di TOMMASO VERGA
UN APPARTAMENTO IN AFFITTO, O ACQUISTATO, all’interno del “bacino Acque Albule”? Località percorsa da movimenti sussultori classificati «subsidenza»? Certificata «a elevato rischio sinkhole» dalla Regione Lazio? Domande sbagliate risponderebbero dagli uffici comunali, in quel perimetro non sono consentite edificazioni, lo vietano i PRG. I piani regolatori? Strumenti che non hanno pianificato un bel niente, è sufficiente elencare i risultati a tre cifre detti “varianti di PRG”, superiori ad ogni prescrizione. Non soltanto modificazioni in parte giustificate – nelle due città i PRG risalgono all’era quaternaria; nei cantieri, il carpentiere d’origine reatino-abruzzese, figura professionale di primissimo piano, è ormai consegnata alle stampe – ma espressioni di quella che va sotto il nome di «speculazione edilizia».

L’area del bacino delle Acque Albule vista dal satellite. Il poligono indica l’estensione degli affioramenti di travertini; le aree ad alta riflettanza (bianche) corrispondono generalmente alle zone di cava

SUBSIDENZA, SINKHOLE. Definizioni, ma non riservate ai soli addetti ai lavori. Perché gli effetti risultano ben conosciuti nel «sistema territoriale Acque Albule». Basti pensare ai primi 140 alloggi distrutti dal “sussulto sottoterra” iniziato nel 2003, con gli interventi sostanzialmente di solidificazione dei palazzi – le fondamenta «incatenate» – lungo via Cesare Augusto a Bagni di Tivoli (a quel tempo si chiamava così), e, a seguire, di ricostruzione dei “Villini” nella limitrofa Villalba. Lo stato di emergenza deciso dal governo di Romano Prodi il 29 settembre 2006, i 60 milioni (che non bastarono) stanziati e spesi dalla Regione Lazio.
Raccordando fatti accaduti e attualità, aiuta ad approfondire l’assunto una frase estratta da un certificato intestato Regione Lazio e firmato dalla dirigente Flaminia Tosini: «il sito di intervento ricade all’interno dell’area compresa tra i comuni di Tivoli e Guidonia Montecelio, fortemente indiziata del rischio sinkhole» si legge.
Il personale archivio evidenzia e custodisce quanto pubblicato in proposito sul Burl (il Bollettino ufficiale della Regione Lazio) tra il 2018 e il 2020. Che illustra appunto l’oggetto del certificato che assevera il rilascio dei permessi regionali necessari ad aprire una nuova cava per l’estrazione del travertino (oppure rinnovare quelli scaduti). Con i quali, Flaminia Tosini, direttrice delle Politiche ambientali e Ciclo dei rifiuti della Regione Lazio (ora non più), non solo autorizzava le attività ma preavvertiva che nel luogo di estrazione erano frequenti e intensi i movimenti carsico-tellurici.
Attualità più «attuali»? Due sinkhole a fine 2020 si sono manifestate nel centro di Guidonia Montecelio. Il 9 dicembre in via Archita di Taranto, a seguire quella molto più preoccupante sull’ex via Antonio Gramsci, di lato del palazzo comunale.

La Regione Lazio preavverte, mette in guardia. Reazioni? Nessuna. Il mutismo dei padroni delle cave e dei sindaci

Il fenomeno dell’instabilità del territorio è consueto nella piana travertini-acque albule. Tanto che il rimando-avvertenza della Tosini non ha comunque provocato reazioni. Di nessun tipo. Non dei padroni delle cave. Ma neanche un fiato dai sindaci di Tivoli e di Guidonia Montecelio per le autorizzazioni a scavare di tal fatta nella propria città. Per la prima, non c’è da stupirsi, Tivoli da anni ha esaurito travertino e cave attive (tanto che, in materia, il sindaco Giuseppe Proietti ora si occupa di propagandare la pietra, in sintonia con il Centro per la valorizzazione del travertino romano: del quale oltretutto la città non fa più parte per propria scelta). Al CVTR, sigla dell’organismo regionale, anche Guidonia Montecelio ha smesso di appartenere nonostante nel suo territorio operino invece una quarantina di imprese. Si dirà che però la “città del volo”, per eventuali necessità ha il vantaggio di poter ricorrere a un’assessora dedicata esclusivamente al settore: fortunatamente non è mai stato necessario.

LE SINKHOLE possono essere effetto di fenomeni di carsismo, e quindi naturali, con cedimento del tetto della struttura, ma anche artificiali e quindi indotte da un forse errato sfruttamento del terreno fondale (…) fenomeni naturali di erosione delle rocce calcaree o di origine comunque carbonatica causata o da variazioni considerevoli della falda freatica, di profondità, oppure dall’infiltrazione di acqua per percolazione che reagisce con la roccia carbonatica (…)
Assai pericolose sono le sinkhole generate da un potenziale scorretto sfruttamento del suolo da parte dell’uomo. Il fattore di pericolo è rappresentato dal fatto che il cedimento del tetto della struttura, il suolo, avviene senza preavviso alcuno e quindi rappresentando un fenomeno assai insidioso ed a volte anche mortale. La formazione di queste voragini può essere generata da una errata valutazione geotecnica del sottosuolo che viene caricato con le sovrastrutture ma anche dallo svilupparsi di fenomeni di erosione derivanti dalla mutazione della circolazione delle acque sotterranee e nel caso di tessuto urbano può essere indotta anche dall’uomo per la modifica dei sottoservizi e degli schemi idraulici sotterranei anche nel caso di perdite di acqua. Come anticipato il cedimento è improvviso e senza preavviso e per questo assai insidioso. Ovviamente non si esclude anche l’impossibilità dell’uomo nel prevedere tali cedimenti in sede di realizzazione delle strutture e quindi una sua deresponsabilizzazione. A volte possono generarsi a causa di cedimenti molto profondi della formazione rocciosa del tutto imprevedibili (da www.centrometeoitaliano.it)

393 SINKHOLE AL 2002. LA REGIONE dove risultano più numerosi/e è il Lazio. Un giudizio che corrisponde al censimento del 2002, l’ultimo, curato dalla Pisana. Lo screening è stato realizzato in modo sistematico individuando anche i più piccoli, in tutto 393. Anche in questo caso si nota che gli sprofondamenti si addensano in alcune zone. Comunque – Pozzo del Merro a parte, situato nel perimetro del confinante Sant’Angelo –, la maggiore e più significativa concentrazione nell’area a est di Roma si segnala nel bacino delle Acque Albule. Clamore sull’evento più recente, il dissesto causato dal sinkhole che ha manomesso i lastroni di travertino che pavimentano la piazza della Rotonda – o piazza del Pantheon –, a Roma.

104 rm Guidonia Montecelio Casali S. Antonio Pozzo del Merro
105 rm Guidonia Montecelio Cava Mariotti Collefiorito
106 rm Guidonia Montecelio Il Laghetto
107 rm Guidonia Montecelio La Campanella 1
108 rm Guidonia Montecelio La Campanella 2
109 rm Guidonia Montecelio Laghetto del Duca Cesi 
110 rm Guidonia Montecelio Lago dei Tartari 
111 rm Guidonia Montecelio Lago di San Giovanni 
112 rm Guidonia Montecelio Via Trento 
113 rm Guidonia Montecelio Villalba di Guidonia 1 
114 rm Guidonia Montecelio Villalba di Guidonia 2 
115 rm Tivoli Canale Acque Albule 1
116 rm Tivoli Canale Acque Albule 2 
117 rm Tivoli Lago della Regina 
118 rm Tivoli Lago delle Colonnelle
119 rm Tivoli Lago dell’Inferno
120 rm Tivoli Piazza del Mercato
121 rm Tivoli Tenuta del Barco

Illustrazioni della manifestazione di sinkhole in Sabina (qui e sopra, foto di Alberto Marchetti)

Il “consiglio” dell’Ispra: «Evitare il ricorso a progetti di peso eccessivo»

La fotografia più recente delle sinkhole è rappresentata dalla “mappa” pubblicata nel 2012 dalla Regione Lazio, dopo gli studi svolti dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Una fotografia che consiglierebbe, oltre che una maggiore cautela, anche la cancellazione o il respingimento di progetti di peso eccessivo, incompatibili con lo stato dei luoghi (il biodigestore del Barco per esempio). Una fotografia che è stata oggetto di una discussione ad hoc, nell’incontro organizzato dall’Ispra e dai Consigli dei geologi, del Lazio e nazionale, l’8 maggio 2014, presso la sala convegni del Cnr; titolo: “Osservazioni geofisiche e geochimiche di un possibile sinkhole in formazione nel bacino delle Acque Albule”. La materia può essere affrontata su piani diversi. Quello “statistico” (con i cenni descritti); quello scientifico-geologico, altri che possono venire a mente. Ma c’è un aspetto che descrive pienamente il senso dell’approdo. Meglio ancora se posto in maniera “brutale”: comprereste un’abitazione che poggia sopra una faglia sismica? Per di più, “attiva”? E magari, perché no, con la terra sopra e l’acqua sotto?
Immaginarsi allora un bel biodigestore anaerobico poggiato sopra a rischio scoppio e/o subsidenza su una cava ritombata da materiali di risulta di vecchie demolizioni che, come ciliegina sulla torta, oltre al clostridium botulinum e l’escherichia coli che l’impianto “maneggia” potrebbero nascondere anche lastre e residui di amianto ad peggiorandum?

Conferenza di servizi del 20 dicembre 2021, contraria l’Autorità di bacino: non si evince la relazione tra il biodigestore e il recupero ambientale dell’area di cava

  1. La costruzione del biodigestore al Barco, «ricade nell’ambito del corridoio fluviale dell’Aniene della “Zona delle cave di travertino”». Sulla quale, le norme tecniche di attuazione, si prefiggono l’obbiettivo del recupero e della ricomposizione ambientale delle cave dismesse;
  2. Altro problema di competenza dell’Autorità, il «rischio alluvioni dell’Appennino Centrale». Ebbene, l’autorità sottolinea che «l’area interessata ricade in un bacino che presenta una particolare predisposizione a subire gli effetti negativi (“flash floods”) di eventi meteorologici estremi, la cui frequenza appare in crescita come conseguenza dei cambiamenti climatici»;
  3. Infine, «la pianificazione sopra richiamata non è stata sufficientemente analizzata all’interno dello Studio di Impatto Ambientale in esame; non si evince in quale misura l’impianto si configuri quale intervento di recupero ambientale dell’area di cava dismessa». L’Autorità quindi non può esprimere un parere in senso favorevole. © RIPRODUZIONE RISERVATA