Guidonia e Roma, sottoscritto il 30.10.2001 dalla Provincia di Roma, dalla Regione Lazio e dai Comuni di Tivoli, Guidonia e Roma, finalizzato allo sviluppo dell’economia termale da conseguire tramite la valorizzazione del sistema ambientale, il miglioramento della mobilità, la valorizzazione delle attività produttive (termali ed estrattive), la previsione di un sistema ricettivo ludico ricreativo». E’ il testo dell’introduzione della delibera approvata dalle assemblee elettive delle città e degli enti elencati, successivamente inserita nel Prusst (Programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio) dell’Asse tiburtino, Nei fatti a seguire del tutto ignorata dalle amministrazioni locali (fatto salvo Eligio Rubeis che aveva individuato il 2022 come anno di apertura dei cancelli della città termale: ha tempo ancora 10 mesi per trovare le chiavi…). Indifferenza e trascuratezza soverchiate dal collegamento politica-affari, nonostante le potenzialità – con il semplice ricorso all’utilizzo dell’acqua minerale, materia prima connaturata nell’area tiburtina – sul piano della crescita e degli effetti sull’occupazione, principalmente nei settori più deboli, giovani e donne, la città termale è naufragata.
Nel fascicolo dedicato al progetto del Parco, a giudizio del professor Maurizio Marcelloni, l’urbanista autore del Piano d’area, «le cave di travertino appaiono come una sorta di area autonoma che malgrado interferisca da tutti i punti di vista con la realizzazione del parco termale, ne risulta del tutto estranea. La presenza dell’attività estrattiva infatti sembra entrare allo stato attuale in rotta di collisione con il pieno e organico sviluppo dell’attività termale». Come dire che la pianificazione del territorio, la crescita e la scelta di obiettivi credibili oltretutto nella potestà esclusiva dei governi locali, dipendono a tutti gli effetti dalle decisioni dei padroni delle cave di travertino. Una conclusione amara che trova però definitivo suggello nell’atto della giunta di Guidonia Montecelio di inizio mese illustrata a seguire. Ma non sarebbe stato meglio proporsi di esaminare il contenuto nel confronto sul voto amministrativo? Utilizzando la fase preelettorale per innescare una discussione ampia, sui problemi, gli obiettivi ma per davvero, mirante a delineare il «carattere della città che vogliamo». Anche se, con certezza, non sarebbe sortita quella disegnata dai padroni delle cave.

P.S.: In tempi passati, dopo aver chiesto scusa ai palazzinari per averli ignorati nell’analisi, si è giustificata la diserzione sulla realizzazione del «Parco termale metropolitano» con l’ostacolo-Tivoli, contraria a liberalizzare l’utilizzo della «propria» acqua minerale (nonostante avesse approvato le delibere sul «Parco» e successivamente sul Prusst). Oggi, nemmeno tale «scusa» regge. E’ sufficiente ricorrere all’applicazione della «direttiva Bolkestein». Dipende solo dalla «politica» (quindi ancor più complicato?).

Nel Prg, il terreno della cava dismessa ritorna alla natura d’origine, agricola; con l’atto dell’8 febbraio 2022 si passa direttamente a industriale

LE BUONE MANIERE INNANZITUTTO. Grazie alle quali si precisa nel testo che l’atto contenente la variazione della destinazione d’uso di quasi 250 ettari del territorio comunale da agricolo a industriale, «è comunicato ai Capigruppo Consiliari». Effetti? Nessuno, nemmeno una interrogazione, non l’avranno manco letto. Nonostante si tratti della decisione più significativa del quinquennio di governo Barbet-5stelle, con l’obiettivo recondito di saldare a doppia tenuta il rapporto con i padroni delle cave. Anzi, meglio non reagire, comunque non farlo vedere. Non è detto che il sindaco-mittente non abbia puntato proprio sul fatto che i suoi potenziali interlocutori, per primi gli oppositori, sbadatamente impegnati nella ricerca dei voti di preferenza per vincere le vicinissime elezioni, abbiano ignorato la portata e soprattutto i recoditi propositi della delibera. Con l’aggiunta che, trattandosi di una scelta «politica», i suoi antagonisti non avrebbero saputo cosa farne, come trattarla. Analogamente i seguaci e i componenti dei rassemblement 8×8 (distinguendo quelli in buonafede da chi non).
Lo dimostra, almeno per ora, l’attenzione risucchiata da un manifesto sul quale ricerchi inutilmente le parole «lavoro», «occupazione» e altri superficiali ammennicoli, beandoti però con l’impegno sullo «sgambamento per cani» (?). Una impostazione che, in altro lato seppure parallelo, vede accusati sindaco, assessori, maggioranza & Co., di non aver impedito all’Unicem di annunciare di voler librare nell’aere i fumi provenienti da CSS-ex CDR e – per evitare di pronunciare «Cerroni» per non rischiare l’identificazione con l’autocontroparte (cautela che non si comprende: l’uno o l’altro sono ugualmente favorevoli al TMB) – di non essersi opposti all’avvio dell’impianto TMB all’Inviolata. Benché poi le cose siano andate esattamente al contrario. In tema di buone maniere, nemmeno le scuse per la precedente brutta figura. Al punto che, seppure per dispetto dei menagramo, la Regione ha bloccato il TMB di Guidonia Montecelio. Uno scatto di reni per una soluzione che deve diventare permanente (posizione sulla quale digrignano i denti i componenti della lista patrocinatori sin dall’origine del Cerroni-investimento).
Sì, vabbè, così le liste civiche. Ma i partiti? Tempo al tempo, anche sinistra, centrosinistra, destra, centrodestra, centrini, centrosinistracentrodestra, provvederanno a liste, candidati, programmi e via dicendo. Prima del voto.

IL RITOMBAMENTO SEGUE LO STUDIO DEL 2014
LA DETERMINA NUMERO 27 DEL 2 FEBBRAIO 2021 a firma di Egidio Santamaria, dichiaratamente discende dallo studio della professoressa Paola Tuccimei, dell’Università Roma Tre. 39 pagine di risposta all’incarico assegnatole dal Comune di Guidonia dietro esborso di 21 mila euro più Iva a fine ottobre 2014. In sintesi: diventano utili terre e rocce da scavo di provenienza esterna al sito; in precedenza, il materiale per il ritombamento (cappellaccio, testina, eccetera) doveva appartenere alla cava stessa.
«Non è più possibile – la giustificazione-premessa della nuova formula – non se ne ricava a sufficienza». Davvero? Chi sa dire quanto travertino di pregio si scava e quanto è quello di risulta? Replica: l’ufficio cave del Comune sa quello che dice. Perciò, anche a richiesta (questo è il caso), è certamente in condizione di indicare le percentuali di travertino di pregio divise da quello di scarto su entrambe le quali viene comunque calcolato il tributo che i padroni delle cave debbono corrispondere al Comune – 70% la pietra apprezzata nel mondo, 30% quella destinata al ritombamento –? Il tutto accompagnato dalle perizie giurate che ogni anno, entro il 30 giugno, gli esperti depositano in Comune (depositano?).

“La Regione Lazio, con propria Delibera ha provveduto ad integrare il Distretto Industriale dei Monti Ausoni con i Comuni di Guidonia Montecelio e di Tivoli – ridenominandolo – Distretto Industriale Monti Ausoni-Tiburtina del Marmo e del Lapideo”. Nessun errore, l’8 febbraio 2022, la giunta e il sindaco di Guidonia Montecelio si sono richiamati proprio alla Delibera regionale 1308 del 2004, 18 anni fa. Un atto per il quale a quel tempo non molti si spesero. Un obiettivo fatto proprio da qualche comunista e/o sindacalista in sintonia con qualche padrone di cave (che poi ha radicalmente sdirazzato); un deliberato dall’esistenza ignorato non soltanto dalla giunta (attuale) di Guidonia Montecelio ma da tutte le precedenti fatta salva (in parte) quella del 2005 con Filippo Lippiello sindaco.
Date le «buone maniere» è d’obbligo l’abito di gala. Cosicché, l’8 febbraio 2022, per approvare la delibera numero 9, la giunta di Guidonia Montecelio ha invocato la parentela dell’atto con il PRAE (il Piano regionale attività estrattive sin’allora sconosciuto per quanto avesse toccato la maggiore età il 12 gennaio di quest’anno). Il documento è titolato (inclusi maiuscole e minuscole) “Atto di indirizzo per l’adeguamento al PRAE della pianificazione comunale per la VALORIZZAZIONE DELL’AMBITO PRODUTTIVO DEL DISTRETTO ESTRATTIVO”. Cosa intendono sindaco e assessori con quel criptico “valorizzazione dell’ambito produttivo”? Domanda retorica. Indicando i 231,50 ettari di territorio occupato da cave dismesse, annunciano il recupero dell’area compromessa dall’escavazione. Dopo il ritombamento della voragine (chi paga?) la voltura dei terreni anziché agricola sarà a destinazione industriale.
A supporto, occorrerà individuare uno stratega nel marketing territoriale, capace di coniugare l’abbandonato “mestiere” del travertino con il trapassato sistema dei capannoni industriali. Cosa pensano di metterci dentro? Con l’aria che tira – è il mercato piccola –, si potrebbe pensare a una succursale della fabbrica di cannoni collocata nel Santuario di Ercole vincitore a Tivoli, semmai necessitasse dichiarandosi eredi di Luigi Bonaparte (benché lui li costruisse per il Vaticano)?
A prescindere da ogni altra argomentazione, passato senza ostacoli il vaglio del Consiglio comunale – salvo rivoluzioni, i padroni delle cave hanno sempre ottenuto un indefesso consenso, a prescindere – la delibera realizzerà la ricapitalizzazione delle società ex-estrattrici del travertino, con quel terreno acquistato a prezzo agricolo e contabilizzato a valore industriale, quando si dice plusvalenza…  (immaginarsi se dalle urne uscirà eletto un sindaco della corporazione «padroni delle cave»).
Così compiendo, Michel Barbet (o l’assessora Elisa Strani? mmm…) tornano a un’antichissima proposta – rimasta tale per decenni a causa della smisurata attrattività come risulta (riveli il sindaco il nome del suggeritore). Alfiere, Umberto Ferrucci (il teorico del claim“ La bellezza dei capannoni”; dirigente dell’Urbanistica non soltanto con Eligio Rubeis, ma anche nell’era di Filippo Lippiello sindaco). Non le tre aziende fallite e sprovviste di polizza fideiussoria.
Come si vede, l’abito di gala non serviva. Orpelli il PRAE e l’invocazione del “Distretto estrattivo”. Prioritari invece il ritombamento della cava dismessa seguito dalla variante di PRG. Piuttosto: di fronte a un progetto strategico (soprattutto per alcuni) come quello messo in bella copia, non si ritiene d’obbligo discuterne pubblicamente, proprio e soprattutto nella fase pre-elettorale? Ancora: perché mancare il confronto su una delibera che non dedica una sola riga a come e dove rimediare il materiale per “tappare” il buco-voragine?

CRONACHE DEL GIORNO PRIMA – Il ritombamento con terre e rocce da scavo provenienti dall’esterno del sito? Un “attentato” all’integrità del territorio

A questo secondo interrogativo si risponderà che non è necessario. L’8 febbraio 2022, gli assisi al tavolo virtuale causa obblighi del distanziamento sociale, «come si fa» non lo ignoravano davvero. Infatti, le modalità di ritombamento d’una cava di travertino esaurita sono state decise un anno fa. Con la determina numero 27 del 2 febbraio 2021 a firma Egidio Santamaria, dirigente dei Lavori pubblici del Comune di Guidonia Montecelio. Dalla notizia agli effetti, il ritombamento così concepito, ossia “da fuori”, può arrecare danni gravissimi all’ambiente e alle condizioni del territorio che dovrà ospitare quei materiali, terre e rocce da scavo provenienti dall’esterno del sito di cava. Tutti temi per una discussione: da dove? se contenessero amianto? chi le ha analizzate? e se inquinassero le falde acquifere intaccate dalla escavazione procedente? sarebbe l’Aniene il luogo ultimo di accoglienza degli effetti?
Allo stato, come si può realizzare un disegno di questo tipo? A cominciare dall’individuazione del sito che oggi custodisce il materiale per ritombare le cave? La risposta è di una semplicità assoluta: saranno le cave dismesse il contenitore del terreno proveniente dallo scavo per le fondamenta dell’ospedale a Cesurni. Non solo quello. Perché altrettanto sarebbe se il sindaco Roberto Gualtieri e Dan Friedkin, proprietario della Roma, decidessero di realizzare lo stadio dei giallorossi a Pietralata, sui Monti Tiburtini; infine, quanto materiale transiterebbe con la costruzione dei 12 grattacieli del “Polo Est” di Virginia Raggi – erano 13 prima di quello blu, già operativo, di BNP Paribas nella stazione – sui 6oo ettari di territorio delle Ferrovie dello Stato. Tutto compreso, ne risulterebbe una montagna di terra e rocce che renderebbe l’area delle cave una levigata pianura perfettamente funzionale alla bisogna. Dubbi sull’attenzione dei palazzinari?

CRONACHE DEL GIORNO DOPOIl centro commerciale, la planimetria dello stadio nell’anticamera dell’assessore regionale, le attese di Claudio Lotito

DA “TRAVERTINO GIANSANTI” A “CENTRO COMMERCIALE GIANSANTI”. Così l’inizio del futuro racconto. Che si concluderà nel 2026, a cava esausta. Proseguendo verso Roma, sullo stesso lato della Tiburtina, dopo la “Anna Giansanti srl ” si incontrano la “STR spa”, la “ELT srl”, altre ex cave di travertino, un tempo tutte attive, da Ponte Lucano a Villalba. Che, così facendo, verrà unita a Villanova.
Un “panorama” sul quale si appuntano i desiderata dei titolari. Si pensi che il direttore di un periodico ha trascorso giornate su giornate per convincere assessori e funzionari della Regione Lazio che uno stadio su cava dismessa sarebbe stato una soluzione ottimale per le necessità relative. Così, tanto per rammentare, lo stadio per lungo periodo fu un “pallino” del padrone di una cava sin dai tempi, inizio anni Duemila, in cui Claudio Lotito, presidente della Lazio, annunciò pubblicamente di voler trovare una sede per la squadra biancazzurra. A quanto si conosce, tuttora non trovata ancora. Magari sono stati riallacciati i rapporti. Vuoi mettere la funzionalità di uno stadio realizzato nel bel mezzo di Ponte Lucano? (oppure sarebbe il contrario?).