Elisabetta Aniballi

Elisabetta Aniballi

(t.ve.) IL 5 MAGGIO UN ordigno ha reso inutilizzabile l’automobile di Elisabetta Aniballi. Un attentato. Compiuto in modo talmente strafottente da far immaginare gli autori epigoni di quanti, da decenni, sono collocati nella galleria dei riveriti intoccabili (e dei misteri insoluti, omicidi compresi). Una loggia non proprio disabitata a Guidonia Montecelio. Immediata la replica, la fabbrica delle dichiarazioni s’è messa in movimento all’istante. A leggere comunicati alla stampa, social e altro, l’intero panorama politico, istituzionale e associativo s’è espresso. Solidarietà estesa, formale di alcuni, decisamente partecipata per altri.
E però…
Trascurati i poveretti che mostrano invidia (certi commenti si potrebbero tradurre in “Perché a lei e non a me? Io sì che lo meritavo”), servi della gleba alla ricerca del riconoscimento della primogenitura di non si sa quale scontro su ignoti campi di battaglia, che i cittadini viceversa conoscono per averli semmai osservati presidiare il versante opposto. E gli altri che riconducono un evento grave come l’attentato allo stock gossipparo (“Se l’è cercato, lo ha voluto lei”) al tike taka di correnti, personaggi, chi-comanda-chi, arzigogolando sul cui prodest che (“com’è ovvio, com’è noto”) in questo caso (“come tutti sanno”) nasce privo dello scarabocchio interrogativo, e avanti così, bla-bla-bla.
Parliamo di “politica”. Nel senso proprio. Evanescente. Unità di misura unica e adeguata per questa vicenda.
Un paio di osservazioni. La prima: Elisabetta Aniballi dev’essere protetta. Per quante possano essere variegate le interpretazioni sulle origini e gli scopi dell’attentato – si è letto che qualcuno lo connette al procedimento penale che prenderà il via il 12 maggio contro aziende, funzionari e dirigenti del Comune –, un fatto non è opinabile: lei ne è stata vittima, lo ha subito. Ovunque, in ogni parte del Paese, se un giornalista subisce intimidazioni – anche minori di quella della quale si parla –, s’apre il paracadute della protezione. Non qui. Dove nessuno s’è fatto carico di richiederla.
Seconda questione. All’attenzione della Prefettura di Roma c’è un dossier. Presentato dal Movimento 5stelle, chiede lo scioglimento del Consiglio comunale. Se si interpreta senza malizia, manca l’apporto del Pd perché “i grillini non ci hanno chiesto di partecipare alla compilazione. Noi saremmo stati d’accordo” hanno sostenuto i dem. Dunque, dichiaratamente, tutta l’opposizione conviene sulla illegalità di atti compiuti in questo Comune. Convincimento ribadito l’altro giorno in aula, rafforzato dalla denuncia venuta dal capogruppo pd di infiltrazioni mafiose (comunque benvenuta, dopo decenni di subordinazione se non di complicità vere e proprie. Tranquilli: alla pari degli altri).
Il viceprefetto Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi

Il viceprefetto Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi


Ma allora perché nessuno ha indirizzato al prefetto un’integrazione del dossier relativa all’attentato? Non pare significativo, non riguarda, le questioni sono distinte? Ci si accapiglia su un esposto alla Corte dei conti contro Angelo De Paolis, il capo di gabinetto del sindaco (così altri dirigenti altrettanto “meritevoli” ne usciranno immacolati) e non si coglie il nesso, la relazione che corre tra il gesto intimidatorio e il contenuto del dossier? Francamente incomprensibile.
Qui, però, volendo, si fa ancora in tempo. Anche perché, essendo stato assegnato alla dottoressa Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi, viceprefetto dalla solida conoscenza dell’ambito territoriale – è stata commissario prefettizio a Tivoli dopo la sfiducia a Sandro Gallotti e fino alla elezione di Giuseppe Proietti – il fascicolo potrebbe rinvigorirsi e ricevere accresciuta attenzione. Provocando il corto circuito per mandanti e “lanciatori” della bomba.