di TOMMASO VERGA
NELLA “PARTITA elettorale” del 5 giugno – che ci si augura abbia una partecipazione popolare migliore o almeno pari a quella delle settimane successive – molti i Comuni interessati del comprensorio a nordest di Roma. In uno, Mentana, sopra i 25 mila abitanti, si potrebbe verificare il ricorso al ballottaggio, in tutti gli altri, sotto la soglia prescritta dei 15 mila, nella notte tra domenica e lunedì si conoscerà il nome del sindaco.
La distinzione numerica spesso induce ad analisi fuorvianti, ragionamenti centrati sul “chivince-chiperde”, che quasi sempre prescindono dal trofeo effettivo in palio. Il rischio descritto investe in particolare il minuscolo paese di Marcellina. Più di settemila abitanti, una crescita tutto sommato regolare dei residenti, il ricorso al voto – anticipato, dovuto al commissariamento provocato dalla caduta del sindaco Pietro Nicotera – in apparenza singolare elettorale agitarsi di personaggi che oltretutto non dovrebbero nutrire grande considerazione né per il luogo né per la scadenza. Cos’ha dunque Marcellina di attrattivo? Il terreno. Tanto. Agricolo, che permette il provento più elevato a costo zero. I manuali di economia la qualificano “rendita fondiaria”. Alla quale fa seguito “rendita edilizia”.
Benché tutto abbia avuto inizio a Guidonia Montecelio. La quale, grazie all’amministrazione Rubeis-Di Palma, ha esaurito le disponibilità di spazi da destinare alle costruzioni. I recenti piani di zona hanno occupato le rimanenti aree libere. Registi dell’operazione, Umberto Ferrucci seguito da Angelo De Paolis, gli ultimi dirigenti dell’assessorato all’Urbanistica della città dell’aria, con titoli equivalenti in precedenza nel paese sabino. Come ovviare alla “fame di case” (ammesso ci sia, le agenzie non sembrano convenire)? E dove? Superfici disponibili non residuali ce ne sono per migliaia di ettari, se si mettono insieme Marcellina, San Polo dei Cavalieri, Palombara e la stessa Guidonia. Maremmana, Palombarese e vie concertando. Sempre più residuale il numero di effettive attività agricole resistenti, il rimanente a disposizione di quanti curano gli olivi e i frutteti nel tempo libero. Gli antichi metalmezzadri.
Per rendere “visibile” il piano si può ricorrere a via Colonnella Patrascia, la divisa per tre distesa di ville con piscina e persino un eliporto. Ovviamente non necessita copiare la tipologia edilizia estensiva che ha occupato l’intera disponibilità di territorio, in parte ancora non sanata. Quanto l’occupazione in sé, foriera della probabilità che si realizzino quartieri di grandi dimensioni nelle giurisdizioni di San Polo (“case-orto” la nomenclatura), Guidonia, Marcellina e Palombara Sabina. Un modello. Che gli urbanisti indigeni conoscono a menadito per averci lavorato, direttamente e indirettamente. Da imitare. Disseminando pesi urbanistici ormai non compatibili con la stracolma città dell’aria.
A Marcellina ci si prova. Sarebbe un errore politico classificare sorprendente il ruolo svolto da Angelo De Paolis, intervenuto direttamente nel tramestio delle trattative per occuparsi del governo del municipio. Insieme con i seguaci di Marco Vincenzi, presidente della commissione Bilancio regionale. A sostegno della lista che vede il chirurgo Antonio Gallo ambire alla poltrona da sindaco. Contro le altre tre. Nessuna spiegazione sull’origine di una molla sì potente, l’architetto non lo ha reso noto, unica traccia della sua presenza nella contesa elettorale, un candidato stretto collaboratore a Guidonia Montecelio. E dire che quando il sindaco Nicotera s’era incaponito di riportarlo in “patria” – De Paolis è dipendente del Comune – lui e Guidonia hanno puntato i piedi, una resistenza spasmodica a tornare nel recinto natio, così la storia s’è risolta con uno scambio di seggiole. Precisa controprova che a Marcellina era assolutamente disinteressato. Evidentemente ha cambiato opinione.
Si è detto del reclutamento dei “nemici” del Pd, in lista il segretario del circolo, tutti vincenziani. Contro la decisione del partito ufficiale, i democrat dissidenti se ne sono andati – fatto poco frequente nel partito di Renzi – scegliendo la lista del meloniano Alessandro Lundini, di “Progetto Marcellina”. Con Alessandro Cecchetti, “E’ ora di cambiare”, e i giovani di Alessandro Marulli, Movimento 5s (unico simbolo ufficiale), i tre candidati che corrono in proprio e comunque concordi nell’intenzione di impedire l’elezione del chirurgo.
Si dirà: si tratta di elezioni amministrative, le liste sono spurie, alle bandiere non si fa granché caso. Se non fosse che la posta in palio non è l’apposizione dei simboli di partito quanto la prospettiva che quell’area si trasformi in una ‘provincia’ a immagine e somiglianza della Guidonia attuale, una succursale di quella dei 100 mila abitanti. Un non-luogo, privo di identità. Ecco perché il voto di Marcellina assume tutt’altra dimensione. In senso proprio e figurato.