di ELISABETTA ANIBALLI

E SE LA GUERRA istituzionale sui rifiuti tra Regione e Comune di Roma passasse dalla guerra di potere in corso da anni tra la vecchia gestione del monopolio e la nuova (aspirante) gestione di quello stesso monopolio? Virginia Raggi, nella comparsata a Porta a Porta di qualche giorno fa, ha più volte evocato la Rida Ambiente di Aprilia, esempio a suo dire positivo (nello schema elementare e populista dei buoni da una parte e dei cattivi dall’altra) comparandolo con quel diavolo del Supremo, l’ormai ultranovantenne Manlio Cerroni (la sindaca ha elencato mafia capitale, cerronopoli e tutte le presunte malefatte che lo avrebbero visto protagonista).

Il “trono” di Manlio Cerroni assediato da tanti piccoli squali

Manlio Cerroni con la figlia Monica

Nel libro sulla storia della munnezza a Roma, scritto di pugno e di getto quando costretto agli arresti domiciliari nel 2013, proprio Cerroni accusava la politica di manovrare per spodestarlo dal trono a beneficio di altri piccoli squali che a sua immagine crescevano da decenni nella sua ombra.

Anche l’impianto del Tmb costruito all’Inviolata ne aveva viste tali e tante da indurlo a tratti alla rassegnazione, nonostante la benevolenza delle truppe regionali che nella pratica amministrativa e autorizzatoria procedevano spedite, questo almeno avrebbe appurato la magistratura con la indagini che misero nei guai il capodipartimento rifiuti della Regione Lazio Luca Fegatelli.

Una certa benevolenza al ras venne dimostrata nel 2013 anche dai vertici della giunta regionale. Massimiliano Smeriglio, numero due di Nicola Zingaretti nel governo regionale, finì iscritto nel registro degli indagati per avere firmato la ordinanza di proroga all’utilizzo della discarica guidoniana dell’Inviolata (impianto della galassia Cerroni) ormai esaurita e fuori legge. Era l’agosto del 2013, ad ottobre di quello stesso anno l’arresto del Supremo nell’ambito della inchiesta denominata Cerronopoli.

Nel libro di memorie che seguì quei fatti, un Cerroni stanco quasi paventava la resa, mettere sul mercato gli investimenti, l’impiantistica, le aree. Un colosso economico costruito sugli ecomostri, come nella percezione delle comunità locali costrette a conviverci nei territori della provincia e nei quartieri periferici della capitale, sempre chiamate alla rivolta da “solerti comitati e associazioni” (sono parole di Cerroni) di un valore di mercato difficilmente quantificabile, comunque rilevante.

Cosa si muova, o sia mosso nei mesi scorsi, sulla strada della possibile dismissione dell’impiantistica cerroniana non è dato sapere, mentre è facile prevedere che nel mercato di settore si aprirebbe un’asta tra gli squaletti cresciuti a immagine del Supremo, nella partita passa anche il Tmb dell’Inviolata entrato nella disputa tra Regione Lazio e Comune di Roma in atto in questi giorni.

L’identikit del principale competitor nel mercato cerroniano del Lazio, molto ambizioso e abile nel costruirsi come l’anti-Cerroni, è appunto quello del patron di Rida Ambiente, Fabio Altissimi, da Aprilia, il prediletto di Virginia Raggi nella puntata di Porta a Porta.

Nel procedimento denominato Cerronopoli, ormai arrivato in Corte di appello, l’Altissimo è stato più volte protagonista. In aula, nel corso delle udienze del processo di primo grado, ha raccontato di essersi sentito più volte “perseguitato” dal ras 90enne, impedito nel suo sogno di “voler emergere come giovane imprenditore dei rifiuti in concorrenza a Manlio Cerroni”.

Negli atti processuali “il grande accusatore” e i sabotaggi a suo danno

14 giugno 2015, Fabio Altissimi depone nel processo contro Cerroni

Dagli atti processuali si apprende che proprio il patron di Rida è stato considerato dai giudici il “grande accusatore del leader della potente cordata di Manlio Cerroni”. Altissimi riferisce che in almeno nove circostanze sarebbe stato bersaglio del Supremo, “in sostanza, sarebbe stato vittima di presunte pressioni e sabotaggi amministrativi da parte di alcuni dirigenti chiave della Regione Lazio asserviti a Cerroni, che avrebbero messo il bastone fra le ruote alla sua azienda impantanando alcuni iter burocratici”, si legge nella carte processuali.

La sua ditta, situata vicino la frazione Campo di Carne, ad Aprilia, fa il trattamento meccanico biologico (Tmb) è la preferita di Virginia Raggi e la “pietra dello scandalo” nella guerra istituzionale in corso in questi giorni tra la sindaca e Zingaretti.

Per Virginia Raggi, riporta il Corriere della Sera, i luoghi ideali dove smaltire i rifiuti della capitale ormai al collasso sono le discariche e le cave in disuso. “Zone rosse attorno a Malagrotta, ma anche al Divino Amore e poi Monte Porzio Catone, Passerano, San Vittorino e Guidonia. Più a nord nell’area di Monterotondo. Rigorosamente tutte fuori dal Raccordo anulare, anche se dovranno ricevere soprattutto i rifiuti di Roma che rappresentano più del 50% del Lazio”.

Nei territori interessati è già rivolta, Mauro Alessandri, il sindaco di Monterotondo, ha già annunciato barricate; nel comune di Guidonia Montecelio interessato dalle elezioni amministrative il prossimo 11 giugno, Aldo Cerroni capitano di 4 liste civiche, ha annunciato il suo “no” netto alla ipotesi rifiuti romani nel Tmb guidoniano ma un sì al suo funzionamento per i comuni dell’area, un impianto che dopo la “rivisitazione” al progetto presentata in sede di rinnovo dell’Aia regionale nel settembre del 2015 tratta 100mila tonnellate di indifferenziato e 30mila di porzione umida.

Il “no” totale all’entrata in funzione del Tmb, per paradossale che sia contro la sindaca dello stesso colore, arriva dal movimento5stelle che lo mette nero su bianco nel programma elettorale.

Qualcosa si muove anche dalle parti del Pd provinciale dove sulla questione paventata da Virginia Raggi è convocata un’imminente riunione. Dopo i ricorsi bocciati, la linea ambigua tenuta sempre dal partito dem locale, cosa si muove all’orizzonte? Il candidato sindaco Emanuele di Silvio non si è ancora espresso (ma chissà se, per lui, è ancora come disse durante la campagna elettorale per le primarie, “il parco dell’Inviolata è una bufala dei populisti”).