E’ GIUNTO in ospedale scaricato da un’ambulanza,
vittima di un incidente stradale. Prime cure d’urgenza, quindi ‘deposito’ nel corridoio. E’ fortunato. Perché il pronto soccorso non ha posti-letto, chi abbisogna di ricovero viene ‘adagiato’ su una (analoga) barella. In una saletta. In quattro, cinque al massimo. Non di più. Non ci sarebbe lo spazio.
Con i degenti che si toccano tra loro. Vedendo le foto, la reazione è spontanea: ma dov’è il personale? cosa fa? il poveretto (di turno) viene lasciato così? Già, il personale… quello che corre da un per quanto angusto capo all’altro: un-medico-uno, la caposala, un infermiere, un collaboratore. Non a turno, nelle H24 (da quando c’è Grey’s Anatomy usa così).
L’ospedale è nel perimetro della RmG. Su una parete, un comunicato del sindaco cittadino ringrazia la Regione Lazio che non ha chiuso il servizio. A suo modo ha ragione. Perché la liquidazione del pronto soccorso comporterebbe il trasferimento degli aventi necessità altrove. Gli sfortunati entrerebbero nel girone dantesco del telefono-fax: “avete un posto?”. Tivoli risponderebbe con un “abbiamo un esercito di ‘in attesa’ sulle barelle del nostro pronto soccorso”; a Palombara sono alle prese con la costruzione del para-psichiatrico, così come a Subiaco… Ma ci sono sempre Colleferro, Valmontone. Come dire molte decine di chilometri in là (sempre denunciata e mai affrontata la questione di una Asl che si estende senza alcuna logica). Ma la soluzione c’è. A Roma. Così finisce in prevalenza. Facile a dirsi. In teoria. In pratica solo se si è fortunati. Perché, chi ha avuto modo di frequentarli, sa che nella capitale i pronto soccorsi non godono di buona salute.
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