Albuccione, il quartiere tra Tivoli e Guidonia Montecelio

Albuccione, il quartiere tra Tivoli e Guidonia Montecelio

di TOMMASO VERGA

QUESTA MANCAVA. Non che non fosse mai accaduto nei settanta anni di storia. Però si è sempre salvata la forma, ora è sufficiente un post su Facebook. Superficie dell’abitazione, spazio circostante, prezzo (“contattami in privato”), infine la puntualizzazione: “non mutuabile”. Che specifica il retroscena dell’operazione, visto che a vendere non è il proprietario ma l’affittuario, soggetto inesistente per la banca. Alla pari del disciolto Pio istituto di Santo Spirito e ospedali riuniti di Roma, in origine conduttore di quel terreno. Ma se oggi si presentassero gli “eredi” dell’ente, il mutuo verrebbe concesso? Improbabile, quantomeno perché servirebbe una mappa per capire chi può gestire il titolo di proprietà. Illegalità diffusa. Di tutti i soggetti, prima d’altri lo Stato. Trincerato dietro la summa del marasma che – nonostante i proclami di recenti giovanili governanti – tuttora alberga nella pubblica amministrazione. Insomma, ogni cosa è possibile ma anche il suo contrario. Tanto che la condizione scelta, il filo conduttore, conduce alternativamente al verbo “abusare” e/o al sostantivo “abuso”.

Siringhe...

Siringhe abbandonate…

Albuccione. 258 ettari suddivisi tra Tivoli e Guidonia Montecelio. Una attribuzione di “quartiere” sorto all’indomani dell’ultima guerra, a seguito dell’occupazione delle terre sanata dalla legge del comunista Fausto Gullo – ministro dell’Agricoltura nel secondo governo di Alcide De Gasperi – nell’ottobre 1944. Unitaria, Menghi e Jeranense le tre cooperative legittimate, inizialmente “dipendenti” dal Pio istituto, poi dalla Regione, quindi dai Comuni, infine, oggi, dalla Asl. La formula: i contratti d’affitto intestati ai singoli soci. C’è una quarta coop, insediatasi sui terreni in anni recenti, per scopi alla vista differenti, 11 soci alla fondazione, una imprecisata moltiplicazione adesso.

A mostrare quanto gli enti proprietari dell’area siano interessati alla normalità, basta scorrere l’elenco dei paradossi.

LA SANATORIA NON SANATA. In gran parte i soci delle tre coop (circa l’80 per cento) hanno sbrigato le pratiche sulla “sanatoria”. Da cima a fondo. Domanda, autorizzazione rilasciata dai Comuni di Tivoli e Guidonia Montecelio, conclusa la parte burocratica hanno versato le somme dovute. Abusi scomparsi? Nemmeno per idea. Perché, i due municipi non hanno mai dato seguito a quel che la legge imponeva. Gli attesi certificati attestanti lo stato di cose divenuto regolare sono rimasti sottochiave in qualche armadio. Ignote le ragioni, a meno che, trattandosi di “affittuari”, il proprietario avrebbe dovuto esprimere “esplicito consenso alle modifiche intervenute sulle opere edilizie”. Atto forse mai richiesto comunque mai rilasciato. Cosa che non ha (pre)occupato spazio nel pensiero dei Comuni. Risultato: la legge obbliga a perseguire e a incassare, ma si può tranquillamente violare nell’esecuzione. Gli “occupanti” hanno pagato ma restano rei di abusi. Sicuramente non alla pari delle due amministrazioni. I primi sulla carta, le seconde nei fatti.

Il "cassonetto" dell'immondizia sotto la Fiano-Valmontone

Il “cassonetto” dell’immondizia sotto la Fiano-Valmontone

In nome del “tutto va ben”, garantiti dal disinteresse delle istituzioni, ad Albuccione si continua a costruire. Ininterrottamente. Case, ville, piscine, capannoni, magazzini, ministrutture produttive. Che, dati i tempi di magra, sarebbe un vantaggio per la collettività, un minimo di attività non va disprezzata. Solo si sovrapponesse una foto area con un’altra distante pochi anni, ci si renderebbe conto dell’enorme differenza. Quel che “disturba” è che non c’è permesso, nessuno chiede, nessuno autorizza, nessuno controlla, nessuno sanziona.

Va detto che nella confusione di ruoli e (in)competenze, i servizi pubblici funzionano (quasi) normalmente. Gas, luce, telefono, non soffrono la distinzione tra conduttore e inquilino, il quale ha intestati i contratti senza che il primo abbia obiettato alcunché.

L’IMMONDIZIA? SOLO PER I “RESIDENTI”. Salvo un problema recente, creato dal Comune di Tivoli. Con il passaggio alla raccolta differenziata dei rifiuti, anche ad Albuccione sono stati aboliti i cassonetti. Il kit apposito è stato però consegnato ai residenti. Chi non risulta tale si deve arrangiare (sulle modalità è facile arguire). La contraddizione sta nel fatto che da Palazzo San Bernardino il certificato di residenza non viene rilasciato, cosicché un ragguardevole numero di soci di due delle tre delle coop ricadenti in quella parte del quartiere non esiste. A differenza delle discariche abusive.

Sostenute pure da una genialata a corredo. Il tratto di strada interno tra Albuccione-Tivoli e Albuccione-Guidonia è stato interrotto per decisione del sindaco di Tivoli. Blocchi di travertino disposti sotto il cavalcavia della “bretella” Fiano-Valmontone obbligano gli automobilisti locali a tornare sulla via Tiburtina (immaginarsi il piacere…). Così, quelle pareti divisorie sono diventate un cassonetto. C’è un vantaggio: anziché spargerla in ogni dove l’immondizia viene depositata lì.

I NOMADI STANZIALI. A corollario di “abusare” e “abusi”, ci si chiede come possono i nomadi (stanziali) usufruire della corrente elettrica. Premessa alla questione di fondo, ovvero della totale libertà della quale godono. Lotti occupati, igiene, acqua pubblica praticamente sotto sequestro dato il gran numero di recipienti e bottiglie da riempire, un concerto di azioni borderline tra il consentito e l’illecito.

Ci sono state proteste degli abitanti, resoconti di cronaca recenti lo hanno riportato, i soliti xenofobi hanno alzato la solita cagnara (si ignora se presenti fossero anche quelli che hanno venduto appezzamenti di terreno ai nomadi). Le lagnanze hanno investito i carabinieri i quali hanno agito. Come ovvio per reprimere reati, non compete loro di risolvere il problema. La “caccia allo zingaro” è storia composta di sfaccettature diverse tra loro. Una per tutte: ad Albuccione una famiglia (numerosa) è formata da nomadi indigeni, siciliani per l’esattezza. Rimpatriarli? Verso quale patria?

Nomadi accampati nei pressi dei laghetti delle Acque Albule

Nomadi accampati nei pressi dei laghetti delle Acque Albule

Dopo la cacciata di quelli residenti nell’immondo slums dell’ex polverificio di “Stacchini”, a Tivoli Terme, è ovviamente cresciuto il numero dei rom alla ricerca di un’area di sosta più o meno temporanea. Salvo la propaganda politica, silenzio da parte delle istituzioni locali, due luoghi individuati, Albuccione e a ridosso dei laghetti delle Acque Albule. Di là da venire la messa in discussione o – con la città metropolitana, con la prefettura – la ricerca di una soluzione. Che ci sarebbe: la creazione di un’area attrezzata che punti all’integrazione, eviti il via vai spontaneo ma soprattutto consenta il controllo dei residenti e il rispetto delle leggi. Un esempio lo offre ad Albuccione-Tivoli l’antico “villaggio di Borgonuovo”: l’elenco dei residenti è in possesso delle forze dell’ordine, aggiornato se necessita, i bambini frequentano la scuola, sconosciuti i problemi di vivibilità e di ordine pubblico.

LA LEGGE REGIONALE IGNORATA DALLA ASL. Due anni fa, il 4 luglio 2014, la Regione Lazio decise di alienare quella proprietà. Con un’apposita legge intestata ai terreni del “Santo Spirito” sulla Tiburtina, promossa da Marco Vincenzi, ex sindaco di Tivoli e ancora capogruppo del Pd alla Regione Lazio. Una legge che non ha prodotto effetti di nessun tipo. Soprattutto perché la vendita ai titolari dei contratti d’affitto avrebbe comportato contraccolpi insostenibili per le loro tasche. Alla base dei calcoli, tabelle regionali precompilate; nemmeno modificate dalla crisi dei prezzi e del mercato immobiliare. Alla fine, i locatari sono rimasti tali.

Anche perché la vendita non si sarebbe comunque svolgere. Perché per il catasto al Albuccione sorge qualche casa colonica, ignota la conformazione odierna. Tanto che nella premessa, la legge prevede la “zonizzazione” e il “censimento”. Ai quali avrebbe dovuto provvedere la RmG o Rm5 che dir si voglia. Ma né Giuseppe Caroli né Vitaliano De Salazar, i due direttori generali susseguitisi nel periodo, hanno dato cenni in proposito. Con la conseguenza che non esistendo “aventi diritto” la legge regionale è rimasta un annuncio, inapplicabile.

Di Albuccione le cronache riportano frequentemente ogni tipo di abusi. Come si vede, non pochi né di scarso rilievo quelli che risalgono al potere politico-amministrativo.