di TOMMASO VERGA
LA REPUBBLICA, CRONACA DI ROMA, 18 GENNAIO 2024. Il giornalista Clemente Pistilli, dopo 40 giorni dalla tragedia dell’Immacolata nell’ospedale di Tivoli, scrive sul quotidiano che l’incendio “colpevole” della chiusura del San Giovanni Evangelista e della morte di tre pazienti, non soltanto si poteva evitare, ma le condizioni per scongiurarlo c’erano tutte.

L’edizione di «Dentro» del 16 marzo 2017: Tivoli, montagna di sacchi di rifiuti all’ospedale di Tivoli

Il titolo: «Un anno fa ignorato l’allarme incendio». Il fatto: il 5 gennaio 2023, Pasquale Polito, direttore facente funzioni del San Giovanni Evangelista, ”aveva chiesto alla direzione della Asl RM5 di far rimuovere in fretta i cumuli di rifiuti presenti sotto le finestre dell’ospedale. Proprio quella sorta di discarica a cielo aperto da cui è partito i devastante incendio” all’interno delle mura del nosocomio. Un allarme che «sembra essere stato ignorato e non resta che attendere l’esito dell’inchiesta aperta dalla Procura tiburtina».
Rispetto all’«ammucchiare rifiuti dove capita», quello del direttore facente funzioni non si mostra come il solo «allarme». Visto che il servizio giornalistico sul tema, è immortalato dalla foto risalente al 15 marzo 2016, così come appare sulle colonne di Dentro, il periodico locale diretto da Gea Petrini.
«Polito chiese inoltre di adottare tutti i necessari provvedimenti atti a prevenire il ripetersi di tali problematiche» e «di dare conferma dell’avvenuta risoluzione del disservizio segnalato».
“Nessuno sembra averlo ascoltato e quella sua nota suona ora come una profezia”, la conclusione di Pistilli.
La ricerca di un perché, di una ragione (che pur ci deve essere, pare incredibile assegnare la colpa alla trascuratezza a fronte di un allarme che la cronaca, già a quel momento, mostra ampiamente motivato nei continuti), ha portato a domandarsi se l’accaduto non abbia radice nelle «regole», in particolare nel non disclosure agreement (NDA).

«ACCORDO DI NON RISERVATEZZA» alias «DI NON DIVULGAZIONE». Spiegazione: il non disclosure agreement (NDA), è un contratto con il quale una parte garantisce all’altra di non rivelare a terzi determinate informazioni riservate o confidenziali di cui giunga a conoscenza, in qualsiasi forma.
Quindi, rapportate le clausole agli avvenimenti dell’8 dicembre 2023 ci si può/deve chiedere perché la non disclosure agreement (NDA) sulla tragedia dell’8 dicembre all’ospedale di Tivoli avesse motivo di esistere persino nel rapporto tra lavoratori e datori di lavoro. Perché i dipendenti delle società addette al prelievo dell’immondizia erano (sono) impegnati alla riservatezza, alla non divulgazione. Infatti se chiedi informazioni sull’accaduto nell’ospedale di Tivoli – fatti naturalmente di loro conoscenza – ne ricavi un diniego, dipendente da tali premesse.
Si potrebbe così giustificare, per ipotesi, un motivo risalente ai rischi derivanti dal mancato rispetto della privacy dell’ammalato. Perché, dalla raccolta, potrebbe “scappare” la diffusione di una radiologia, di un elenco di analisi cliniche, di questo o quell’esame. Replica deboluccia. La trasgressione della privacy è sanzionata nei contratti di lavoro. Tutti. E la trasgressione può causare provvedimenti fino al licenziamento per giusta causa.
Già. Ma – oltretutto richiamati all’ordine dal direttore del San Giovanni Evangelista – chi doveva raccogliere la montagna di rifiuti depositati al meno2 di via Roma? Come e quando? Informazioni confidenziali e riservate anche si volesse conoscere i nomi delle aziende addette alla bisogna? (l’ASA, la municipalizzata cittadina esclusa). Aziende che dovrebbero essere state reclutate attraverso una gara d’appalto che ha premiato quelle più rispondenti alle modalità illustrate in un bando intestato Asl? Unitamente agli esiti, custodito dove? In quale punto del sito “trasparenza” dell’home page della Roma5?
Aziende che, in assenza di controlli, magari per necessità di tempo, avevano svolto i compiti loro assegnati con qualche involontaria dispersione. Come è stato possibile che loro in particolare, frequentatrici assidue di quei locali dell’ospedale – così si immagina dovrebbe essere stato –, non abbiano dato importanza non soltanto alla quantità ma anche, altrettanto, alla qualità dei rifiuti che si andavano ad ammucchiare, indistintamente, nel retro del San Giovanni Evangelista?
Ultimo punto di domanda: la ASL ha un proprio dipartimento che si occupa esclusivamente della salvaguardia della salute nei luoghi di lavoro: il team di «Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro» della Asl RM5 ispezionava anche l’ospedale? Con quali risultati? soltanto la Procura è a conoscenza dei verbali?
Finale. Appare incredibile, chi e come sia stato reso possibile che nessuno si accorgesse di come montava quel mucchio di mondezza. Tutti vincolati al non disclosure agreement? © RIPRODUZIONE RISERVATA – info@hinterlandweb