di TOMMASO VERGA
IL NORD-EST E’ CON ELLY SCHLEIN, la nuova segretaria del Partito democratico ha sconfitto Stefano Bonaccini non soltanto a Roma (62,65 per cento vs 37,35% a favore di Elly) ma anche, conferma la tabella, nell’area a oriente della Capitale, con percentuali analoghe a quelle delle grandi città del Paese.
Prima d’ogni giudizio e analisi, «la» domanda: riuscirà il Partito democratico a «reggere» Elly Schlein? Come un partito fondato su «correnti» e «voti di preferenza», riuscirà a riorganizzarsi (a rifondarsi) adottando come un tempo esclusivamente la «politica», ambito nel quale non si confronta (e non pratica più) da decenni? Un ottimo segnale è venuto ieri dalla riunione della Commissione Affari costituzionali, con la richiesta in aula delle dimissioni del ministro Matteo Piantedosi dopo la tragedia di Crotone.
Sarà questa la principale unità di misura della «rivoluzione» di Elly. Come con qualche eccesso di enfasi i politologi hanno definito l’elezione ottenuta con una imprevista portata numerica e percentuale.
Incarico che avrà modo di ulteriormente definirsi negli imminenti congressi di partito, salvo errori del cronista, quelli cittadini e della Regione Lazio. L’organismo relativo a questa struttura, nell’ultima riunione del comitato regionale, ha riportato la stampa non ostile, il segretario Bruno Astorre è stato accusato di aver svolto una relazione da segretario e “tirato” le conclusioni da «capocorrente». Un esempio che ben descrive il clima che alberga nel PD.
Scendendo direttamente «in casa», bruciante, invece, senza mezze misure né inutili rammendi dialettici e/o appelli, la sconfitta del “grande elettore” di Stefano Bonaccini, Roberto Gualtieri (e dei “suoi”: in particolare il deputato Claudio Mancini, e Marco Vincenzi, ex sindaco di Tivoli oltreché ex presidente del Consiglio regionale, designato dal primo a imminente vicecommissario del Giubileo).
Una sconfitta decisamente pesante quella di Gualtieri, indubitabilmente dovuta alla pratica disinvolta della gestione del doppio incarico. Come sindaco di Roma, giudizio che hanno espresso i cittadini della Capitale analogo a quelli della Città metropolitana, istituzione nella quale non lo ha eletto nessuno. Tanto da consentirgli di svolgere la funzione in modo assolutamente innovativo (perlomeno da quando esiste l’ente sostituto della Provincia), ovvero decidendo in proprio su ogni materia, prescindendo dal ruolo delle istituzioni democratiche città per città e rappresentative dei cittadini.
Iniziare la narrazione della vittoria di Elly Schlein, della nuova segretaria del Partito democratico, narrando le gesta di Roberto Gualtieri? Senza nessun dubbio né incertezza. Perché si tratta di un argomento decisivo visto quel che compete al cosiddetto sindaco della città metropolitana: basti pensare all’autonomia relativa alla gestione dei rifiuti. Che è esattamente il contrario di quel che ha manifestato la segretaria del suo partito.
Non soltanto il termovalorizzatore di Pomezia ma anche l’impianto TMB di Manlio Cerroni (con il quale AMA Spa ha stipulato un contratto) all’interno del parco archeologico denominato «Inviolata» a Guidonia Montecelio. Tutto è consentito insomma dato che a capo della Città metropolitana nessuno elegge il sindaco né può. Mentre il designato, con le proprie scelte, mette in discussione i sindaci effettivamente eletti nei Comuni individuati per “ospitare” le decisioni della Città metropolitana. Decisioni che possono creare contrasti tra la popolazione e l’ente locale, conflitti dei quali sarà vittima, volente o nolente, il sindaco “vero” e non quello assiso in Campidoglio.
Sul tema della riforma della legge sulle Città metropolitane Stefano Bonaccini è decisamente in grado di dare un determinante contributo. Non soltanto per l’esperienza immagazzinata in quanto presidente della Regione Emilia, ma perché sicuramente competente sulle questioni relative alla riforma dello Stato. In particolare sulla vexata quaestio dell’«autonomia differenziata», il (nominale) trasferimento di maggiori poteri alle Regioni a Statuto ordinario.
Il dichiarato proposito di Bonaccini di non sottrarsi ai nuovi compiti dovuti al rinnovo della segretaria del Pd merita un solido «benvenuto» da parte dei sostenitori di Elly: «Da parte mia tutto l’impegno a garantire l’unità al Pd, non ho dubbi che Elly mi chiamerà molto presto» ha detto il presidente emiliano: «Sono convinto che chi esca sbaglia, anzi dobbiamo chiamarne di nuovi. Dobbiamo far sì che il Pd si rigeneri, è doverono dare una mano perché il partito ha sofferto troppo di divisioni e liti. Ora tocca a lei tenere insieme il partito, io sono a disposizione non perché devo recitare una parte, ma perché ho una sola parola, prima e dopo. Non intendo ritirarmi in Emilia-Romagna – ha concluso –, sarò in campo perché abbiamo raccolto poco meno della metà dei voti».
Come si vede, Stefano Bonaccini solleva – sebbene non soltanto lui – la questione dell’unità del Pd. Non c’è motivo per dubitare del competitor della Elly, disponibilità del tutto diversa da quella negli anni che ha attraversato il Pd, dovuta però al bisogno che si tenessero insieme le “correnti”, reciprocamente in gara per spartirsi… l’offerta di titoli sarcastici certamente divertenti per l’informazione: «A litiga con B per la presidenza del condominio di viale …». In sostanza, argomenti che hanno creato l’incompatibilità tra quel partito e il suo elettorato.
Aver affidato il Partito democratico alle «correnti» e ai «signori delle tessere» ha pure comportato l’effetto di tramutare la «vocazione maggioritaria» di Valter Veltroni in semper imperare, prescindendo da programmi e alleanze, anche con la destra. Decisioni e scelte che hanno avuto riflessi pratici nella conseguente formazione dei governi di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e di Francesco Rocca alla Pisana.
I RISULTATI A NORD-EST DI ROMA – Un lapidario resoconto dei voti totali nei «capoluoghi» della provincia a nord-est. Il primo “numero” riguarda Elly Schlein, ovunque, come si può constatare, in maggioranza.
Guidonia Montecelio: 621 vs 425; Tivoli: 389 vs 344; Monterotondo 548 vs 293; Fontenuova 190 vs 62; Mentana 142 vs 67
I “LUOGHI IDEALI” DELLA POLITICA – Che intanto già mostra un orientamento diverso dal passato. Fa fede quella sorta di «recupero» del rapporto con Maurizio Landini, la convergenza con il segretario della CGIL sull’obiettivo della «settimana corta» e della legge sul salario minimo (obiettivo sul quale la CISL dovrà farsene una ragione). Sui territori si pone il necessario rilancio delle sedi di partito (le sezioni, «basta con i circoli»), «luoghi ideali» per dirla con Fabrizio Barca, per lo studio delle condizioni delle nostre borgate, delle soluzioni, del rilancio di vertenze territoriali fondate sulle condizioni di vita dei residenti. Sostanzialmente, un rinnovamento del modo di governare e di fare politica, che porti a esaminare la compatibilità del Partito democratico con i soggetti astrattamente definiti partner delle alleanze. © RIPRODUZIONE RISERVATA – info@hinterlandweb.it