di GIULIANO GIRLANDO e TOMMASO VERGA

Il cancello separa la casa di cura dai locali dei rifugiati

Il cancello che separa la casa di cura dai locali occupati dai rifugiati

SE NON SI TRATTA di un investimento di circa un milione di euro siamo prossimi. Mentre se ne derivererà un milione di metri cubi di nuove costruzioni siamo parchi. Quantità non evidenti (nei numeri) nel benestare della Regione Lazio trasmesso al Comune di Tivoli il 2 aprile scorso, in applicazione del Prusst dell’Asse Tiburtino (Programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile del territorio). Beneficiario, il “Centro clinico Colle Cesarano Spa”, che si potrà permettere la “ristrutturazione ed ampliamento della casa di cura in variante al Prg vigente” alla periferia sud di Tivoli, sulla via Maremmana, di fronte al casello della A24.

Un po’ di analisi “logica” suggerita dalla ragione sociale dell’azienda: manicomio o casa di cura? Stando ai “fondamentali”, il primo definisce un reclusorio per i “matti”, l’altra, il luogo dove viene curato o lenito il disagio psichico. Non sinonimi ma una precisa distinzione. I cui risultati – sintetizzati nella “legge Basaglia”, lo psichiatra che partendo da Trieste rivoluzionò il sistema –, si misurano proprio con le modalità di recupero

Il centro per la didattica usato come mensa

Il centro per la didattica usato come mensa

delle persone afflitte dal male.

Dall’unico cancello disponibile si entra a Colle Cesarano, e subito si incontrano persone di pelle scura che stazionano o deambulano. Ovviamente non sono ospiti della “casa di cura” propriamente detta. Si tratta di “rifugiati”, 180 unità. Che albergano nei locali una volta utilizzati come alternativi al regime manicomiale: la chiesa, la palestra, la sala per la didattica, il bar, il parrucchiere. Ambiti dai quali i pazienti “classici” sono stati allontanati per far posto ai nuovi arrivati, che lì vivono e dormono. L’obiezione: “ecco perché serve l’ampliamento della casa di cura”. Replica: “la delibera approvata dalla Regione Lazio è del 24 marzo 2015, la richiesta della SpA risale a quindici anni fa, al 18 agosto 2000, data in cui la questione migranti era ben aldilà da venire”. Date che confliggono anche per le cronache di Repubblica, che, lo scorso 12 giugno, attraverso Daniele Autieri, intervista Aurelio Casati, già proprietario dell’azienda e firmatario della richiesta iniziale di adesione al Prusst. Dopo aver pagato “…una tangente del 2% ad alcuni funzionari della Asl per ottenere i risarcimenti pubblici che ci spettavano (…) tra il 1998 e il 1999 – dice Casati –, chiesi un aiuto a Marco Vincenzi, allora direttore sanitario di Tivoli Terme e in procinto di essere eletto sindaco di Tivoli, in cambio di una consulenza molto ben pagata (si parla di 80 milioni, ndr). Il suo interessamento ci aiutò a ottenere una concessione mineraria sul terreno e quindi ad avere maggiore libertà di costruire”. Per questa parte c’è un seguito: la vicenda non sfugge all’Intendenza di Tivoli che apre un fascicolo. Chiuso dopo aver ascoltato i protagonisti.

C'era una volta una chiesa

C’era una volta una chiesa…

Riconvertite così le cose, la constatazione: i disagiati psichici di Colle Cesarano sono tornati, nei fatti, a un regime manicomiale, rinchiusi nella camere come un tempo, quindi sarebbe necessario che Regione Lazio e Asl RmG verificassero come ciò sia compatibile con le norme sottoscritte nell’accreditamento con il Servizio sanitario nazionale. E, di conseguenza, l’accertata eventuale inottemperanza, non renda nulla l’iniziale adesione al Prusst.

Un “programma” che mette in mostra ulteriori contraddizioni della società, una esplicita divergenza degli intenti. Infatti, a pagina 6 della stessa delibera regionale, nell’elenco delle opere da realizzare, si legge: “Polo ricettivo-termale” (la concessione mineraria della quale parla Casati; singolare che per ottenerla si sia adoperato Marco Vincenzi, all’epoca direttore delle “Acque Albule SpA”, in teoria un concorrente); e, di seguito, “Polo sanitario”. Ammettendo coerente la seconda dicitura, non sembra peregrino domandarsi quale consonanza passi tra “ricettivo-termale” e “ampliamento della casa di cura”. E chi e come abbia reso possibile autorizzare la costruzione di una sorta di “grandi terme” su quei terreni sotto la dicitura

Il dormitorio nei locali della (ex) palestra

Il dormitorio nei locali della (ex) palestra

“Ristrutturazione ed ampliamento casa di cura in variante al prg vigente”. La variante sarà pure necessaria, ma gli scopi del soggetto “Colle Cesarano”, e, più concretamente, gli obiettivi, si discostano radicalmente tra loro. Poi, però, la coerenza ritorna nelle betoniere e nel cemento perché, messi insieme, i due “poli” arrivano al milione di metri cubi (qualcuno particolarmente pignolo potrebbe sollevare anche la questione della concorrenza con le terme di Bagni, ma qui non interessa, sono problemi dei proprietari della “Acque Albule SpA”).

Tutto risponderà di certo a una strategia, per ora non resa esplicita, del “padrone” della casa di cura, quel Manfredino Genova, amministratore di Colle Cesarano, della comunità terapeutico-riabilitativa Villa Maddalena, a Castel Madama, e di Villa Serena, a Montefiascone. In società con Massimo Forti, la “Geress srl” del ginecologo è subentrata nell’accreditamento regionale ad Aurelio Casati ad aprile 2013 (8 milioni di euro l’incasso annuo, nonostante l’esecuzione di 5 procedure di licenziamento collettivo). Una presa di possesso di recente “attenzionata” dalla Procura di Roma e dal pool di inquirenti (Ielo, Tescaroli, Cascini) che per ora hanno registrato, senza indagarlo, il nome di Manfredino Genova nel fascicolo di Mafia Capitale 1. C’è un colloquio telefonico con Salvatore Buzzi a proposito dei pasti per gli ospiti del centro clinico. Forniti dalla “Eriches 29 giugno”, la coop-madre ora commissariata. Un affare che per 200 unità vale 16,50 euro a persona/giorno. Si direbbe suggerito il titolo per un successivo capitolo.

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