di TOMMASO VERGA
IL RUMORE, nelle intenzioni, avrebbe dovuto assomigliare a quello del registratore di cassa quando emette lo scontrino. Il fatto è che viceversa il trrrdin ha continuato a sommare, a elencare numeri su numeri, tanto da invocare un presagio per astrologare il finale (avvertenza: quanto segue è materia specialistica, ostica anche per gli addetti, ci si scusa per errori di lettura-interpretazione non voluti ma decisamente possibili).
Gli “scontrini”, per caratteristiche e fisionomia hanno provocato più d’una sorpresa. Negativa. Ovviamente si parla di quelli relativi ai debiti fuori bilancio. Variegati, distinti tra ufficialmente noti, quelli spuntati da chissà dove, altri dovuti a “finanza creativa”. Nella terza categoria, per fare un esempio, si colloca la supplenza tra casse comunali e omologhe di Bruxelles, il pagamento delle opere del sistema viario Tor Mastorta-Selciatella e dell’asilo di Finestroni. Sei i milioni stanziati attraverso i fondi strutturali dall’Unione europea, 2 per l’edificio scolastico (il valore di due milioni di euro inevitabilmente suggerisce l’immaginaria similitudine d’un dialogo tra Buzzi e Carminati a proposito dell'”asilo” agli immigrati), 4 per l’altro. Le fatture emesse per incassare l’avanzamento dei lavori le ha anticipate la cassa del Comune. E siccome Guidonia non riscuoterà quanto atteso poiché tutto il progetto è stato definanziato (leggasi cassato) da Bruxelles, la posta è inscritta fuori bilancio. Un “fattarello” recente? Un’azienda che svolge quotidianamente il servizio, si rivolge al Comune per chiedere come mai non è stata emessa la fattura relativa a un mese passato. Affannose ricerche, “non si trova, non si trova”, incredibile conclusione: “Oddio, mi sono scordato di farla”. Provvederà il fuori bilancio.
L’elenco del primo capitolo non dovrebbe contenere rivelazioni. Nel quadro infatti rientrano interventi urgenti, dovuti a incidenti o fatti imprevisti, quindi non imputabili in bilancio. E’ il terzo braccio quello che ha assorbito attenzione ed energie in larga misura: debiti non quantificabili. Balzano fuori fatture, ci sono i creditori, ma non il pezzo di carta che autorizza-va alla riscossione. Per essere precisi si intende pezzo di carta fonte-Comune perché quello che conferma il diritto a pretendere è più che stringente: una sentenza, un decreto ingiuntivo, un provvedimento del tribunale. Quindi l’ente, che fonda-va la sua contabilità su entrate-uscite riconducibili a distinguibili emettitori, i dirigenti, si trova a dover rendicontare debiti figli di m. ignota (proprio come si legge nei registri dello stato civile quando si “battezzano” i neonati abbandonati fuori dei portoni delle chiese; m. sta per madre). Con un’aggiunta sulle sentenze dei giudici, che a volte – forse spesso, ma quel che conta è il fatto in sé – sono filate via lisce, senza opposizioni, intoppo alcuno, perché i papelli preliminari non sono mai stati recapitati all’avvocatura del municipio, cosicché le cause intentate dai creditori o supposti tali non hanno trovato repliche o contestazioni per l’assenza del Comune nel dibattimento. Che si tratti di giudice civile o amministrativo. Il che alimenta la sensazione che qualcuno li abbia “inguattati” in qualche cassetto o faldone (appositi?). Oppure, solo una “cattiva organizzazione” alla quale avrebbe definitamente posto termine il decreto del commissario del 6 settembre scorso.
Tutto incluso, ma si è in attesa a breve della ufficializzazione, il “buco” ammonterebbe al +- 50 per cento della somma algebrica entrate-uscite. Si tratta dello stesso bilancio che la giunta Di Palma ha chiesto di approvare e invece respinto dal consiglio comunale all’alba del 15 giugno.
Subentrato alla disciolta assemblea due giorni dopo, alla scadenza del quarto mese di permanenza, Giuseppe Marani, commissario straordinario, è giunto alfine al consuntivo. Analizzando le rarefatte notizie disponibili, una indicazione, parziale, c’è: le violazioni interessano oltre cinque commi del decalogo che stabilisce le modalità per la dichiarazione di default fissata dall’articolo 244, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 267: “strutturalmente deficitario” è lo stato dell’ente che presenta “gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio”, rilevabili mediante parametri obiettivi risultanti da apposita tabella allegata al certificato sul rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento”, il “decalogo” appunto. Ora compete ad altri coniugare cifre con responsabilità.
Conseguenza: dissesto per Guidonia Montecelio. Benvenuti alla replica.
La procedura prevede che la dichiarazione formale contenente la valutazione delle ragioni che hanno determinato il crack dell’ente verrà ora sancita da un’apposita deliberazione non revocabile del commissario straordinario. Dalla data dell’esecutività dovrà essere entro 5 giorni inviata al ministero degli Interni e alla procura regionale presso la Corte dei conti. La quale provvederà alla “proclamazione” del dissesto entro 30 giorni. Oltre ad avviare le indagini di merito – c’è danno erariale? – di sua competenza. Con conseguenze certe sotto il profilo contabile, possibili sotto quello penale.
Secondo quanto prevede la normativa, l’avvenire riserva ai cittadini lacrime e sangue, con una serie di effetti a catena, che possono sconvolgere sino a paralizzare la vita stessa del Comune, soprattutto in ambito economico-finanziario e sociale. Perché – afferma il legislatore – “con il dissesto si pone fine alle gestioni economiche ‘dissennate’ e si obbliga l’ente ad applicare i principi di buona amministrazione, al fine di non aggravare la posizione debitoria”.
SERVIZIO PER SERVIZIO, TARIFFA
PER TARIFFA, OBBLIGHI E DIVIETI
Il Comune non può contrarre mutui, né impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell’ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
Per le imposte e le tasse locali, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base vengono innalzate nella misura massima consentita: la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni.
Per la tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, si devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti.
Per i servizi a domanda individuale (ad esempio mense scolastiche, scuolabus, etc), il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti.
Con il dissesto si ridimensiona il costo del lavoro, con l’obbligo di rideterminare l’organico, dichiarando eccedente il personale in servizio e/o in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione (il decreto viene emanato con cadenza triennale dal ministero dell’Interno), fermo restando l’obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. I dipendenti dichiarati in eccedenza sono collocati in disponibilità. Ossia, trasferiti presso altri enti.
La spesa per il personale a tempo determinato deve essere ridotta a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale titolo per l’ultimo triennio antecedente l’anno cui l’ipotesi si riferisce.
IL “COSTO” PER LA POLITICA E PER I “POLITICI”
Sul piano politico, gli amministratori che la Corte dei conti riconosce responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave nei cinque anni precedenti il dissesto, per un periodo di dieci anni non possono ricoprire incarichi di assessore, di revisore dei conti e di rappresentante presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile.
I sindaci non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento nazionale ed europeo.
Non vederli più sugli scranni l’aspetto consolante. L’unico. Per il momento.