di TOMMASO VERGA

Aumentano i fascicoli giudiziari a carico dell'"impero Cerroni". Qui il patriarca Manlio con la figlia Monica

Manlio e Monica Cerroni

I MAGISTRATI hanno una certezza: il Tmb (impianto di Trattamento meccanico biologico dei rifiuti) di Guidonia Montecelio è abusivo. Illegittimo il permesso, inesistente il parere della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici, fondamentale trattandosi di area vincolata. Per questo il 4 agosto scorso la Procura di Tivoli ha sequestrato il sito di via Casal Bianco all’Inviolata di proprietà del ‘Colari Ambiente Guidonia’, una srl della galassia di Manlio Cerroni. Una società molto probabilmente intestata a Monica, la figlia del magnate dei rifiuti nel Lazio.
E’ stata proprio quest’ultima infatti a finire iscritta nel registro degli indagati del sostituto procuratore Stefania Stefanìa, che coordina l’inchiesta condotta dal Nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato. All’imprenditrice – amministratrice inoltre della Sorain Cecchini Ambiente spa (una delle imprese interessate alla proprietà del Tmb) –, “fanno compagnia” Isabella Stolfi, 52enne di Guidonia, responsabile della Edil Moter srl (la ditta costruttrice, notoriamente gestita dal consorte Mauro Ceci), e Francesco Zadotti, 68 anni, persona di fiducia di Cerroni senior e amministratore di Colari Ambiente Guidonia, ditta proprietaria e titolare dell’Aia, l’autorizzazione ambientale rilasciata il 2 agosto 2010 dalla Regione Lazio.

Non vanno nemmeno escluse indagini sulla Regione e sul Comune di Guidonia
L’indagine è solo agli inizi e non si possono escludere ulteriori colpi di scena come l’eventuale coinvolgimento di persone tra funzionari della Regione Lazio, dell’amministrazione comunale di Guidonia e della stessa Soprintendenza.
Anche perché il rilascio dell’Aia avvenne soltanto in seguito a molteplici Conferenze dei servizi tenutesi alla Pisana alla presenza di tutti gli enti – Regione, Provincia, Comune, Asl, Arpa – fatta eccezione per la Soprintendenza. L’area di 5 ettari in cui è stato realizzato l’impianto sarebbe vincolata, per questo gli inquirenti ipotizzano che i tre abbiano costruito senza un titolo valido e avrebbero modificato l’assetto di una zona protetta.
Proprio in seguito alle segnalazioni della Soprintendenza il “faro” dei magistrati si è acceso sull’impianto di trattamento rifiuti che il primo settembre sarebbe dovuto entrare in funzione e accogliere la spazzatura di 49 Comuni dell’hinterland romano.

Tutto per l’”ostinazione” di un pubblico funzionario della Soprintendenza
Determinanti le segnalazioni dell’architetto Giorgio Palandri, funzionario di primo piano in Soprintendenza, che il 31 marzo scorso aveva ordinato la sospensione dei lavori di costruzione del Tmb. Nel frattempo Palandri aveva chiesto ufficialmente con tanto di note protocollate alla Pisana e a Palazzo Guidoni (il nome della sede del Municipio di Guidonia) delucidazioni sui permessi rilasciati per la costruzione del sito di smaltimento rifiuti. Risposte zero.